L’insegnamento del continente africano contro l’affermazione della pena capitale

Articolo di Domenico Letizia

La pandemia ha contribuito all’emergere di una giurisprudenza emergenziale e irrispettosa della dignità umana in molti contesti geopolitici del nostro pianeta. L’Occidente ha assistito ad una serie di arretramenti giuridici sul piano dei diritti umani e dello stato di diritto. Al contrario, il continente che genera novità e positività è quello africano.

L’ultima notizia di una certa caratura riguarda una vicenda che l’organizzazione internazionale contro la pena di morte Nessuno Tocchi Caino ha seguito nel tempo e da tempo. Riguarda un Paese nel cuore del continente nero, la Repubblica Democratica del Congo. Il due gennaio, il Presidente Felix Tshisekedi ha graziato, tra gli altri, due uomini, il colonnello Eddy Kapend e Georges Leta, ritenuti responsabili dell’assassinio dell’ex Presidente Laurent-Désiré Kabila freddato da tre colpi d’arma da fuoco nel suo ufficio vent’anni fa, il 16 gennaio 2001, per mano di una delle sue guardie del corpo che venne poi subito uccisa.

Il figlio Joseph Kabila, che gli successe alla presidenza del Paese quando non era ancora trentenne, si vide rendere giustizia di lì a poco. Nel 2003, un tribunale militare emise una trentina di condanne a morte per l’assassinio del padre. Ci fu una grande mobilitazione internazionale per scongiurare quelle esecuzioni. Kabila ha governato il suo Paese per 18 anni prima che Tshisekedi vincesse le elezioni nel dicembre 2018. Durante questo tempo ha mantenuto la moratoria delle esecuzioni mentre quell’atto di clemenza che non ha voluto o saputo concedere e sembra quasi averlo voluto passare in consegna al suo successore. Tshisekedi ha reagito esercitando il diritto.

Il 30 giugno 2020, aveva commutato le condanne a morte in ergastoli. Poi, il 31 dicembre 2020, ha stabilito che i detenuti che a quella data avessero trascorso in carcere 20 anni, venissero liberati. «Il provvedimento interessa quindi Eddy Kapend e alcuni membri del suo gruppo», ha spiegato Giscard Kusema, addetto stampa presidenziale che ha precisato come la grazia presidenziale sia una misura di portata generale e di carattere non personale.

La RDC ci rivolge così un invito accorato alla grazia, alla capacità di costruire un equilibrio che sappia, nel tempo, contemperare e superare la giustizia penale. Coincidenza vuole che, il 2 gennaio, quando Eddy Kapend in RDC torna libero, il Kazakistan si libera definitivamente dalla pena di morte con la firma del Capo dello Stato Kassym-Jomart Tokayev alla legge di ratifica del Secondo Protocollo opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, che obbliga gli Stati all’abolizione. Eventi che dimostrano l’efficacia delle missioni internazionali, da sostenere e rafforzare, per sviluppare ulteriori sinergie politiche e diplomatiche contro l’emergere della pena di morte.

I Paesi citati sono stati oggetto di missioni internazionali, con report di approfondimento, da parte di Nessuno tocchi Caino e l’azione della Ngo ha influito positivamente sui decisori politici delle due realtà statuali. Un riconoscimento che viene ribadito anche dalle istituzioni europee. Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha eletto Elisabetta Zamparutti, tesoriera di Nessuno tocchi Caino, al Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura (CPT) quale componente per conto dell’Italia.

Il secondo mandato della Zamparutti durerà dal 3 febbraio 2021 al 19 dicembre 2023. È stato l’esito felice di un iter lungo, con i suoi ostacoli e le sue avversità. Una vittoria del diritto resa possibile anche grazie all’azione dell’ambasciatore Giulio Maria Terzi, del deputato Sandro Gozi, della deputata Deborah Bergamini, del senatore Roberto Rampi e di Andrea Nicolosi. Un nuovo protagonismo tutto italiano per l’affermazione dei diritti universalmente riconosciuti dell’umanità.

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