“La cerimonia dei sensi”, l’opera più compiuta di D’Agostino, tratta da un racconto di Pasolini

Articolo di Gordiano Lupi

Antonio D’Agostino (Catanzaro, 1938), insegnante d’Arte all’Accademia di Venezia, autore di cortometraggi su artisti d’avanguardia, collaboratore (non accreditato) di Pasolini per Teorema (1969), che conosce sul set insieme al poeta Alfonso Gatto, è conosciuto soprattutto come regista di film hard. I soggetti dei suoi primi film – La cerimonia dei sensi (1979) e il più tardo L’intesa (1995) – nascono in stretta collaborazione artistica con i due poeti, frutto di evidenti contaminazioni culturali. La cerimonia dei sensi è l’opera più compiuta di D’Agostino, tratta da un racconto di Pasolini, ambiziosa da un punto di vista metaforico e politico, onirica e fantastica, ricca di citazioni e di riferimenti espliciti alla situazione italiana. L’intesa, invece, è la storia di un complesso rapporto a tre, nato da un’idea di Alfonso Gatto e interpretato da Eva Robin’s, la transessuale più famosa degli anni Ottanta – Novanta. La cerimonia dei sensi è girato a Brescia (in parte in Spagna) nel 1978 con il titolo in lavorazione di Dimensione delirio, che rende bene l’idea della storia, ma subisce una vera e propria manomissione da parte di un distributore scellerato che lo mette in circolazione nei redditizi circuiti a luci rosse, infarcito di sequenze porno girate da controfigure, presentandolo come il primo porno fantapolitico. Inutile la causa contro il distributore intentata da D’Agostino, il danno è ormai fatto e le intenzioni sociopolitiche del regista risultano del tutto vanificate.

Vediamo in breve sintesi la trama. Uno stunt-man rimane imprigionato nella macchina in fiamme, sogna, da un letto di ospedale, di essere il nuovo Messia. Prima si vede circondato dai rappresentanti del potere che lo bruciano avvolto in un lenzuolo, poi soccorre una giovane drogata assalita da quattro teppisti e s’innamora di lei, quindi entra in una villa dove rappresentanti del clero, politici, industriali e generali stanno facendo un’orgia, e li scaccia. Coinvolto in tumulti di piazza viene arrestato insieme a un gruppo di extraparlamentari di sinistra, ma riesce a fuggire. Compie miracoli, guarisce un cieco e gli trasmette il suo potere, fa camminare gli storpi, resuscita una sorta di nuovo Lazzaro. Il popolo scende in piazza, confortato dalla presenza del Messia, si scaglia contro il potere coinvolto negli scandali, chiede la giusta punizione per i colpevoli. Il potere corre ai ripari, il Messia viene catturato, rinchiuso in manicomio, torturato, flagellato, crocifisso. Quando si sveglia, lo stunt-man vede attorno al suo letto, in veste di medici, gli stessi uomini che, nel sogno, rappresentavano il potere ed erano i più feroci nemici del Messia. Un grido di terrore sancisce la fine della pellicola.

La cerimonia dei sensi è un film che avrebbe meritato ben altro destino, con la dovuta storicizzazione e conoscenza del periodo, si deve dire che le ambizioni di denuncia sono evidenti. D’Agostino cita Pasolini, sia Teorema – per l’idea del nuovo Messia che si aggira nel mondo – che Salò, in numerose sequenze estreme. Tra tutte basti pensare all’ultima cena (versione quadro di Leonardo) dove il potere riunito si abbandona a un’orgia a base di fellatio in compagnia di prostitute e transessuali, ma anche alla sequenza in cui vengono messi in primo piano gli escrementi umani degli squallidi partecipanti a un festino. Il regista cita Indagine di Petri, Cannibali della Cavani, ricostruisce il caso Pinelli in maniera esplicita con il famoso volo dalla finestra dopo torture e percosse per estorcere una confessione a un indagato. Un film ideologico, a progetto, molto anni Settanta, che fornisce un contributo alla spiegazione della strategia della tensione e che punta il dito verso un potere deviato che usa il terrore per affermarsi e per stabilizzare il suo dominio sul popolo. Atmosfere psichedeliche, viaggi onirici, droga, manifestazioni di piazza, attentati, terrorismo, servizi segreti deviati, il tutto accompagnato da una messa in scena perfetta, con la gelida fotografia di Caimi e la colonna sonora sintetica di Pezzera. Il messaggio è quello di Gaber e De André: se al mondo tornasse un Messia sarebbe perseguitato dalla polizia, finirebbe in manicomio, verrebbe recluso in galera, sarebbe messo in condizioni di non nuocere. Molte le sequenze erotiche, ispirate a Tinto Brass e a Pasolini, sempre piuttosto estreme, soprattutto durante l’ultima cena, che comprende il rapporto tra la transessuale Eva Robin’s (nei titoli solo Eva) – attrice feticcio di D’Agostino – e la bella Annj Goren (Anna Maria Napolitano, attrice di Joe D’Amato nei porno caraibici). Il potere non ci fa mai una bella figura, le accuse sono esplicite, mentre ragazze compiacenti si muovono come animali, a quattro zampe (citando scene di Salò), tra gli escrementi umani: “Avete ridotto il paese a una montagna di merda!” Grida il Messia. La polizia viene descritta come la mano violenta del potere, il clero come viscido e corrotto (un frate sembra il famoso Padre Eligio), i politici sono untuosi e falsi (uno dei ministri pare Amintore Fanfani). Bellissime da un punto di vista cinematografico alcune sequenze girate in una Brescia deserta dove si aggira un Messia allucinato, compiendo miracoli su ciechi e storpi, così come sono ben inserite le immagini d’epoca delle manifestazioni studentesche. Il potere infine prevarica il sogno di giustizia incarnato dal nuovo Cristo che subisce identica fine del predecessore, tra corone di spine e chiodi per la crocifissione: “Noi siamo la legge, la fede, la difesa della Nazione e allora ti condanniamo come il Messia che hai preteso di essere”. Pessimismo globale.

Purtroppo il grande lavoro di D’Agostino viene vanificato dalla distribuzione che – pur di vendere – distrugge un’opera d’arte e la trasforma in un porno da cinema a luci rosse, sorte infausta che smorza tutto il suo effetto dirompente. Esistono ben tre versioni del film, noi abbiamo visto quella originale voluta dal regista, senza inserti hard, ma la pellicola che circola di più è quella a carattere pornografico. In Francia il film esce solo nell’ottobre 1982 con il titolo La cérémonie des sens, dopo un tormentato iter per ottenere il visto censura, privo di momenti hard, arricchito da sequenze soft interpretate dalla pornoattrice Sandy Samuel. Destino simile subisce il successivo Eva man, con Eva Robin’s e Ajita Wilson, così come il sequel La pitoconejo (mai uscito in Italia, attributo al regista iberico Zacarías Urbiola), prodotti con la Spagna, infarciti di sequenze hard mai girate dal regista. A questo punto D’Agostino decide di passare al porno, genere redditizio negli anni Ottanta – Novanta, e di girare direttamente cinema hard, guadagnando dal suo lavoro in prima persona, senza farlo distorcere da altre mani. Siamo in presenza di un caso molto singolare, un regista che avrebbe voluto essere un artista e che è stato costretto dai casi della vita a recitare il ruolo di pornografo. In ogni caso il cinema hard di D’Agostino è di buona qualità – per quanto può esserlo un porno – girato con cura fotografica e buoni movimenti di macchina. Tra i suoi hard di culto citiamo la parodia di Batman, interpretata da Manlio Cersosimo: Bath – man del pianeta Eros (1982), ispirata a un delirante Flesh Gordon – Andata e Ritorno dal pianeta Porno statunitense, di Benveniste e Ziehm, del 1974. Per approfondire i temi del cinema hard in Italia si consiglia l’indispensabile Luce Rossa di Franco Grattarola e Andrea Napoli (Iacobelli Editore, 2014 – euro 29). Un libro unico nel suo genere, un po’ come il cinema di Antonio D’Agostino, che meriterebbe una riscoperta critica.

Regia: Antonio D’Agostino. Soggetto e Sceneggiatura: Antonio D’Agostino (da un racconto di Pier Paolo Pasolini). Paese di Origine: Italia, 1979. Genere: erotico, fantapolitico. Durata: 90’. Fotografia: (colore) Lamberto Caimi. Montaggio: Enzo Monachesi. Musiche: Gianluigi Pezzera. Produzione: Cooper Film. Distribuzione: Indipendenti Regionali. Interpreti: Franco Pugi, Ornella Grassi, Camillo Besenzon, Luca Emiliani, Eva (Eva Robin’s), Sergio Fiore Pisapia, Dina Castigliego, Valerio Fiorini, Pietro Fraticelli, Filippo Laneve, Mario Monetti, Eligio Boldrini, Antje Sironi, Giovanbattista Bussadori, Lella Morlotti, Sergio Castellini, Loreta D’Andrea, Luigia Cevasco, Hanry Chamignon, Paolo De Cristofaro, Anna Maria Napolitano (Annj Goren).

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