Il vedovo (1958), una commedia nera che Sordi interpreta accanto alla bravissima Franca Valeri

Articolo di Gordiano Lupi

Regia: Dino Risi. Soggetto: Rodolfo Sonego, Fabio Carpi, Dino Risi. Sceneggiatura: Rodolfo Sonego, Fabio Carpi, Dino Risi, Dino Verde, Sandro Continenza. Fotografia: Luciano Trasatti. Montaggio: Alberto Gallitti. Musiche: Armando Trovajoli. Costumi: Gaja Romanini. Trucco: Telemaco Tilli. Produttore: Edgardo Cortese, Elio Scardamaglia. Durata: 87’. B/N. Commedia. Interpreti: Alberto Sordi, Franca Valeri, Livio Lorenzon, Leonora Ruffo, Nando Bruno, Nanda Primavera, Mario Passante, Enzo Petito, Ruggero Marchi, Artemide Scandariato, Paola Patrizi, Eugenio Maggi, Gigi Reder, Consalvo Flirt, Enzo Furlai, Angela Luce, Ignazio Leone, Rosita Pisano, Alberto Rabagliati, Ignazio Dolce, Andrea De Pino, Gastone Bettanini, Carlo Di Maggio, Tito Stagno.

Il vedovo (1958) è un piccolo capolavoro, una commedia nera che Sordi interpreta accanto alla bravissima Franca Valeri, moglie ricca da eliminare per diventare padrone assoluto, senza una presenza ingombrante. Il soggetto de Il vedovo pare ispirato al caso Fenaroli, che vide un imprenditore in dissesto economico accusato di aver organizzato la morte della moglie per riscuotere l’assicurazione sulla vita. Dino Risi fa satira di costume mettendo alla berlina gli italici vizi, leitmotiv della produzione successiva, ma in questo lavoro è aiutato da una schiera di sceneggiatori, non ultimo Rodolfo Sonego, vero e proprio alter ego letterario di Sordi.

Alberto Sordi è Alberto Nardi, industriale incapace sull’orlo del tracollo finanziario, marito della scaltra e ricchissima Franca Valeri (Elvira Almiraghi). I personaggi sono tratteggiati molto bene. Sordi è un perfetto megalomane, millantatore, meschino, assediato dai creditori e circondato da collaboratori più incapaci di lui. Franca Valeri è una moglie arrogante e spietata, ormai disillusa, convinta d’aver sposato un marito cretino (che apostrofa in continuazione con l’appellativo cretinetti). La fabbrica di ascensori di Nardi sta fallendo, ma la presunta morte della moglie dopo un disastro ferroviario cambia le carte in tavola e porta l’industriale di nuovo in primo piano. Purtroppo la moglie è la sola superstite del grave incidente e i sogni di gloria di Nardi svaniscono presto. A questo punto il marito – coadiuvato dai soliti sciocchi collaboratori – organizza un attentato alla consorte manomettendo l’ascensore del palazzo. Finale tragicomico con l’aspirante vedovo che muore al posto della moglie finendo vittima della sua stessa trappola. Molto bravi gli interpreti, ma tra i comprimari merita una menzione Livio Lorenzon come succube marchese Stucchi che idolatra Nardi, doppiato da Gastone Moschin. Bene anche Leonora Ruffo nei panni dell’ingenua amante di Nardi, convinta che il suo uomo sia un genio nonostante la dabbenaggine evidente. Tra i caratteristi ricordiamo i giovani Gigi Reder e Ignazio Leone.

Il film mette alla berlina molti comportamenti nel periodo del boom economico con imprenditori improvvisati che fallivano perché impreparati. Alberto Sordi aggiunge la maschera comica inconfondibile, da italiano medio, piccolo, meschino, vigliacco, prepotente con i deboli, succube dei forti, convinto d’essere un genio incompreso.

Nel 2013 il cinema italiano sempre più asfittico e a corto d’idee produce Aspirante vedovo, un remake direttoda Massimo Venier, interpretato da Fabio de Luigi e Luciana Littizzetto. Inutile dire che i risultati sono quanto meno sconcertanti, anche perché il regista ripete pedissequamente un capolavoro senza aggiungere niente di nuovo. Sordi e Valeri sono difficilmente sostituibili in due ruoli che hanno segnato la loro vita artistica. Franca Valeri ha continuato per anni a recitare la fortunata gag della ricca borghese milanese al telefono che pronuncia la battuta cretinetti.

Rassegna critica. Morando Morandini (tre stelle per la critica, quattro per il pubblico): “Con una Valeri strepitosamente antipatica è una commedia grottesca intelligente e divertente che salta senza difficoltà da una comicità di carattere all’umorismo macabro”. Pino Farinotti conferma le tre stelle. Paolo Mereghetti scende a due stelle e mezzo: “Una delle commedie più nere di quegli anni, con punte di cinismo davvero inusitato, sia che mostri il disprezzo di Elvira per Alberto, sia che ironizzi sui commendatori lombardi, sia che descriva la metodica pedanteria con cui Alberto e i suoi complici preparano l’assassinio. Tanto da stridere con la parte più dichiaratamente comica. I duetti tra i due protagonisti sono irresistibili, così come il tentativo di Alberto – romano trapiantato alla Torre Velasca di Milano – di parlare il dialetto meneghino”. A nostro giudizio una black-comedy, insolita per il cinema italiano e per il periodo storico, cinica e spietata, commedia di caratteri estremi con risvolti gialli e thriller, ma sempre conditi in salsa comica. La critica alla società contemporanea, agli arricchiti, ai cummenda milanesi e alla mancanza di valori nel mondo degli affari è evidente. Un produttivo incontro Risi – Sordi – Valeri per tratteggiare un ritratto credibile dell’Italia del boom economico. Ottime le musiche di Armando Trovajoli, ma va citato anche Alberto Rabagliati nella parte di se stesso.

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