Alda Merini: più bella della poesia è stata la mia vita

Articolo di Pietro Salvatore Reina

Alda Merini nasce a Milano il 21 marzo 1931 («Sono nata il ventuno a primavera / ma non sapevo che nascere folle, / aprire le zolle»). L’arte poetica della Merini si svolge essenzialmente in due distinte stagioni storiche. La prima è quella della sua giovinezza, quando nel 1950 viene inserita nell’Antologia della poesia italiana 1909-1949, di Giacinto Spagnoletti, e poi nel 1954 nell’antologia Quarta generazione. La giovane poesia (1945-1954). Esperienze vitali della poesia di Piero Chiara e Luciano Erba. La seconda stagione è quella dell’età matura quando la sua opera poetica è già più che nota ma soprattutto amata.

Il suo primo maestro è il padre, un impiegato alle Assicurazioni Generali Venezia, che le insegna a leggere e a scrivere. Già a otto anni conosce moltissimi brani a memoria della Commedia di Dante che legge e ri-legge continuamente in una elegante e bellissima edizione illustrata da Gustave Dorè.

Fin da piccola scrive poesie. La sua prima raccolta di liriche, La presenza di Orfeo, risale al 1953. Nella sua esistenza c’è un grande «buco nero», rappresentato dalla lunga degenza nell’ospedale psichiatrico «Paolo Pini» di Milano dove fu ricoverata dal 1965 al 1972. Alla morte del primo marito Ettore Carniti, Alda Meriti sposa nel 1983 il medico-poeta tarantino Michele Pierri e si trasferisce a Taranto dove viene curata e sostenuta psicologicamente dal marito. Ma una ricaduta della sua malattia la riporta in manicomio a Taranto dove patisce un’altra esperienza tragica. È stata candidata due volte al premio Nobel per la Letteratura dall’Accadémie française, nel 1996, e dal Pen Club Italiano, nell’anno 2001. Muore a il 1° novembre 2009.

Tra le sue raccolte poetiche più importanti ricordiamo Tu sei Pietro. Anno 1961, La Terra Santa, 1984, il «capolavoro» della Merini, Vuoto d’amore (1991), Ballate non pagate (1995, Premio Viareggio). Superba è la notte (2000) e Clinica dell’abbandono (2003). La casa editrice Einaudi, nel 2003, Piú bella della poesia è stata la mia vita, a cura di Vincenzo Mollica. Un video-racconto in quattro tempi, il primo ritratto complessivo in immagini della poetessa, con il contrappunto degli omaggi dei suoi amici. Alda Merini sceglie e legge i suoi versi, e racconta di sé. Insieme all’amico Lucio Dalla esegue L’anno che verrà. Con l’attrice Nancy Brilli recita poesie e interpreta Malafemmena, ecc. Assieme al video, di un’ora circa, è anche allegato il libro Clinica dell’abbandono.

Alda Merini nella parabola letteraria italiana compie un percorso poetico singolare, svincolato da qualsiasi legame con le correnti letterarie più importanti del Novecento. La sua lirica esprime forti tensioni interiori ed una volontà inarrestabile e fortissima di confessarsi e di aprirsi grazie e nella scrittura. Nell’originale e vibrante tessitura poetica della Merini il manicomio assume il valore di un luogo ma maledetto, dove la donna e la poetessa ricevono regole incomprensibili:

«Il manicomio è una grande cassa di risonanza

e il delirio diventa eco

l’anonimità misura,

il manicomio è il monte Sinai,

maledetto, su cui tu ricevi

le tavole di una legge

agli uomini sconosciuta».

Versi liberi della grande poetessa, da Vuoto d’amore (1991), che raccontano e sono la «cassa di risonanza» del suo delirio e del suo dolore. La salvezza, in Alda Merini, è nella scrittura, nella poesia. Alda Merini è non solo una delle più grandi poetesse del Novecento. Ma soprattutto una donna che – come lei stessa disse in una intervista concessa a Antonio Gnoli per «la Repubblica» – «desidera ancora. Che non ha mai smesso di fumare, né di sperare».

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