Camillo Mastrocinque: il regista romano degli anni ’70

Articolo di Gordiano Lupi

Camillo Mastrocinque (1901 – 1969) è un regista romano che proviene dalla scenografia teatrale, gira una serie di pellicole in costume di impostazione teatrale, infine si dedica al genere comico. Il debutto alla regia è datato 1936 con Regina della Scala, diretto in collaborazione con Guido Salvini, ma il suo primo film autonomo è il romantico Voglio vivere con Letizia (1937). Camillo Mastrocinque si segnala per opere melodrammatiche, sentimentali, persino per un datato poliziesco come L’orologio a Cucù (1938), ambientato nella Livorno del 1815. Alcuni titoli: Inventiamo l’amore (1938), Bionda sotto chiave (1939), Validità giorni 10 (1939), La danza dei milioni (1940), Don Pasquale (1940), I mariti (1941), Ridi pagliaccio! (1941), L’ultimo ballo (1941), Turbine (9141), Fedora (1942), Le vie del cuore (1942), La maschera e il volto (1942), La statua vivente (1942), Il cavaliere del sogno (1946), Il vento m’ha cantato una canzone (1947), Il segreto di Don Giovanni (1947), Sperduti nel buio (1947), Arrivederci, papà (1948), L’uomo dal guanto grigio (1948), Duello senza onore (1949), Quel fantasma di mio marito (1950), interpretata da un giovane Walter Chiari, La cintura di castità (1950), che vede protagonista un ottimo Nino Taranto, Gli inesorabili (1950), un drammone con Rossano Brazzi, Il peccato di Anna (1952), altro melodramma interpretato da Anna Vita, Tarantella napoletana (1953), Café-Chantant (1953), Napoli terra d’amore (1954), Le vacanze del sor Clemente (1954). Attanasio cavallo vanesio (1953)e Alvaro piuttosto corsaro (1954) sono trasposizioni cinematografiche delle commedie musicali di Renato Rascel, buon successo di pubblico ma il livello è inferiore alle opere messe in scena dal comico romano. Mastrocinque dirigerà ancora Rascel come protagonista di Anonima cocottes (1960) e Il corazziere (1960), pellicola che si ricorda per la canzone che spopolò a Sanremo. Tutti ricordano Mastrocinque come il regista dei migliori film interpretati da Totò, anche se la critica contemporanea li distrugge. Il regista comprende l’ingovernabilità del principe De Curtis e decide di fargli esprimere liberamente l’estro creativo. Nascono alcune opere indimenticabili come Totò all’inferno (1954), Totò, Peppino e la… malafemmina (1956), Siamo uomini o caporali? (1955), La banda degli onesti (1956), Totò lascia o raddoppia? (1956), Totò, Peppino e i fuorilegge (1956), Totò, Vittorio e la dottoressa (1957), Totò a Parigi (1958), La cambiale (1959) e il mitico Totòtruffa (1962). Commedie interessanti di argomento piccante (per i tempi) sono Porta un bacione a Firenze (1955), con Marisa Merlini, È arrivata la parigina (1958), interpretato da Titina de Filippo e Magalì Noël, ma pure il divertente Le bellissime gambe di Sabrina (1958). Vacanze d’inverno (1959) è un film a episodi interpretato da Vittorio De Sica e Alberto Sordi, mentre Noi duri (1959) è un comico costruito sull’inedito duo Fred Buscaglione – Paolo Panelli, ma c’è anche Scilla Gabel a conferire un tocco di erotismo. Diciottenni al sole (1962) è un vacanziero – balneare che trova il modo di mostrare le castigate grazie di Catherine Spaak e Lisa Gastoni, tra amori che nascono e muoiono nel breve volgere di un’estate. La commedia è nelle corde di Mastrocinque che dirige il comico – storico Gli eroi del doppio gioco (1962) e I motorizzati, film a episodi sui moderni mezzi di trasporto, interpretato da Walter Chiari, Ugo Tognazzi, Franca Valeri e Nino Mnafredi. Nell’ultima parte della carriera trova il tempo di girare anche un paio di discreti horror gotici come La cripta e l’incubo (1964) e Un angelo per Satana (1966). Il comico resta il suo genere prediletto, spesso condito di un blando erotismo,  lavori come …E la donna creò l’uomo (1963), Te lo leggo negli occhi (1966) e La più bella coppia del mondo (1968), una via di mezzo tra film musicale e commedia. Stasera Fernandel (1968) è il suo ultimo lavoro televisivo, che segue di alcuni anni Le avventure di Laura Storm (1963). Mastrocinque dirige circa sessanta pellicole, tra comici, drammatici, film in costume, trasposizioni di opere (Figaro, il barbiere di Siviglia, 1955) e corti televisivi. Si ricorda per due interpretazioni come attore ne In nome della legge (1948) e Gli imbroglioni (1963).

   Genitori in blue-jeans (1960) di Camillo Mastrocinque è un film brillante che anticipa le commedie sexy degli anni Settanta e forse proprio per questo non gode buona critica. Il soggetto è di Oreste Biancoli, mentre la sceneggiatura è di Vincenzo Talarico, Sergio Velitti e Dino Verde. La fotografia è di Alvaro Mancori e il montaggio di Roberto Cinquini. Interpreti: Peppino De Filippo, Ugo Tognazzi, Scilla Gabel, Franco Fabrizi, Lynn  Shaw, Corrado Pani, Alberto Telegalli, Sylva Koscina, Mario Carotenuto, Lia Zoppelli e Tiberio Murgia. La musica di Piero Umiliani e le canzoni di Tony Del Monaco fanno da sfondo a una storia che vede protagonisti un gruppo di amici in vacanza a Parigi. Peppino De Filippo è un sarto avaro che non vuol saperne di sposare una donna che lo corteggia con insistenza, ma a Parigi perde la testa per un’americana. Mario Carotenuto è il marito fedifrago di una ricca sarta che se la fa con una spogliarellista, ma quando viene scoperto si riappacifica con la moglie perché non può fare a meno dei suoi soldi. Tiberio Murgia è un poliziotto integerrimo che coglie in flagrante le coppie clandestine quando si appartano in auto. Ugo Tognazzi è un padre severo con la figlia, costretta a studiare dalle suore, ma in privato manda avanti una relazione fissa, passa da una conquista all’altra e non si scompone deve corteggiare una sedicenne. Scilla Gabel, Lynn Shaw e Sylva Koscina conferiscono un tocco di sensualità alla pellicola, si spogliano abbastanza, coperte da ammiccanti babydoll di pizzo nero. Alberto Telegalli è l’amico ironico che fa scherzi feroci a tutti, spesso anche di pessimo gusto, ma è l’animatore del gruppo. Franco Fabrizi e Corrado Pani completano la banda di amici quarantenni dediti a una dolce vita in tono minore tra Roma e Parigi. La critica alla piccola e media borghesia romana è evidente, così come il regista ironizza sottilmente su vizi privati e pubbliche virtù.  I figli sembrano più saggi dei genitori, visto che i maturi adulti passano il tempo a caccia di belle donne e sono dediti alle facili avventure. Genitori in blue jeans anticipa molte tematiche che saranno sviluppate in maniera più ampia da Pietro Germi nel successivo Signore e signori (1965), ma per certi versi anche nella saga Amici miei di Mario Monicelli e Nanni Loy. “Le battute e le situazioni sono da avanspettacolo”, come annota saggiamente Pino Farinotti, ma la pellicola è ancora oggi godibile e resta un esempio di comicità intelligente e maliziosa.

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