Le avventure di Pinocchio

Articolo di Gordiano Lupi

Regia: Luigi Comencini. Soggetto: Carlo Collodi (liberamente rivisto). Sceneggiatura. Suso Cecchi d’Amico, Luigi Comencini. Fotografia: Armando Nannuzzi. Montaggio: Nino Baragli, Vivi Tonini. Musica. Fiorenzo Carpi. Scenografia e Costumi: Piero Gherardi. Assistente alla regia. Silla Bettini. Marionette. Fratelli Colla. Produzione: San Paolo Film – Cinepat. Distribuzione: International Film Company. Interpreti: Andrea Balestri, Nino Manfredi, Gina Lollobrigida, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Mario Adorf, Riccardo Billi, Zoe Incrocci, Ugo D’Alessio, Furio Meniconi, Pino Ferrara, Mario Scaccia, Enzo Cannavale, Carlo Bagno, Lionel Stander, Nerina Montagnani, Galliano Sbarra, Vittorio De Sica, Jacques Herlin, Orazio Orlando, Fred Williams, Clara Colosimo, Ferdinando Murolo, Domenico Santoro, Walter Richter, Willy Semmelrogge, Luigi Leoni.

Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino (1880 – 83) di Carlo Collodi è uno dei romanzi per ragazzi più famosi di tutti i tempi.  Merito del cartone animato Disney, certo, che modifica la storia originale, introduce una balena al posto del pescecane ma rende la storia universale. Merito anche dello sceneggiato televisivo di Luigi Comencini, un vero esperto del cinema per ragazzi, 280’ di narrazione per immagini divise in sei puntate (320’ nell’edizione francese), ridotte a poco meno di 120’ nella versione cinematografica. Un lavoro ben fotografato da Armando Nannuzzi, che gode di una colonna sonora indimenticabile scritta da Fiorenzo Carpi, di una scenografia curata nei minimi particolari da Piero Gherardi e di alcune marionette d’epoca ideate dai fratelli Colla.

Il Pinocchio di Luigi Comencini e Suso Cecchi d’Amico è una rilettura cinematografica dell’opera di Collodi che cade in alcune contraddizioni, ma resta un lavoro di fondamentale importanza per la conoscenza di un’opera letteraria immortale. Pinocchio viene subito trasformato in ragazzino dalla Fata Turchina – che sarebbe la moglie morta di Geppetto – ma torna burattino ogni volta che commette una marachella. Il Gatto e La Volpe sono due loschi figuri che lavorano per Mangiafoco, ma cercano di truffare Pinocchio solo dopo aver perso il lavoro. 

Pinocchio viene sequestrato da Mangiafoco con il suo carrozzone reo di aver interrotto la recita. La sequenza dei medici è completamente diversa dal libro: sono soltanto due e disquisiscono sulla possibilità di far ritornare Pinocchio nei panni di un bambino. L’incontro con Lucignolo e il furto delle frittelle da un bancone sono aggiunte di sceneggiatura, così come non è scritta nel libro la parte (ottima!) in cui Geppetto cuoce una povera schiacciata fatta d rosmarino, acqua e briciole di pane. Il Paese della Cuccagna è rappresentato come un grande Luna Park ed è ben diverso dalla storia pensata da Collodi. Il pescecane e il tonno sono due pupazzi di gomma e va rilevato un dialogo di Geppetto: “Pescecane o balena, fa lo stesso. Questo mostro non so cosa sia”, che tende a salvare il cartone di Disney.

Il film conserva tutta la poesia del romanzo di Collodi, è girato in maniera realistica, tra le nevi e il vento dell’Appennino e il mare del litorale tirrenico. Pinocchio è un paladino della libertà, che si lascia affascinare dal richiamo dell’avventura e rifiuta le lezioni dei moralisti. Resta un film fantastico che vede Pinocchio passare da burattino a ragazzo, subire le punizioni ogni volta che sgarra dalla morale ordinaria e finire in mezzo ai guai per la sua dabbenaggine.

Andrea Balestri è un eccellente interprete, naturale e spontaneo, un ragazzino pisano che non farà altro nel mondo del cinema, recitando il ruolo della sua vita. La sua interpretazione mette a fuoco il conflitto tra libertà e repressione, ma anche l’amor filiale e il valore dell’amicizia. Nino Manfredi è un credibile Geppetto, Gina Lollobrigida non piace a Morandini come Fata Turchina, ma in realtà la sua recitazione è buona, così come sono memorabili Il Gatto e La Volpe di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.

I due comici aprono il film come imbonitori di Mangiafoco e ritornano in scena come assassini alla caccia di Pinocchio, suscitando le ire del pubblico più giovane che scrive lettere di protesta alla Rai. I beniamini dei bambini non possono volere la morte di Pinocchio, né tanto meno truffarlo! In realtà, Franco e Ciccio sono una perfetta coppia di imbroglioni, il primo sfoggia una risata sardonica, il secondo è un maneggione truffatore che convince Pinocchio a sotterrare le monete. Tutti e due molto bravi, senza eccedere in smorfie, costretti da una sceneggiatura precisa che non permette improvvisazioni. Tra gli altri interpreti ricordiamo un abile Lionel Stander nella parte di Mangiafoco, Mario Adorf come domatore del circo, Luigi Leoni è il maestro di Pinocchio, Zoe Incrocci nei panni di una divertente lumaca, il vecchio Riccardo Billi è il conducente del carro per il Paese della Cuccagna, Ugo D’Alessio è un perfetto Mastro Ciliegia.

Pino Farinotti apprezza il film e concede tre stelle: “Comencini ha sempre guardato con intelligenza al mondo infantile, dedicandogli film e inchieste televisive: anche con questa versione del libro di Collodi, trasmessa prima a puntate dalla televisione italiana, ha avuto la mano molto felice”. Morando Morandini conferma tre stelle: “Pinocchio è un eroe della libertà, anche se viene mantenuto il principio repressivo, forse ancora più forte che in Collodi. Libera lettura che comunque fa centro anche per merito degli attori, a parte Gina Lollobrigida come improbabile Fata Turchina”.

Paolo Mereghetti si allinea al giudizio da tre stelle: “Dal romanzo di Collodi, soddisfacente riduzione cinematografica dello sceneggiato televisivo in sei puntate. Rispetto al libro più realismo sociale a (lieve) discapito della componente fantastica: Pinocchio è un bambino in carne e ossa, ribelle e smanioso d’indipendenza, che ridiventa burattino solo a tratti, per punizione. Cast perfettamente azzeccato”.

Un lavoro importante, da vedere e rivedere in compagnia dei vostri figli. La versione in dvd è disponibile dal 19 aprile 2000.

Benigni riprende un vecchio progetto felliniano, pensato ai tempi de La voce della luna, impiega capitali maggiori di quanti ne servivano per i film del Maestro (45 milioni di euro, il lavoro più costoso del cinema italiano) e gira la sua versione di Pinocchio. La storia è liberamente ispirata al capolavoro di Collodi, ma Benigni e Cerami ci mettono ingegno e inventiva per modificare il soggetto in funzione cinematografica. Luigi Comencini nella sua straordinaria versione televisiva (1972) – ridotta per il cinema – aveva fatto altrettanto, attirandosi critiche pretestuose. Benigni viene criticato anche per non aver messo sui manifesti il nome di Carlo Collodi; la critica non è tenera nei confronti del suo lavoro che giunge dopo il successo internazionale de La vita è bella (1997), viene stigmatizzata una mancanza di sentimento nella recitazione degli attori. Pinocchio incassa discretamente soltanto in Italia, nel resto del mondo è un flop, addirittura negli Stati Uniti (Roberto Benigni’s Pinocchio, è il titolo del film doppiato in inglese) viene nominato per 6 Razzie Awards (gli Oscar al contrario) e vince il non ambito premio come peggior attore protagonista. Alla resa dei conti Pinocchio incassa il denaro appena sufficiente per coprire i costi di produzione.

Il Pinocchio di Benigni e Cerami è molto felliniano, come scenografie, fotografia e tono fantastico della storia. Persino la recitazione non così partecipe – del tutto opposta a ciò che aveva voluto Comencini – ricorda l’impostazione teorica del Maestro. Il film è girato nei Cinecittà Umbria Studios di Papignano (Terni), gode di grandi effetti speciali (il pescecane, la farfalla, il Grillo Parlante, Mangiafuoco, il Teatro dei Burattini, il Circo, il Paese dei Balocchi…) e di una ricostruzione scenografica senza pari, del tutto simile a quel che richiedeva Fellini quando girava a Cinecittà. Ventotto settimane di riprese non è poca cosa, logico che tutti attendessero un capolavoro, mentre Benigni si limita a realizzare un prodotto coerente e dignitoso. Straordinaria la colonna sonora di Nicola Piovani (Nastro d’Argento), mirabile la fotografia coloratissima – da cartone animato – di Dante Spinotti che conferisce un tono favolistico (la scena dell’impiccagione di Pinocchio con la luna sullo sfondo è un capolavoro).

Il Pinocchio di Benigni e Cerami presenta originali trovate di sceneggiatura che danno un tocco di poesia alla pellicola. Si pensi al fantastico incipit che vede la Fata Turchina a bordo di una carrozza guidata da Medoro e tirata da topini bianchi fermarsi per strada, accogliere una farfalla e dire: “La morte dura troppo a lungo. Come sarebbe bello morire un solo giorno per poi vivere felici!”. La Fata Turchina illumina il villaggio con un sole irreale e una pioggia di colori da fiaba per dare il via al film con un tronco di legno parlante che rotola per le strade del paese e raggiunge casa di Geppetto. Il Grillo Parlante è onnipresente, molto di più che nel romanzo, sostituisce persino uno dei medici che fanno la diagnosi per la malattia di Pinocchio, lo vediamo pure al campo dei Miracoli e nel Paese dei Balocchi. Lucignolo (un convincente Kim Rossi Stuart) mangia lecca-lecca al mandarino e incontra Pinocchio in galera, ma nella sostanza il suo ruolo è rispettato. Il dialogo tra Geppetto e Pinocchio all’interno del pescecane è innovativo, ma non stona con il senso della storia e con il motivo portante dell’amore paterno. Inutile stare a fare l’elenco di tutti i cambiamenti tra romanzo e film, ché si tratta di due linguaggi diversi, non paragonabili, non va pretesa fedeltà estrema alla narrazione, ma soltanto che non venga tradito lo spirito dell’opera. Benigni rispetta Collodi, presenza onnipresente anche se non indicata sui manifesti. La morale resta la stessa: Pinocchio è il simbolo del bambino che riesce a dare un senso alla sua vita, dopo un’infanzia e un’adolescenza sfrenata. Roberto Benigni è un Pinocchio lunare, irrequieto, un burattino vivente, ben calato nel ruolo, nonostante le molte critiche ricevute e il triste Oscar al contrario. Presenze simboliche tra gli attori: Giorgio Ariani – lo ricordiamo per un Pierino toscano – nei panni dell’oste del Gambero Rosso; Cavallari e Arena (I Fichi d’India) sono il Gatto e la Volpe ma fanno rimpiangere Franco Franchi e Ciccio Ingrassia; Nicoletta Braschi è un’ottima Fata, ma la critica la distrugge come fece con Gina Lollobrigida. Carlo Giuffrè è un buon Geppetto, anche se Nino Manfredi conferiva al padre di Pinocchio ben altro spessore. Corrado Pani – come Giuffré –  interpreta il suo ultimo ruolo cinematografico nei panni del Giudice del paese di Acchiappacitrulli. Notevoli gli effetti speciali: dal naso allungabile di Pinocchio ai conigli neri, passando per la tomba della fatina, il mare nero in burrasca e la trasformazione dei ragazzi in asini al Paese dei Balocchi. Affreschi di campagne umbre che sembrano quadri naif mentre Pinocchio corre senza sosta e la macchina da presa lo segue in lunghi carrelli e panoramiche. Geniale il finale con Pinocchio che diventa un ragazzo ed entra a scuola, mentre l’ombra del monello che è stato resta fuori e insegue la farfalla (che ha aperto il film) nelle campagne circostanti. Un film onirico, fantastico, surreale, una fiaba coloratissima che appassiona grandi e piccini. Inspiegabile l’insuccesso statunitense, in parte colpa di un doppiaggio sbagliato. In Italia la critica non è stata tenera, come spesso capita a un regista insignito di un Oscar. La tigre e la neve (2005), ultimo tentativo del Benigni regista è andato pure peggio, con la critica statunitense unanime nel giudicarlo il peggior film della stagione. Roberto Benigni – deluso anche economicamente – non impugna la macchina da presa da ben dieci anni per dedicarsi anima e corpo a interessanti progetti teatrali e televisivi.

Regia. Roberto Benigni. Soggetto: Pinocchio di Carlo Collodi. Sceneggiatura: Vincenzo Cerami, Roberto Benigni. Musica: Nicola Piovani. Fotografia: Dante Spinotti. Montaggio: Simona Paggi. Effetti Speciali: Rob Hodgson. Fotografod i Scena. Sergio Strizzi. Aiuto Regista: Alberto Mangiante. Scenografia e Costumi: Danilo Donati. Durata: 106’. Genere: Fantastico. Produttori: Nicoletta Braschi, Gianluigi Braschi, Elda Ferri. Produttore Esecutivo: Mario Cotone. Case di Produzione: Melampo Cinematografica, Cecchi Gori Group, Medusa, Miramax Films. Distribuzione: Medusa. Interpreti: Roberto Benigni (Pinocchio), Carlo Giuffré (Geppetto), Nicoletta Braschi (Fata Turchina), Peppe Barra (Grillo Parlante), Massimiliano Cavallari (Gatto), Bruno Arena (Volpe), Kim Rossi Stuart (Lucignolo), Franco Javarone (Mangiafuoco), Luis Molteni (Omino di Burro), Tommaso Bianco (Pulcinella), Corrado Pani (Giudice), Giorgio Ariani (Oste Gambero Rosso), Mino Bellei (Medoro), Remo Masini (Maestro), Alessandro Bergonzoni (Direttore del Circo), Stefano Onofri (Arlecchino), Alessandro Nardi (Giangio).

Pinocchio di Matteo Garrone è un film di cui non si sentiva la necessità, ma è stato promosso così bene, in maniera talmente sistematica su reti televisive, stampa e social network che ha convinto tutti della necessità di andare a vederlo. Sfatiamo questo mito. Non esistono film che vanno visti. Esistono film scritti bene e film scritti male. Pinocchio di Garrone fa parte della seconda categoria. Si può fare a meno di vederlo. Spieghiamo i motivi. Perché è un film senza cuore, senza pathos, con personaggi monodimensionali, ridotti a fumetto. Perché la sceneggiatura è scritta in maniera pedestre e i dialoghi sono scialbi, strutturati male, troppo impostati. Perché il romanzo di Collodi è tradito in molte parti, soprattutto nella morale, basti pensare a tutta la sequenza della scuola con un maestro perfido che punisce i bambini a bacchettate e li fa inginocchiare sui ceci. Perché manca la suspense narrativa, tutto sa di già visto e di tirato via, scritto in fretta e furia. Perché non ci si commuove mai, neppure quando Pinocchio ritrova Geppetto nel pescecane (per fortuna non è una balena!). Perché a un certo punto ci perdiamo pure Lucignolo, non si sa proprio che fine faccia, forse caduto in un buco di sceneggiatura. Perché un Gatto e una Volpe caricaturali ed eccessivi come Papaleo e Ceccherini non s’erano mai visti, un Pinocchio scialbo come questo ragazzino legnoso (in tutti i sensi) idem, persino il Mangiafuoco di Proietti delude. Cosa si salva, allora? Poco davvero. Roberto Benigni nei primi venti minuti, dove qualche trovata di sceneggiatura e un’interpretazione ispirata mostrano quello che poteva essere il tono di tutto il film; l’atmosfera fantasy, anche se è così nera da stonare non poco con la fiaba di Collodi; gli effetti speciali (la trasformazione in asini, gli animali parlanti …) ad alti livelli; la confezione scenografica e la fotografia; lo stile di Garrone in piena sintonia con i lavori precedenti. Inutile fare paragoni con il passato. Inutile scomodare Comencini. Siamo su due mondi diversi, altri emisferi cinematografici. Tutto è meglio di questo Pinocchio, persino il Pinocchio di Benigni. Ed è tutto dire.

Regia: Matteo Garrone. Soggetto: Carlo Collodi (Pinocchio). Sceneggiatura: Matteo Garrone, Massimo Ceccherini. Fotografia. Nicolaj Brüel. Montaggio: Marco Spoletini. Musiche: Dario Marianelli. Scenografia: Dimitri Capuani. Costumi: Massimo Cantini Parrini. Trucco: Mark Coulier. Storyboard: Giuseppe Liotti. Produttori: Matteo Garrone, Jean Labadie, Anne-Laure Labadie, Jeremy Thomas, Paolo Del Brocco. Case di Produzione: Archimede, Rai Cinema, Le Pacte, Recorded Picture Company. Paesi di Produzione: Italia, Francia, Gran Bretagna. Distribuzione: 01 Distribution. Durata: 125’. Genere: Fantasy. Interpreti: Federico Ielapi (Pinocchio), Roberto Benigni (Geppetto), Rocco Papaleo (Gatto), Massimo Ceccherini (Volpe), Marine Vacth (Fata Turchina adulta), Gigi Proietti (Mangiafuoco), Aida Baldari Calabria (Fata Turchina bambina), Alessio Di Domenicantonio (Lucignolo), Maria Pia Timo (Lumaca), Davide Marotta (Grillo Parlante), Paolo Graziosi (Mastro Ciliegia), Massimiliano Gallo (Corvo/direttore del circo), Gianfranco Gallo (civetta), Terco Celio (Giudice Gorilla), Enzo Vetrano (Maestro), Nino Scardina (Omino di burro), Maurizio Lombardi (tonno), Guillaume Delaunay e Giuliano Del Taglia (circensi), Domenico Centamore (Giangio), Gigio Morra (oste). Mauro Bucci (Remigio, vicino di casa di Geppetto), Sergio Forconi (venditore).

Related Articles