La tragica e funerea desolazione dei Joy Division nel Regno Unito di inizio anni 80

Articolo di Paolino Canzoneri

Per contestualizzare meglio un album capolavoro di un determinato genere musicale è bene comprendere l’evoluzione del genere stesso. Negli anni ’70 il Regno Unito rappresentava la mecca del genere rock progressivo e band immortali, ancora oggi culto assoluto come Pink Floyd, Genesis, King Crimson, Yes, Gentle Giant, Jethro Tull e molte altre sfornavano album di rara bellezza divenendo vere e proprie pietre miliari di un genere musicale che richiedeva una preparazione tecnica non certamente alla portata di tutti.

Talento, studio, impegno e pratica erano percorsi obbligatori necessari per quel genere. I concerti a cui i giovani accorrevano numerosissimi erano veri e propri spettacoli dove ogni esibizione incarnava virtuosismi musicali da restare stupiti, meravigliati e a bocca aperta. Una meraviglia che come effetto collaterale covava anche un certo disagio nei giovani che sentivano lontano e difficile il momento per formare una loro band.

Scoraggiati dalla consapevolezza degli studi necessari e dei tempi lunghi per formare band in grado di porsi ad un livello tecnico che si potesse accostare in modo decente alla realtà musicale di quegli anni, iniziarono a rifiutare con rabbia e provocazione quella sensazione di inadeguatezza e aprirono, a loro modo, una pagina della musica inglese contrapposta da un lato al sistema politico britannico e dall’altro avversa ad ogni band progressive esibendosi spesso senza neanche una preparazione minima adeguata e suonando un rock estremo, urlato con pochi accordi dove i testi ricalcavano appieno il sound approssimativo e spesso scoordinato.  

Il genere Punk era nato e tutto il fermento dissociativo dalla società lo si poteva vedere nel modo di vestirsi e nelle capigliature eccentriche. Un genere e una moda che sarebbero durate poco ma che avrebbero ispirato centinaia di giovani ad imbracciare uno strumento e improvvisare una band per volersi sentire partecipi di un disagio collettivo, per uscire dalla monotonia e dal grigiore di una vita vissuta nella provincia inglese poco interessata alle esigenze dei giovani e urlarlo con tutta la forza in corpo.

“Un abisso che ride alla creazione

Un circo completo con tutti gli idioti

Fondazioni che durarono per anni

Poi fatte a pezzi alle loro radici

Oltre tutto il buono nel terrore

La stretta di una mano mercenaria

Quando la ferocia cambia tutte le buone ragioni

Non si può tornare indietro, nessun’ultima resistenza

(da “Heart and Soul”)

Nel 1977 a Salford, nella contea di Manchester, si formò una band che in pochi anni divenne anch’essa una pietra miliare del genere post-punk. I Joy Division, band composta da 4 studenti: Bernard Summer alla chitarra; Peter Hook al basso; Stephen Morris alla batteria e Ian Curtis front man dalla voce bassa e baritonale, seppero comporre brani aspri, trascinanti e ritmati dove Ian Curtis cantava testi incisivi e con un retrogusto amaro di desolazione e di pessimismo che sarebbe poi divenuto l’esempio concettuale di una espressione giovanile di disagio misto ad una personale sofferenza dai risvolti fatali.

“Madre, ho provato ti prego credimi

Sto facendo il meglio che posso

Mi vergogno delle cose che ho fatto passare

Mi vergogno della persona che sono

Isolamento, isolamento, isolamento” (da “Isolation”)

Nella vita privata Curtis si era sposato giovanissimo e viveva una vita dall’umore altalenante ma prevalentemente sofferente a causa dei suoi stati d’animo cupi e ombrosi e a causa di crisi epilettiche che ne condizionavano di continuo serenità e fiducia in un futuro migliore.

Nel 1980 i Joy Division (nome ispirato ai capannoni nei lager nazisti dove risiedevano prostitute per ufficiali e graduati ai tempi del secondo conflitto mondiale), pubblicarono l’album Unknown Pleasure oggi definito come uno degli album simbolo del genere post-punk che ancora oggi viene osannato ed ascoltato da ogni generazione a venire. Fra concerti a macchia d’olio per tutto il Regno Unito, i Joy Division consolidavano il loro talento e la loro espressione musicale promuovendo l’album uscito e registrando il successivo che avrebbe rappresentato un ulteriore passo avanti verso una maturità in grado di mostrare meglio la loro essenza e il loro stile.

Con il nuovo album in attesa di uscita e un nuovo tour in America, Ian, sempre più schiacciato dai problemi con la moglie propensa al divorzio e avvilito dal peso oramai insopportabile dell’epilessia che comprometteva il suo ruolo di frontman della band; rimasto solo a casa della moglie e a seguito di una ennesima discussione rabbiosa, in un momento di debolezza e irrazionalità Ian pose fine alla sua giovane vita di poco più che ventitreenne impiccandosi nella cucina di casa.

L’album postumo dal titolo “Closer” uscito nel 1981 confermò la maturità artistica della band con nove splendidi brani dalle forti e intense sonorità votate all’oscura incertezza della vita, dalla consapevolezza di una fine “più vicina” e da molte domande e dubbi senza risposta in una funerea angoscia di una vita in perenne buio.

La memorabile copertina dell’album ritrae una tomba monumentale della famiglia Appiani nel cimitero di Staglieno a Genova e rivela in tutta la sua maestosità il dolore e il pianto quale tragico fardello per chi resta vivo con la piena consapevolezza di non veder mai più il proprio caro.

“Esistenza, beh che importa?

Esisto nelle migliori condizioni che posso

Il passato è ora una parte del mio futuro

Il presente è ben sfuggito di mano

Cuore e anima, una brucierà” (da “Heart and Soul”)

I Joy Division consegnarono alla storia due album memorabili a cui seguirono molte altre pubblicazioni di materiale e registrazioni in studio e dal vivo. Il resto della band considerò chiusa la storia dei Joy Division e proseguì la carriera con un altro nome ottenendo un buon riscontro ma l’esperienza con Ian Curtis è da considerarsi tutt’altro.

Bussammo alle porte della camera più buia dell’inferno,
Spinti al limite, ci siamo trascinati dentro,

Visti dalle ali mentre le scene si stavano ripetendo,
Ci siamo visti ora come non avevamo mai visto.
Rappresentazione del trauma e della degenerazione,
I dolori che abbiamo sofferto e che non sono mai stati liberi.

Stanco dentro, ora il nostro cuore è perso per sempre,
Non posso sostituire la paura o il brivido dell’inseguimento,
Ogni rituale ha mostrato la porta per i nostri vagabondaggi,
Apri, poi chiudi, poi sbatte in faccia.

Dove sono stati? Dove sono stati? Dove sono stati?”

(da “Decades”)

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