“Amnesiac”, un viaggio nel lato più buio e profondo dei Radiohead

Articolo di Alberto Maccagno

Il 5 giugno 2001, per il gruppo EMI – Parlophone – Capitol Records, usciva Amnesiac, il quinto album in studio dei Radiohead.

L’opera ha una storia particolare: questa è stata concepita durante le stesse sessioni di registrazione di Kid A, album uscito nel 2000 e acclamato (a ragione) dalla critica come un capolavoro, portando erroneamente molti ascoltatori ad accogliere il nuovo progetto come una raccolta di scarti e b-sides della precedente release.

I punti di contatto tra i due capitoli sono evidenti, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto sperimentale e del mood, ma ci sono anche delle sostanziali differenze che rendono i lavori assolutamente a sé stanti.

Musicalmente, Amnesiac risulta essere scuro e piuttosto inquieto, un viaggio nel lato più buio e profondo dell’interiorità umana che va a completare la visione sognante di questa offerta in Kid A.

Anche qui assistiamo a una commistione di generi sostanziosa, con passaggi dall’elettro-rock al pop più impegnato, arrivando fino a sfumature indie ed elettroniche e ad alcune (determinanti) incursioni jazz.

I brani degni di essere sottolineati sono molti; Pyramid Song è un viaggio emozionale suggestivo, caratterizzato da una sensazione di calma apparente intensa e persistente.

I Might Be Wrong mette in mostra una palpabile vena elettro-rock, oltre che un bel giro di basso e una linea vocale molto indovinata, e anche Morning Bell / Amnesiac (nuova versione della canzone già presente in Kid A) fa risaltare la propensione dark del disco.

Life In A Glasshouse, episodio conclusivo, risulta anche essere il più godibile e interessante, figlio di una matrice decisamente jazz e di un’atmosfera noir che conferiscono una tinta retrò al pezzo.

L’aspetto vocale è sempre molto curato: ovviamente, non mancano le linee dolci e vellutate di falsetto ma ci imbattiamo anche in un ampio ventaglio di sperimentazioni e procedure che intervengono sul canto per conferirgli diversi colori, sia dal punto di vista interpretativo che da quello del missaggio.

La voce, infatti, viene spesso distorta e “rovinata” con l’utilizzo di software come Auto-Tune e vocoder, rendendola robotica e fredda.

I testi del progetto seguono l’ispirazione eterea e nebulosa di Kid A in molti frangenti, ma tornano a proporre le tematiche sociali e politiche che caratterizzavano le precedenti pubblicazioni del complesso a più riprese.

Amnesiac, dunque, è un lavoro molto interessante e sfaccettato, dalle tinte nere e bluastre, in cui elementi esterni (come i tanti rumori di fondo presenti) danno pennellate di rosso determinanti per la direzione emozionale intrapresa dal disco, confermando nuovamente l’abilità dei Radiohead nel dipingere gli immaginari desiderati con (almeno apparente) facilità.

TRACKLIST:

01. Packt Like Sardines In A Crushed Tin Box

02. Pyramid Song

03. Pulk/Pull Revolving Doors

04. You And Whose Army?

05. I Might Be Wrong

06. Knives Out

07. Morning Bell / Amnesiac

08. Dollars & Cents

09. Hunting Bears

10. Like Spinning Plates

11. Life In A Glasshouse

FORMAZIONE:

Thom Yorke – voce, sintetizzatori, pianoforte, chitarra.

Jonny Greenwood – chitarra solista, sintetizzatori, pianoforte, onde martenot, tastiere, arrangiamento strumenti ad arco e a fiato.

Ed O’Brien – chitarra, effetti sonori, voce.

Colin Greenwood – basso elettrico.

Phil Selway – batteria, percussioni.

The Orchestra of St. Johns – tracce 2 e 8.

Humprey Lyttelton – tromba (traccia 11).

Jimmi Hastings – clarinetto (traccia 11).

Pete Strange – trombone (traccia 11).

Paul Bridge – basso doppio (traccia 11).

Adrian Macintosh – batteria (traccia 11).

Related Articles