Karin Schubert e il declino di una star

Articolo di Gordiano Lupi

Il 2 settembre 1994 Karin Schubert tenta il suicidio con mezza bottiglia di vodka e trenta pasticche di barbiturici. Vive sola e dimenticata da tutti in una villa in affitto a Manziana, tra le campagne che dividono Roma e Viterbo, con i suoi sei cani. Per fortuna la trovano in tempo e riescono a salvarla. Karin confessa il giorno dopo a Margherita De Bac del Corriere della Sera: “L’ho fatto perché non ho famiglia, né amici, né soldi, né futuro. Per la gente sono solo una puttana. Povera, oltretutto. La dimostrazione del mio fallimento siete anche voi che venite a cercarmi per accontentare la morbosità dei lettori. Faccio notizia: signori e signore, guardate come è caduta in basso la star Karin Schubert” (1).

Il 20 maggio 1996, Karin tenta ancora il suicidio respirando gli ossidi del tubo di scappamento della propria auto. Se la cava ancora una volta ed è fuori pericolo con una prognosi di quindici giorni.

Karin ha pubblicato in Germania un libro sulla sua vita (da noi attende un editore) e forse pensare al passato le è servito a esorcizzare i fantasmi di una vita che non le ha dato molto. Una figlia che non vorrebbe nessun padre è il titolo di un’autobiografia molto autocritica ma che contiene pure un’accusa al genitore che l’ha violentata quando aveva solo undici anni. Karin confessa il 28 novembre del 1994 per la prima volta questo fatto terribile della sua infanzia, durante il programma televisivo Le inchieste di Enzo Biagi, trasmesso su Rai Uno (2). Karin ha un figlio tossicodipendente che vede poco, teme sempre per la sua vita, sa che può morire da un momento all’altro e pare che sia proprio questo figlio drogato la causa di tante scelte sbagliate della sua vita (3). Nata ad Amburgo, Karin si sposa molto giovane con un impiegato della Opel, ha da lui un figlio, fa la fotomodella e a ventisette anni viene in Italia per fare un film che non è mai uscito (La facocera del 1969). Karin resta in Italia dove comincia a lavorare molto, interpreta ruoli interessanti nel cinema d’autore, tanto che Edward Dmytrik la vuole nel suo Barbablù (1972) a fianco di Richard Burton. Gerard Oury nel 1971 l’aveva presa per Mania di grandezza con Louis De Founès e Yves Montand. Fa dignitosi film erotici come Riuscirà la nostra cara amica a rimanere vergine fino alla fine della nostra storia? di Hubert Frank (1971) e Il pavone nero di Osvaldo Civiriani (1972). Gira film con Franco e Ciccio, spaghetti western, decamerotici come Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda con la Fenech (che doppia in tutte le scene di profilo per via di un’operazione al naso della bella attrice francese). Nel 1980, per mantenere i vizi (e soprattutto le dosi) del figlio dedito agli stupefacenti, Karin accetta di fare un servizio fotografico per la rivista Men e le sue foto vengono affisse sui manifesti di mezza Italia. Dalle foto osè al cinema porno il passo è breve e Karin, spinta dalle necessità del figlio, aderisce all’invito di girare alcune pellicole con Rocco Siffredi che si invaghisce pure di lei e vorrebbe farci l’amore anche fuori dal set. Nel 1988 viene arrestata dalla polizia mentre sta girando un film hard in un ristorante e il suo ultimo film è Cappuccetto Rosso X dove, ormai avanti con l’età, fa la parte della nonna. Confessa che da quando ha smesso con il porno hanno tentato più di una volta di coinvolgerla in giri a luci rosse con squillo di alto bordo (4). Nel 1994 la questura di Viterbo fa un blitz nel Sibilla Club Privé, locale per scambisti ospitato nel Castello di Nepi. Viene fuori che il locale in realtà è una casa di tolleranza camuffata da club per soli soci e che giorni prima al suo interno erano state viste Karin Schubert e Marina Frajese (5). Non sappiamo quanto ci sia di vero in questa storia che le due attrici smentiscono con forza. La stampa spesso ha messo il nome della Schubert in connessione con fatti poco chiari e case clandestine scoperte nella zona di Roma e Terni. Karin Schubert, ormai ultrasessantenne, in tempi recenti è convolata a nozze con un uomo più vecchio di lei di almeno dieci anni. Lo stesso uomo che le è sempre stato vicino nella solitudine di una villa circondata da cani e silenzio, che le pagava l’affitto e la sosteneva. Karin aveva sempre detto di non essere innamorata di lui, ma alla fine ha ceduto e si è sposata forse per riempire il vuoto del suo triste viale del tramonto. 

Note

(1) Margherita De Bac – “Intervista a Karin Schubert” – da “Corriere della Sera” del 3 settembre 1994

(2) Le Inchieste di Enzo Biagi – Rai Uno, 28 novembre 1994

(3) Andrea Di Quarto e Michele Giordano – Intervista a Karin Schubert tratta da: Moana e le altre – Vent’anni di cinema porno in Italia – Gremese – Roma, 1997

(4) Intervista citata sopra

(5) Franco Grattarola e Andrea Napoli – “La lunga marcia del cinema a luci rosse” – capitolo otto – “Marina la dea dell’amore” – da “Blue”, ottobre 2003

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