Il giardino dei Finzi Contini: un vero e proprio atto di accusa contro le leggi razziali

Articolo di Gordiano Lupi

Il giardino dei Finzi Contini è l’ultimo lavoro memorabile di Vittorio De Sica, premio Oscar per il miglior film straniero e Orso d’oro a Berlino, tratto da una delle più intense storie ferraresi di Giorgio Bassani, incentrata sulle vicissitudini di una famiglia ebrea, un vero e proprio atto di accusa contro le leggi razziali. De Sica è un regista che è rimasto prigioniero dei suoi capolavori, perché la critica ha sempre snobbato l’artigianato di pellicole interessanti girate nel corso degli anni Sessanta – Settanta. Non questa, però, che vide persino l’iniziale coinvolgimento di Bassani a livello di dialoghi e sceneggiatura, ritirato quando lo scrittore si rese conto che la storia prendeva strade diverse da quelle del romanzo. Bassani pretese che il suo nome venisse tolto dai titoli di coda del film.

La storia si svolge a Ferrara nel periodo 1938 – 1943 e racconta l’amore non corrisposto tra Giorgio (Capolicchio) e Micol (Sanda), due ebrei amici d’infanzia ma di diversa estrazione sociale. Vengono emanate le leggi razziali e gli ebrei espulsi dal circolo del tennis finiscono per radunarsi nel giardino dei ricchi Finzi – Contini, che apre le porte a tutti i connazionali. Conosciamo il debole Vittorio (Berger), fratello di Micol in odore di omosessualità, il rude proletario Giampiero (Testi), ma soprattutto osserviamo i giorni dell’amore non colto di Giorgio per Micol, che abbandona la ragazza nelle mani di Giampiero.

Il rapporto tra Micol e Giampiero – che Giorgio spia dalla finestra scorgendo la sua amata seminuda – non è citato esplicitamente nel romanzo di Bassani e questo fu uno dei motivi per cui lo scrittore  abbandonò la lavorazione della pellicola. Ma De Sica – come Bassani – non vuol scrivere un film sentimentale, anche se la cornice racconta le vicissitudini di un amore non corrisposto. Il tentativo (riuscito) è quello di descrivere – narrando una piccola storia – il dramma della guerra e la vergogna delle leggi razziali con la successiva deportazione degli ebrei. Morirà anche l’amico – rivale Giampiero, soldato nella campagna di Russia e Giorgio lo verrà a sapere in un triste Luna Park, poco prima di decidersi a scappare. Commovente la scena finale in cui il padre di Giorgio (Valli) si ritrova insieme a Micol, in una scuola, in attesa di essere deportato in campo di concentramento. Uno straordinario ralenti onirico rievoca giorni felici, giocando a tennis nel giardino dei Finzi – Contini. Adesso quei ragazzi sono tutti morti.

I protagonisti principali sono molto bravi, ma sia Lino Capolicchio che Dominique Sanda non avevano interpretato molte pellicole e possono essere considerati due rivelazioni. Vale la pena ricordare che De Sica avrebbe voluto la cantante Patty Pravo per vestire i panni di Micol. Fu lei a rifiutare per i troppi impegni. Helmut Berger è un grande attore di scuola Visconti, mentre Fabio Testi è un giovanotto brianzolo alle prime armi. La storia è raccontata come un lungo flashback di Giorgio (nel romanzo si immedesima nell’io narrante di Bassani) ma in presa diretta e con molti dialoghi.

Un colloquio padre – figlio è straordinario, riferito alla delusione d’amore di Giorgio ma esteso agli errori di una generazione: “Per capire bisogna morire almeno una volta ed è meglio farlo da giovani, che poi da vecchi non c’è più tempo. La nostra generazione ha preso troppe cantonate”. Romolo Valli è un grande interprete, molto teatrale, adatto a una storia raccontata grazie a suggestivi interni e dialoghi evocativi. Ricostruzione d’epoca perfetta, sceneggiatura priva di pecche, fotografia anticata, tra color ocra e nebbiosi panorami ferraresi. Manuel De Sica realizza una delle colonne sonore più ispirate della sua carriera, tra pianoforte e tromba, citando la nota canzone Vivere in una breve sequenza.

Il film è stato girato per gli esterni quasi interamente a Ferrara, si riconoscono il Castello Estense, alcune vie centrali (l’ingresso del giardino è corso I Ercole d’Este), le mura, il Palazzo dei Diamanti e la Cattedrale di San Giorgio. Per le scene del giardino, invece, fu scelta una villa presso Roma e per la Villa Finzi – Contini, villa Litta Bolognini di Vedano al Lambro, nei pressi del Parco di Monza. Tecnica di regia sicura e senza sbavature, massiccio uso dello zoom secondo i gusti del tempo, messa in scena teatrale, tono languido e struggente reso a dovere dalle note della colonna sonora. Alcune immagini d’epoca si fondono bene con la storia, cinegiornali, discorsi del duce, tutto serve a creare un clima drammatico tra dolore personale a tragedia nazionale. La critica del tempo non fu uniforme nel giudicare il film un capolavoro, alcuni fecero notare il tono troppo melenso, altri una rappresentazione didascalica. Grande successo di pubblico, comunque, per un film che ancora oggi resiste al passare degli anni e racconta un periodo buio della nostra storia che molti hanno sempre cercato di nascondere.

Regia: Vittorio De Sica. Soggetto: Giorgio Bassani (Il giardino dei Finzi – Contini, 1962) Sceneggiatura. Vittorio Bonicelli, Ugo Pirro. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Adriana Novelli. Musiche: Manuel De Sica, Bill Conti. Direzione Musiche: Carlo Savina. Produttori: Arthur Cohn, Gianni Hecht Lucari. Scenografia: Giancarlo Bartolini Salimbeni, Mario Chiari. Costumi: Giancarlo Bartolini Salimbeni, Antonio Randaccio. Genere: Drammatico, Sentimentale. Durata: 94’. Interpreti: Lino Capolicchio (Giorgio), Dominique Sanda (Micol), Helmut Berger (Alberto), Fabio Testi (Giampiero), Romolo Valli (padre di Giorgio), Alessandro D’Alatri (Giorgio bambino), Barbara Leonard Pilavin (madre di Giorgio), Camillo Cesarei, Cinzia Bruno (Micol bambina), Edoardo Toniolo, Ettore Geri, Franco Nebbia, Giampaolo Duregon, Inna Alexeievna, Katina Morisani, Marcella Gentile, Michael Berger, Raffaele Curi.

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