“Guantanamera”, il testamento spirituale di Titón

Articolo di Gordiano Lupi

Guantanamera è l’ultimo film di Tomás Gutiérrez Alea, portato a termine da Juan Carlos Tabío a causa della malattia del regista, scomparso poco tempo dopo l’uscita della pellicola. Soggetto e sceneggiatura sono scritti con la collaborazione di Eliseo Alberto Diego, ma possiamo dire che Guantanamera è il testamento spirituale di Titón, un’opera molto critica che si dissocia da quel che è diventato il socialismo cubano. Tra l’altro il tema principale è la morte, trattata con leggerezza e ironia, come evento ineluttabile e dovuto, da accettare come una necessità per far progredire il mondo. La storia si sviluppa on the road, al seguito di un corteo funebre organizzato da un ottuso burocrate per portare una defunta da Guantanamo all’Avana. In questo contesto prendono vita una serie di storie parallele e di personaggi ben tratteggiati che costituiscono l’ossatura della commedia. Candido è il vecchio musicista di Guantanamo, innamorato da sempre di Giorgina, musicista di successo, che quando torna da lui gli muore tra le braccia. Ginetta è la professoressa di Economia Socialista dalle idee aperte, per niente ottusa e dogmatica, ma pronta ad accettare il nuovo e a impegnarsi per un futuro migliore. Mariano è il cubano rubacuori, il camionista che possiede una donna in ogni porto, ex studente di economia innamorato della professoressa. Ramon è il suo compagno di viaggio che subisce le angherie delle donne mollate da Mariano. Adolfo è il funzionario comunista che non ragiona, segue le regole senza flessibilità, non comprende il futuro, i giovani e le idee moderne. Tutti i personaggi rappresentano una visione del mondo e gli autori della commedia impostano situazioni veridiche per raccontare i problemi della Cuba contemporanea.

Guantanamera gode di un’ottima fotografia e di una colonna sonora basata sulla popolare canzone cubana composta sulle parole dei Versos Sencillos di José Martí. I registi immortalano paesaggi di campagna, case in legno, venditori di granizado, piccoli bar di provincia, ristoranti in dollari non autorizzati, venditori di banane e aglio lungo la strada, autostoppisti regolamentati da un poliziotto chiamato amarillo e momenti della vita cubana ignoti agli spettatori. Guantanamera è un’opera sincera e spontanea, realizzata senza finzioni, poetica e toccante, pure se sostenuta da toni comici. I due vecchi che ricordano il passato, la gioventù, una relazione da ragazzini e una giornata sul fiume sono un bel momento di toccante nostalgia. “Sono cinquant’anni che ti amo”, dice Candido. In quel momento Giorgina muore tra le braccia del vecchio amore. Una bambina vestita di blu alla marinara che appare al vecchio rappresenta la morte che lo segue fino alla fine della storia ed è un elemento fantastico immancabile nello stile di Tabío. Importante la filosofia sulle donne e sull’amore espressa da una frase: “Solo chi ti vuole bene ti resta vicino quando sei vecchio, è importante morire con una persona accanto”, dice Ramon a Mariano.  Gli autori puntano il dito sulla crisi dei trasporti, sulla mancanza di pezzi di ricambio, sulle cose che non si trovano fornite da venditori in nero, sul lavoro che non paga abbastanza. Parlano pure di solidarietà, amore, amicizia, sentimenti eterni che modificano la vita. Un momento importante del film è rappresentato dall’incontro tra Mariano (Jorge Perugorría) e Gina (Mirta Ibarra) che fa risorgere dalle ceneri un vecchio amore tra studente e professoressa. Gina è sposata con l’ottuso Adolfo ma alla fine lo molla per vivere la sua vita e per mettere in pratica le idee che non hanno niente a che vedere con il comunismo primitivo del compagno. La critica al sistema è evidente in alcuni dialoghi: “Parlavano di comunismo scientifico. Questa è buona… tra poco parleranno di capitalismo scientifico”, dice Mariano, che è ingegnere ma non esercita perché guadagna di più a fare il camionista. Vediamo camion carichi di gente che non sa come viaggiare e chiede un passaggio per strada mentre molti cercando di vendere banane in dollari. Gina, la professoressa di Economia Socialista, non grida slogan, non dice ai giovani cosa devono pensare, ritiene che sia giusto insegnare a ragionare. Il marito è un comunista privo di apertura mentale che dà la colpa di tutto ai capelloni, alla perestroika e alle canzonette. Non è difficile capire da quale parte si schierino i registi.

La staffetta di carri funebri per raggiungere L’Avana subisce un intoppo quando va caricato un altro defunto e si deve pure aiutare una donna che sta per partorire. “La morte è sempre un imprevisto”, dice un personaggio. Sembrano parole del regista riferite alla sua situazione. Il discorso sulla morte prende buona parte del film: “Gli amici che se ne vanno, fuggono, muoiono, tu non vuoi pensare alla morte ma accade. Sono sempre gli altri a morire”. Gutiérrez Alea scherza con la morte, pare farsi beffe di lei con una sorta di umorismo nero tutto cubano. Cita un patakí della santeria durante una furibonda tempesta tropicale e racconta la storia di Olofi con una suggestiva voce fuori campo. “Olofi creò l’uomo e la donna, dispensando la vita, ma si dimenticò di dare la morte e la Terra si riempì di vecchi. Il clamore dei giovani fece sì che Olofi chiamasse Ekú per risolvere il problema di un mondo sempre più popolato da anziani. Ekú fece piovere per trenta giorni sulla Terra, tutto fu sommerso, solo i più giovani riuscirono a salvarsi salendo sugli alberi. I giovani corsero a ringraziare Ekú perché aveva eliminato l’immortalità. Adesso la Terra era più bella e pulita”. L’intermezzo folcloristico sulla religiosità afrocubana serve a spiegare una filosofia basata sull’ineluttabilità della morte.

Nel viaggio lungo le strade di Cuba vediamo Sancti Spiriti, Bayamo (vecchio centro del contrabbando spagnolo e inglese, la prima città a ribellarsi al dominio coloniale), poi Santa Clara, Matanzas e finalmente il Cementerio Colón dell’Avana.

Il burocrate si rende conto di aver sbagliato tutto perché ha confuso le bare ma non dice niente. Il morto da seppellire all’Avana non è Giorgina ma un vecchio destinato a Cardenas. Candido se ne rende conto e muore d’infarto. Il finale sembra citare la vecchia pellicola La muerte de un burocrata, perché vediamo Adolfo recitare una retorica orazione funebre sulla tomba dei due innamorati mentre si scatena una burrasca. “L’amore è il sale della vita”, dice Adolfo. La bambina fantasma tira fuori l’ombrello, Gina e Mariano si ritrovano, si baciano e si allontanano mentre l’ottuso funzionario viene abbandonato da tutti. Il finale è emblematico e chiarisce – se mai ce ne fosse bisogno – il pensiero del regista: se il comunismo cubano non cambia, se non arriveranno aperture sostanziali e un diverso modo di pensare, il popolo lascerà sempre più soli i dirigenti. Gli autori sottolineano il distacco tra popolo e potere, lasciando aperta la porta del cambiamento identificata nella professoressa socialista che ragiona con la mente aperta ed è disponibile al dialogo. Tomás Gutiérrez Alea conclude il suo discorso sui mali della burocrazia iniziato nei primi anni Sessanta e lo arricchisce di considerazioni filosofiche sulla morte e sull’amore.

Il regista riesce a vedere Guantanamera a Madrid nella sua prima internazionale. La pellicola viene presentata alla Mostra Internazionale di Venezia in una buona edizione italiana. Tomas Gutiérrez Alea muore all’Avana il 16 aprile del 1996.  

Regia: Tomás Gutiérrez Alea e Juan Carlos Tabío. Durata: 105’. Soggetto e Sceneggiatura: Eliseo Alberto Diego, Tomás Gutiérrez Alea e Juan Carlos Tabío. Produzione: Walter Achugar e Camilo Vives per ICAIC (Cuba), Tornasol Film S.A,, Prime Films (Spagna), Road Movies Dritte Produktionen (Germania). Fotografia: Hans Burmann. Montaggio: Carmen Frías. Suono: Raúl García. Musica: José Nieto. Direzione Artistica:. Interpreti: Carlos Cruz, Mirta Ibarra, Raúl Eguren, Jorge Perugorría e Luis Alberto García. Alcuni Premi: Secondo Premio, Festival Nuovo Cinema Latinoamericano, L’Avana (1995), Miglior attore progaonista (Jorge Perugorria) Festival UNEAC di Cinema, Radio e TV, L’Avana (1995), Gran Premio Sud Quest del pubblico, Festival Internazionale di Cinema e Cultura del’America Latina, Biarritz, Francia (1995); Miglior Pellicola, assegnato da TVE, Madrid, Spagna (1995); Miglior Pellicola, Miglior Interpretazione Maschile (Carlos Cruz), Festival di Gramado, Brasile (1996); Premio della Giuria, Festival Internazionale del Cinema, Viña del Mar, Cile (1996); Premio Speciale della Giuria, Cartagena de las Indias, Colombia (1996); Premio della Popolarità, Festival del Cinema Latinoamericano, Chicago, Stati Uniti (1997). 

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