Elezioni USA: nessuno dei due candidati alla Casa Bianca ha parlato dei diritti umani e degli accordi internazionali che li tutelano

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Tra poche ore si concluderà la campagna elettorale per la carica di Presiedente degli Stati Uniti d’America. Eppure nessuno dei due candidati alla Casa Bianca ha concentrato la propria attenzione (e quella degli elettori) sul tema dei diritti umani e degli accordi internazionali che li tutelano.

Il motivo è uno solo: oggi, gli USA sono uno dei paesi al mondo che si è rifiutato di firmare (e di ratificare) la maggior parte di questi accordi. A confermarlo è il sito ufficiale dell’OHCHR delle Nazioni Unite.

Quali sono questi accordi e cosa significa ratificarli?

I diritti umani sono diritti che tutti gli abitanti del pianeta hanno per il semplice fatto di esistere come esseri umani. A concederli non sono i governi, sono indipendenti da nazionalità, sesso, origine nazionale o etnica, colore, religione, lingua o qualsiasi altro status. Diritti come il “diritto alla vita” o quelli che rendono la vita degna di essere vissuta (il diritto al cibo, all’istruzione, al lavoro, alla salute e alla libertà). 

Il più importante documento riguardante i diritti umani è certamente la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (UDHR), adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948. I suoi 30 articoli sono le basi della convivenza umana in ogni paese e definiscono i principi e gli elementi costitutivi delle convenzioni, dei trattati e di altri strumenti legali attuali e futuri sui diritti umani. Insieme a due alleanze, il Patto internazionale per i diritti civili e politici e il Patto internazionale per i diritti economici, sociali e culturali, l’UDHR costituisce la Carta dei diritti internazionali.

Col tempo, a questi documenti se ne sono aggiunti altri. Oggi gli accordi per i diritti umani internazionali “standard”, ovvero quelli principali, sono 18: nove “fondamentali” e nove “opzionali”. La Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (ICERD), il Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR), la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), la Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti (CAT), la Convenzione sui diritti dell’infanzia (CRC), la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie (ICMW), la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate, la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (CRPD), il  Protocollo opzionale al Patto sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR-OP), il Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR-OP1), il Secondo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, finalizzato a

abolizione della pena di morte (ICCPR-OP2), il Protocollo opzionale alla Convenzione sull’eliminazione della discriminazione contro le donne (OPCEDAW), il Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti dell’infanzia sul coinvolgimento dei bambini in conflitti armati (OP-CRC-AC), il Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti dell’infanzia sulla vendita di bambini,  prostituzione minorile e pornografia infantile (OP-CRC-SC), il Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti del fanciullo sulle comunicazioni il Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura e altre forme crudeli, inumane o trattamenti degradanti o punizioni (OP-CAT), il Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (OP-CRPD).

Per uno stato firmarli e ratificarli significa, non soltanto approvarli, ma inserirli nel proprio diritto epr trasformarli in legge rispettando obblighi e doveri ai sensi del diritto internazionale per il rispetto, la protezione e il rispetto dei diritti umani.

Tre gli obblighi principali: 1) l’obbligo di rispetto (gli Stati devono astenersi dall’interferire o limitare il godimento dei diritti umani); l’obbligo di protezione (gli Stati devono proteggere gli individui e i gruppi dalle violazioni dei diritti umani); e l’obbligo di adempiere (gli Stati devono intraprendere azioni positive per facilitare il godimento dei diritti umani fondamentali).

Oggi, tutti i paesi del mondo hanno ratificato almeno 1 dei 9 trattati fondamentali sui diritti umani e almeno 1 dei 9 protocolli opzionali. Solo cinque paesi hanno ratificato quattro o meno di questi accordi (Palau, Tonga, Tuvalu, Niue e Bhutan). L’80% degli Stati ne ha ratificati 4 o più. L’Italia ad esempio ne ha ratificati 17 su 18  (manca solo la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie). 

Tra i paesi che finora NON hanno ratificato la maggior parte degli accordi ci sono proprio gli Stati Uniti d’America, i paladini dei diritti umani: ad oggi, hanno ratificato solo cinque trattati (Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, il Patto internazionale sui diritti civili e politici, il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne  e la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti [salvo poi, nel 2002 aprire Guantanamo, n.d.r.]).

Tra gli accordi che, negli ultimi decenni, nessun presidente ha avuto il coraggio (e il potere) di ratificare ci sono accordi importanti. A cominciare dalla Convenzione del Diritti del Fanciullo (CRC), del 1989, e del Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti del fanciullo della comunicazione del 2014. E poi il Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti del 2006 (firmato dalle NU dopo che Guantanamo era stato aperto!).

Anche la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, del 2003, aspetta ancora la ratifica da parte degli .  E così pure il Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 2013. E molti altri.

Il motivo per cui gli USA non hanno ratificato tutti questi accordi è semplice: farlo per uno stato rappresenta l’impegno a intraprendere misure per tutelare specificamente questi diritti umani. Presuppone l’obbligo di astenersi, in buona fede, da atti che vanificherebbero l’oggetto e lo scopo del trattato (come previsto dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 1969). Per questo motivo, alcuni stati, pur ratificando gli accordi hanno emesso delle “riserve” sotto forma di dichiarazioni con la quale hanno escluso o alterato l’effetto giuridico di specifiche disposizioni del trattato nella loro applicazione all’interno dei propri confini.

Nel caso degli USA, invece, non si è trattato di non accettare questo o quell’articolo di un trattato: si è trattato di non accettare questi accordi nel loro insieme. Una decisione che, visto che finora non sono stati approvati quasi i tre quarti di questi accordi, significherebbe non volere accettare la base del concetto di diritti umani nel suo complesso.

Gli ultimi accordi sui diritti umani ratificati dagli USA risalgono al 2002: Bush jr., appena eletto, ratificò i due Protocolli opzionali alla Convenzione sui Diritti dell’Infanzia (sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati e  sulla vendita di bambini, la prostituzione dei bambini e la pornografia infantile). Scelta strana e poco sensata dato che non era stata ratificata la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia. Poi il nulla. Dopo di lui, nessun presidente ha più osato parlare di diritti umani nel corso della propria campagna elettorale o del proprio mandato. 

C’è da credere che il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America (chiunque sia) non farà molto per colmare il vuoto che separa gli USA dagli altri paesi del mondo. Quelli verso i quali gli USA si presentano come i “paladini dei diritti umani”.

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