“Il materiale emotivo”, un’esistenza vissuta tra chiacchere, volumi rari e un quieto torpore

Articolo di Paolo Quaglia

Libraio parigino dedica la vita al suo negozio e alla figlia afflitta da misantropia congenita. Vincenzo vive in un universo sospeso, dove il negozio e soprattutto i suoi avventori lo accompagnano sul palcoscenico della vita. Un’esistenza vissuta tra chiacchere, volumi rari e un quieto torpore. In quest’universo a metà entrerà Yolande a scuotere la vita di Vincenzo portandolo a riflettere sulle certezze.

Arriva in sala Il materiale emotivo diretto e intrepretato da Sergio Castellitto Berenice Bejo e Matilda De Angelis. Il film è un tributo alla capacità di lasciarsi andare alle piccole gioie della vita. In una Parigi volutamente artefatta il regista confeziona una storia d’individui incapaci di vivere a pieno e paralizzati dallo scorrere del tempo. Albertine, la figlia di Vincenzo, ha rinunciato a qualsiasi iterazione sociale dopo un incidente e si affida alle cure del padre che prova a spronarla dal suo torpore.

La ragazza non riesce ad accettare la sua condizione di paraplegica e fatica a trovare uno stimolo per reagire. Un’atmosfera teatrale che potrebbe apparire eccessivamente intellettuale ma in grado di trasmettere quella serenità fatta da dialoghi che dilatano il tempo favorendo la riflessione. Da Hemingway a Proust fino a Wilde la citazioni scandiscono le giornate dei personaggi nel film tra una pausa e un sorriso smorzato.

Il materiale emotivo è uno spettacolo d’arte varia, ottimamente recitato, che mescola il teatro alla letteratura e il cinema alla fotografia con un effetto discreto e una buona dose di coraggio. La sceneggiatura è volutamente letterale per ovattare i sentimenti che Vincenzo prova per Yolande, al limite dell’eccessivo ma capace di non disturbare lo spettatore. La regia di Castellitto è coraggiosa e dichiaratamente esterna alla vicenda al fine di non disturbare quella porzione di umanità rappresentata. Un film asettico che mira a rappresentare esistenze aprendo a più riflessioni ma senza cercare l’empatia di chi guarda.”

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