“La ragazza del vagone letto”, un film di culto di Ferdinando Baldi

Articolo di Gordiano Lupi

La ragazza del vagone letto non è un buon film. Recitato male dai tre protagonisti negativi (troppo sopra le righe), girato con riprese sghembe, montato in maniera lenta e compassata, con una fotografia troppo oscura, infarcito di dialoghi improbabili e situazioni fastidiose. Resta un film di culto per il grado di trasgressione che raggiunge, per la misoginia delle situazioni e per i torridi momenti erotici. Va vista la versione uncut, perché la visione di un simile film privato dei momenti caldi è del tutto inutile. Zora Kerowa si abbandona a un prolungato rapporto nel bagno del treno, prima con De Mejo, poi con Lombardi, che rasenta sequenze da cinema hard. Silvia Dionisio si concede alla macchina da presa senza veli in numerose sequenze, ma soprattutto in situazioni morbose che la vedono concedersi ai tre balordi mentre il regista riprende i rapporti nei minimi particolari. Infine anche Fiammetta Flamini – scomparsa sia come attrice che come cantante – si concede un lungo rapporto erotico con Carlo De Mejo ai limiti del porno.

Ferdinando Baldi gira un film privo di personaggi positivi, ma li rende simili a macchiette fumettistiche – con tutto il rispetto per i fumetti, inserendo politici corrotti e pornografi, balordi a caccia d’avventure, puttane vittime di padri violenti che avrebbero voluto farsi suore (sic!), mariti cornuti, padri che desiderano le figlie, mogli disinibite e ragazzine vittime della sindrome di Stoccolma. Voyeuristico e misogino come pochi, oggetto di curiosità morbosa da parte di molti appassionati del cinema bis.

Paolo Mereghetti concede una sola stella: “Il copione di Montefiori rubacchia da capisaldi del filone cosiddetto rape & revenge e riunisce uno squallido campionario d’umanità, dal politico erotomane al padre che desidera la figlia adolescente. Meno truculento dei modelli, e spesso ridicolo per via della recitazione esagitata dei tre cattivoni: ma con una sgradevole  vena voyeuristica e misogina, tra generosi nudi e stupri in cui la vittima finisce per apprezzare”. Marco Giusti non ha visto il film, forse l’ha scorso velocemente, perché parla di “tre brutti ceffi muniti di pistola che si scatenano in treno e cercano di farsi la Dionisio”. Non è solo questo, nonostante la modesta sceneggiatura. Non condividiamo neppure la definizione di “Horror-train” erotico, perché il film è soltanto un thriller claustrofobico, molto spinto sul lato erotico, che incarna tutte le caratteristiche del rape & revenge, dove la vendetta a nome di tutti – pure delle donne consenzienti – è compiuta dal detenuto politico che si libera dalle manette.

Uscito in Francia come Terreur Express e in Germania come Horrorsex in Nachtexpress. Frase di lancio: “Il treno viaggia sicuro nella notte…all’interno si scatena la violenza, l’oscenità, il crimine…”. Solo per amanti del morboso.

Regia: Ferdinando Baldi. Soggetto e Sceneggiatura. Luigi Montefiori. Scenografia: Gastone Carsetti. Montaggio: Alessandro Lucidi. Fotografia. Giuseppe Aquari. Costumi: Alberto Verso. Abiti Maschili: Enzo Ceci. Operatore alla Macchina: Luigi Filippo Carta. Musica: Marcello Giombini. Aiuto Regista: Giampiero Mele. Organizzazione: Armando Todaro. Produzione: Coop. Rinascita Cinematografica. Addetto alla produzione: Vincenzo Testa. Interpreti: Silvia Dionisio, Paul Werner (Pochath), Zora Kerowa, Gianluigi Chirizzi, Carlo De Mejo, Giancarlo Maestri, Fausto Lombardi, Gino Milli, Antonino Maimone, Roberto Caporali, Gianfranca Dionisi, Rita Livesi, Gianfilippo Carcano, Andrea Scotti, Cesare Galli, Fiammetta Flamini (per la prima volta sullo schermo), Venantino Venantini (partecipazione straordinaria). Girato interni: Stabilimenti R.P.A. Elios (Roma). Technicolor.

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