Scrittori si nasce, un cazzo!

Articolo di Frank Iodice

Premettendo che frasi come “io non leggo altri autori perché sono troppo impegnato a scrivere”, e altre simili stronzate, non ti serviranno a diventare un professionista, ma solo a rimanere nel limbo degli esordienti che si fanno i pompini a vicenda perché non hanno voglia di lavorare, sappi che per imparare a fare questo mestiere c’è solo un modo. Tutto il resto è vanità, compromesso, raccomandazione, prostituzione, plagio, truffa, marketing, scambio di favori, e distrazione. L’unica scuola per imparare a scrivere è leggere.

Bisogna leggere per anni e anni. Non affrettarti a mandare alle stampe (magari pagando) il tuo primo manoscritto, messo insieme con le reminiscenze dei dialoghi appresi dalle serie TV o di quei giornaletti molto eccitanti in cui, di parole, ce ne sono poche e neanche in ogni pagina, sotto quelle enormi tette che sogni mentre scrivi con la speranza di diventare ricco e famoso e averle a tua disposizione notte e giorno come uno sceicco arrapato e irragionevole. Perché quel manoscritto fa sicuramente schifo.

Quando avevo sedici anni, una sera, senza capire bene il perché, ho buttato nel bidone dell’immondizia sotto casa il libro che avevo appena finto di scrivere. Era il mio primo romanzo, ne ero orgoglioso, mi sentivo come una specie di santo arrivato sulla Terra per salvare i comuni mortali e indicare loro la via per il Paradiso. Avrei voluto mostrarlo a mamma e papà, per ricevere finalmente quella carezza sulla testa che aspettavo segretamente da quando ero bambino. E invece, quella sera, buttai tutto nell’immondizia. Raccolsi bene le tracce. All’epoca, per salvare i documenti si usavano i floppy disk. Buttai anche quelli. E visto che non ricordavo in quale avevo salvato il libro, li buttai tutti. Scelsi il bidone pieno, non quelli vuoti, per essere sicuro che l’indomani mattina presto lo avrebbero svuotato e anche se avessi cambiato idea e fossi tornato indietro per buttarmici dentro e cercare i fogli sparsi tra le buste fetide e marce, non li avrei trovati.

Ora, perché ti sto raccontando questo? Perché dopo molti anni, mi sono reso conto che quella è stata la cosa più utile che io abbia fatto per la mia carriera. E se incominciassi domattina un nuovo mestiere, che ne so, il pittore, prima dipingerei per anni interi palazzi desolati, vecchi ruderi di campagna abbandonati, oppure le case dei morti, quelle in cui non c’è più nessuno e la chiave se la contendono gli eredi senza arrivare ad un accordo. E solo dopo, forse, accetterei incarichi dai vivi.

Dopo aver letto per metà della tua vita, se la tua vocazione è abbastanza forte, potrai iniziare a scrivere. E in quel momento inizierà la parte più difficile. Se scegli il mestiere di scrivere, rischierai di patire la fame perché, finché non sarai riconosciuto, non guadagnerai nulla, e probabilmente neanche dopo. La tua famiglia, tua moglie, tuo marito, gli amici, cercheranno di convincerti a cercare un impiego redditizio. Sarà frustrante. Ma tu non starai a sentirli. Da quel momento, loro saranno solo materiale utile per la tua letteratura. Tu continua a scrivere. Quando senti che non puoi farne a meno, quando tutto il resto non ha importanza e soprattutto quando senti di avere qualcosa da dire, dilla! Fregatene delle stronzate che ti racconteranno i faccioni della TV, delle regole che inventano nelle scuole di scrittura, delle misure che prendono con il metro a Dio solo sa cosa, e anche dei cattivi consigli di chi ti ama, perché, purtroppo, neanche chi ti ama può sapere qual è il solo consiglio che dovrebbe darti. Perché scrivere è un lavoro che ti obbliga a cercare le certezze solo nelle tue mani. Le mani degli altri possono servire a tante altre belle cose, ma non a questo.

Ora cerchiamo di rendere utile questo articolo e vediamo se sono in grado di darti qualche consiglio pratico per fare questo mestiere (Se fossi in te, smetterei di leggere adesso, dopo la parola consiglio).

Fa’ un’analisi attenta dell’animo umano, è di questo che ti stai occupando mentre scrivi un romanzo, in una forma o nell’altra, e osserva continuamente e profondamente tutto ciò che ti circonda.

L’osservazione si dipana su diversi piani: il piano fisico, rappresentato dagli uomini e dai loro gesti, dagli oggetti, dalla natura insomma. Il piano morale, rappresentato dal perché tutto ciò esiste. E il piano filosofico, in cui ti chiedi come potrebbe diventare ogni cosa se la descrivi in un certo modo, se la osservi sotto un certo aspetto. Analizza i meccanismi che muovono le persone e le cose, sempre, e non solo nella loro forma fisica ma in quella psicologica. Chiediti il perché di ogni avvenimento, sii curioso, sii maniaco dei movimenti e dei suoni, nutriti dei gesti altrui, di ogni più piccolo tremito, perché potrebbe essere l’elemento mancante nella tua storia.

Studia la struttura del testo e la cornice narrativa. La scelta del narratore e del suo rapporto con i protagonisti determina il tipo di atmosfera. Per ogni storia esistono innumerevoli maniere di raccontarla e di contestualizzarla. Sarà la voce del narratore a cambiarla e insieme a lei cambierai un po’ anche tu.

Il registro e la punteggiatura possono essere sempre diversi, reinventati in ogni romanzo. Saramago usava soltanto una virgola per introdurre il discorso diretto. Sei tu a insegnare al lettore la tua punteggiatura, bastano poche pagine. Ricorda che il lettore non è stupido, anzi, il più delle volte è più intelligente di te e se finge di non capire, è solo per farti un favore. Cerca un’intesa, una tua logica che diventerà la vostra. La punteggiatura è la mano che l’autore tende al lettore, il patto che li lega fino alla fine, dove c’è sempre un punto.

Ci sono parole che lascerai immaginare e che non scriverai, talvolta saranno più importanti di quelle scritte: chiamerai queste parole il non detto. Alcune parti del testo, le parti grigie, non contengono nuove informazioni e servono a prolungare la suspense o a conferire maggiore importanza ad altri passaggi più importanti. Queste parti contengono tante parole che sembrano inutili, messe lì per riempire l’attesa. Ma non è così: ogni più piccola parola del tuo romanzo è lì per una ragione, non potrebbe trovarsi da qualche altra parte. E per quanto riguarda le parole non dette, vale lo stesso: ricorda che le parti più interessanti dei romanzi di Simenon a volte sono proprio quelle in cui il lettore si chiede come si chiami la moglie di Maigret, che aspetto ha. È spesso nominata di sfuggita e mai descritta completamente.

Capirai quando l’esitazione ti farà scegliere le parti da omettere. E se hai qualche dubbio, cancella! Cancellare è sempre la parte più importante di questo mestiere. Se non lo fai, se conservi tutto, sarà come proporre un intero negozio di gioielli a un povero cristo che sta cercando l’anello per la sua fidanzata. Il buon venditore deve rischiare e proporre solo una parte della sua merce.

Studia l’inquadratura delle scene, è una specie di lavoro di montaggio. Immagina di puntare una telecamera dall’angolatura che preferisci. La scelta del punto di vista è fondamentale. Potrai raccontare la stessa storia da prospettive completamente differenti, dagli occhi dell’assassino o da quelli della vittima, o ancora da quelli del passante distratto che assiste alla scena con distacco. Ma non scegliere a caso.

E infine, l’ultimo espediente: il mistero, che devi imparare a dosare. Per essere misterioso non negare informazioni ai lettori ma ai protagonisti stessi. Il lettore non ne soffrirà, loro, invece, sì. Ciò non significa che potrai giocare con loro per sfogare le tue frustrazioni. I tuoi personaggi non sono topi in gabbia e tu – meglio chiarirlo a te stesso prima di metterti a sedere – non sei il dio di nulla. Ti sorprenderai a scoprire che, mentre credevi di fare della tua scrittura ciò che volevi, sarà stata lei a fare di te un babbeo senza nessuna alternativa. E allora l’unica cosa che saprai fare sarà incominciare a scrivere una nuova storia. Se ce l’hai già in mente.

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