A 35 anni dalla morte di Italo Calvino: tra natura e coscienza

Articolo di Merelinda Staita

Muore il 19 settembre del 1985 Italo Calvino scrittore italiano che ha segnato, indubbiamente, la letteratura italiana contemporanea.

Intellettuale di grande impegno politico, civile e culturale, è stato uno dei narratori italiani più importanti del secondo Novecento.

Bisogna chiedersi come mai ancora oggi è importante conoscere Italo Calvino e le motivazioni sono diverse. Innanzitutto nella sua straordinaria versatilità incarna l’intellettuale del XX secolo: illuminista (cioè convinto del primato della ragione), bibliofilo (cioè persuaso della funzione liberatrice dei libri), sperimentatore. Fu scrittore di idee, erede di una tradizione che risale a Lucrezio, Galilei e Leopardi. Considerò la letteratura come uno strumento per decodificare e interpretare il mondo.

La produzione narrativa di Italo Calvino può essere divisa in due fasi:

la prima va dal 1945 al 1964; la seconda va dal 1964 al 1985. La prima fase della ricerca di Calvino è caratterizzata dalla fiducia nell’impegno intellettuale. Il suo primo romanzo, Il sentiero dei nidi di ragno, del 1947, si collega al movimento del Neorealismo, ma guarda alla Resistenza da un nuovo punto di vista, cioè attraverso gli occhi di un bambino.

La seconda fase della ricerca di Calvino è legata a Parigi, città in cui l’autore frequenta il laboratorio di scrittura sperimentale Oulipo. Calvino inizia così a vedere la letteratura come un gioco di combinazioni, come un insieme di regole e trucchi da svelare al lettore. Come accade per esempio in Se una notte d’inverno un viaggiatore, un romanzo che rifiuta i tradizionali meccanismi della narrazione, presentando una trama davvero rivoluzionaria.

La trilogia I nostri antenati (uscita nel 1960) raccoglie tre romanzi pubblicati negli anni precedenti: Il visconte dimezzato, 1952; Il barone rampante, 1957; Il cavaliere inesistente, 1959. I tre romanzi fanno riferimento a tre diverse condizioni dell’uomo contemporaneo: Il visconte dimezzato rappresenta l’uomo diviso che deve fare i conti con le varie parti di se stesso; Il barone rampante rappresenta l’intellettuale che vive separato dal mondo; Il cavaliere inesistente rappresenta l’uomo di oggi che ha una vita vuota di significato.

Lo stile di Calvino è caratterizzato da un tono da favola e da una grande precisione linguistica. L’esattezza, in particolare, è una delle sei qualità stilistiche che l’autore raccomanda agli studenti americani, ai quali rivolge il suo ultimo ciclo di lezioni (Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio).

Uno scrittore che oscilla continuamente tra l’attenzione agli eventi contemporanei e la proiezione fantastica verso epoche anteriori o posteriori: non fughe dalla realtà, ma modo originale per comprendere e interpretare il presente attraverso la fantasia. Nelle sue opere Calvino intende sempre raccontare, attraverso simboli e allegorie, la condizione dell’uomo alle prese con la natura, il destino e la conoscenza.

Calvino rifiuta l’intellettualismo, l’astrazione ideologica, il virtuosismo formale fine a se stesso, e predilige invece una narrativa lineare, semplificata, espressa attraverso una lingua rapida e precisa. Alla linearità si accompagna la leggerezza (teorizzata nelle Lezioni americane assieme a Rapidità, Esattezza, Visibilità e Molteplicità): intesa come capacità di toccare qualsiasi argomento con ironia e disincanto.

Possiamo definire Calvino uno scrittore di “testa”, poiché appartiene alla categoria degli scrittori mossi dalla razionalità, bravi a usare le tecniche della scrittura, a volte in apparenza freddi e distaccati.

Il suo approccio alla materia narrata è sempre ancorato a un procedimento logico-geometrico che rimanda alla tradizione illuministica. Per Calvino scrivere significa infatti, essenzialmente, mettere ordine nel disordine e sfidare il labirinto, cioè la complessità del reale.

Per sconfiggere la complessità del reale, e perché no della vita, Calvino ci ha lasciato un consiglio: “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”.

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