Paolo Borsellino: un maestro di vita

Articolo di Pietro Salvatore Reina

Domenica 19 luglio, cinquantasette giorni dopo la strage di Capaci, un’altra tremenda esplosione tuona nel cuore di Palermo e brucia un’intera strada: la via Mariano D’Amelio.

Alle 16:58, ancora una volta, la terra trema, l’asfalto per centinaia di metri è divelto. A terra giacciono il giudice Paolo Borsellino – il suo corpo è completamente carbonizzato, con il braccio destro troncato di netto – e i cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi, la prima donna a far parte di una scorta e la prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio. Antonio Vullo è l’unico agente di polizia sopravvissuto. Vullo era alla guida della prima autovettura di staffetta che precedeva quella in cui viaggiava il magistrato Paolo Borsellino.

In via Mariano D’Amelio, al numero 21, abitavano la madre e la sorella del magistrato. La violenta esplosione non solo fa esplodere, incendiandole, le due auto della scorta ma anche le decine di autovetture posteggiate lungo la strada e danneggia, lesiona, sradica gli infissi di balconi e le finestre dell’edificio fino al quinto piano. Edificio in cui abitava la madre e la sorella. Una violenta deflagrazione che provoca il ferimento di quattordici condomini.

Gli anni 1992 e 1993 sono gli anni più «neri», più violenti della nostra storia repubblicana italiana e non solo.

La vita di Paolo Borsellino, nato a Palermo il 19 gennaio 1940, si intreccia fin dalla più tenera infanzia con quella dell’amico, collega, «fratello» Giovanni Falcone. Entrambi crescono nell’antico quartiere di origine araba della Kalsa. Amavano spesso ricordare quanto amassero giocare in piazza della Magione.

La famiglia del giudice Paolo Borsellino era titolare di una farmacia in via della Vetreria. Anche per questo il padre era un’autorità nel quartiere. Già da studente, Paolo Borsellino, ama e vive il diritto e dovere dello e nello studio. La sua valutazione in Greco, ad esempio, era quasi sempre 10. Si alzava alle cinque del mattino per studiare. A casa sua con i suoi genitori e i loro amici si amava discutere di libri e di filosofia.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino frequentarono entrambi sia il Ginnasio Liceo Classico «Umberto» come la Facoltà di Giurisprudenza, sempre a Palermo. A Paolo Borsellino, durante gli studi di Legge, venne a mancare il padre. Nonostante le difficoltà, anche perché dopo la morte del papà le condizioni economiche della famiglia peggiorarono, si laureo a soli ventidue anni con il massimo dei voti: 110 e lode.

Paolo Borsellino comincia la sua carriera al tribunale civile di Enna come uditore giudiziario. Nel 1967 riceve il primo incarico direttivo come pretore nella città di Mazara del Vallo (Trapani). Nel dicembre 1968 sposa Agnese Piraino Leto. Dalla loro unione sono nati tre figli: Lucia, Manfredi e Fiammetta. Nel 1969 è trasferito a Monreale dove lavora, fianco a fianco, con il capitano dei carabinieri Emanuele Basile, ucciso dalla mafia nel 1980.

Palermo, nei primi anni Ottanta del Novecento, vive una vera e propria «guerra di mafia». Una guerra, che in soli due anni conta più di mille morti. Una «guerra civile» gestita e diretta dai cosiddetti «viddani» – cioè villani, contadini – di Corleone. Una «guerra» nella quale sacrificarono la loro vita uomini di Stato quali Pio La Torre (ucciso il 30 aprile 1982), il generale dei carabinieri e prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa – assassinato con la moglie Emanuela Setti Carraro, a Palermo la sera del 3 settembre 1982 – il magistrato Rocco Chinnici (ucciso il 29 luglio 1983) con un’autobomba montata in una Fiat 126: la stessa «tecnica» utilizzata nella strage di via D’Amelio.

La lezione esemplare di vita, la dedizione al lavoro, l’amore donato incondizionatamente alla famiglia e agli amici trovano in una celeberrima frase di Paolo Borsellino – «le battaglie in cui si crede non sono mai battaglie perse» – una mirabile e preziosa sintesi. Una frase che rivela la sua grandissima umanità. Una frase dischiusa ed illuminata dal sorriso che donava saggiamente sempre. Un uomo che per dedizione, passione, ecc. è un «maestro di vita».

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