Silvia Romano, la libertà e poi l’odio senza limiti sui social

Articolo di Francesco Pira

Silvia Romano, la volontaria milanese, è stata rapita il 20 novembre del 2018 a Chakama in Kenya, 80 chilometri da Malindi. Dopo 18 mesi di prigionia è stata scarcerata dagli islamisti somali di al-Shabaab e liberata a 30 chilometri da Mogadiscio, grazie al meticoloso lavoro dei servizi segreti italiani.

Poche ore dopo il suo rientro in Italia, Silvia è già sotto accusa. Il tribunale del popolo del web l’ha accolta con tripudi ma poi è bastato qualche piccolo stimolo per far partire i leoni da tastiera.

La diretta web del rientro in Italia della cooperante è stata seguita da quasi tutto il Paese. L’Italia ha fatto il tifo per lei. Impossibile non sperare nella liberazione di una così giovane ragazza, dal sorriso splendido, che rimane in mano, per così tanto tempo, di un gruppo terroristico pericoloso come quello di Al Shaabab.

Quello che doveva essere un momento di assoluta felicità è stato minato da quello che possiamo definire odio sovranista. La solita mandria di pecore sovraniste era partita con quella che è la solita frase che viene pronunciata nei casi di liberazione degli ostaggi ovvero: “quanto ci è costata?.”

Non sono mancati i commenti dei peggiori haters su Facebook: “Quanto ha pagato lo Stato?”, “Ci sono cose più importanti”, “Se le piaceva il caldo perché non lasciarla lì”?, “Sti caxxi!” “Dovevano lasciarla lì visto che è tornata così felice.” “Adesso vorrà tornarci come le altre volontarie, Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, che abbiamo riportato in Italia.”

Per non parlare poi della notizia della conversione all’Islam ha scatenato quelli che erano riusciti a conservare una parvenza di decenza.

Su twitter, da ieri, si legge di tutto: tra chi specula su una presunta gravidanza di Silvia Romano che è venuta in Italia per dare alla luce un bambino straniero con cittadinanza italiana, a chi non crede nella sua liberazione ma che sia una pericolosa terrorista passata dalla parte dei fondamentalisti, a chi pensa che l’Italia ha finanziato il terrorismo islamico, a chi sostiene che i soldi del riscatto siano andati alla Turchia e che pretende di sapere che ruolo ha avuto la Turchia in questo rapimento. Tante le illazioni, smentite dalla stessa volontaria.

Ma perché tutto questo odio? Da cosa nasce questa insofferenza?

Zygmunt Bauman, sociologo e sicuramente uno dei più grandi pensatori degli ultimi anni, nel suo volume: “Meglio essere felici” ha dato una chiara interpretazione di questo tempo, ponendo a tutti delle domande che molto spesso, ancora oggi, non trovano risposta. Perché non riusciamo a riflettere sulle cose positive che abbiamo, piuttosto continuiamo a tormentarci per ciò che non conosciamo, non possediamo e probabilmente non possederemo mai?

Bisogni indotti, infelicità immotivata, assuefatta all’idea che tutto si possa comperare: amicizia, amore, successo, compagnia. Il sociologo afferma che le definizioni di cosa sia la felicità si sprecano, anche se sostanzialmente nell’opinione comune sembrano ridursi alla promessa di una vita con meno disagi e svantaggi, priva di preoccupazioni (come ci illude la modernità, nell’avanzamento del progresso tecnico e scientifico), impantanata in una quotidianità appagata ma noiosa. Ed è in questa noia che gli uomini del Nuovo Millennio si trasformano in leoni da tastiera, dimenticando quelli che dovrebbero essere i valori della società: la solidarietà, l’altruismo e l’amore per il prossimo. Bentornata Silvia. Bentornata, non ti curar di lor….

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