Pino Scaccia: un’altra voce del Novecento spezzata dal Covid

Articolo di Pietro Salvatore Reina

La mia giovinezza – ma anche quella di migliaia di altri miei coetanei – è stata attraversata anche dalla sua voce, dal suo volto, dai suoi servizi giornalistici. Ricoverato da qualche settimana nell’ospedale San Camillo di Roma alcune ore fa, in seguito a complicanze dovute all’infezione da Covid 19 è morto il giornalista Pino Scaccia, all’età di 74 anni.

Il suo vero nome era Giuseppe Scaccianoce. Era nato a Roma il 17 maggio 1946. È stato un inviato storico della Rai ed ex capo dei servizi giornalistici del Tg1. Come inviato Rai ha seguito e ci ha raccontato la prima guerra del Golfo, il conflitto tra la Serbia e la Croazia, la crisi dell’Afghanistan, la rivolta in Libia. È stato, soprattutto, il primo giornalista italiano ed europeo ad entrare e a raccontarci le macerie, le rovine della centrale di Cernobil dopo il grave incidente del 1986.

Inoltre, i suoi interessi lo hanno portato a narrarci con particolare attenzione, professionalità ed accuratezza di fonti, i tanti fatti di cronaca con particolare riferimento ai fenomeni mafiosi e terroristici. Ma la sua voce ha anche descritto e ci ha fatto commuovere commentando i vari disastri naturali, terremoti che da inviato Rai seguiva e trasmetteva con passione e competenza.

È stato anche docente di Master di giornalismo radiotelevisivo all’Università Lumsa di Roma. Infine, è stato anche un acuto e valente scrittore di saggi: ha scritto più di dieci libri. Ricordiamo: Armir, sulle tracce di un esercito perduto (1992) – un viaggio sulle tracce dell’Armir, l’armata italiana dispersa in quella che oggi è l’Ucraina. Un libro che ha dato risposte dopo tanto tempo alle tante tante domande dei famigliari dei dispersi – ed ancora Kabul, la città che non c’è (2002), Lettere dal Don (2011) Shabab – la rivolta in Libia vista da vicino (2011), Mafija – dalla Russia con ferocia (2014). Un testo, quest’ultimo che affronta una tematica poco trattata dalla nostra saggistica contemporanea. Un racconto di una delle “mafie” più forti e ricche della Russia. Un reportage poco noto ma che merita e meriterebbe non solo una lettura ma grandi approfondimenti.

La sua voce e la sua penna sono incastonante non solo negli archivi Rai ma soprattutto nella nostra memoria di uomini e donne che attraverso i fatti e dai fatti impariamo – o dovremmo imparare – a tessere la tela della più meravigliosa opera d’arte che è la nostra vita. Homo faber fortunae suae

Foto: Repubblica.it

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