Autonomia e indipendentismo siciliano: un concetto che affonda le sue radici nella storia

Articolo di Antonino Schiera

Le autonomie regionali, regolamentate da leggi e Statuti speciali, rappresentano spesso la moneta di scambio che lo Stato centrale concede per dare risposta e voce ai movimenti indipendentisti o scissionisti, moderandone le pretese. La scissione o il tentativo di confluire sotto l’egida di uno Stato diverso, sono eventi che i governi centrali, per ovvi motivi, non gradiscono, in quanto li impegnerebbero in estenuanti contrattazioni politiche se non addirittura in una guerra.

Un caso emblematico è rappresentato dal Trentino Alto Adige che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, rimase sotto la sfera d’azione del governo italiano, che riconobbe nella sua Costituzione del 1948 i diritti specifici di tutela della minoranza germanofona, concedendo lo status di regione italiana a Statuto speciale con particolari norme di tutela delle minoranze linguistiche non italiane presenti nel territorio. Nel 1972 l’accordo, dopo l’internazionalizzazione della questione sudtirolese dinanzi l’ONU e dopo le proteste sudtirolesi e dell’Austria per la mancata applicazione dei diritti autonomistici da parte italiana, venne aggiornato ed ampliato con l’istituzione della provincia autonoma di Bolzano, con ampie competenze e ambiti di autogoverno.

Un’altra regione d’Italia caratterizzata da movimenti indipendentisti e autonomisti, peraltro dopo secoli e secoli caratterizzati da invasioni e diverse dominazioni, è la Sicilia. La concessione dell’autonomia fu un modo per togliere vigore al separatismo, guidato dal Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, uscito dalla clandestinità dopo lo sbarco degli alleati nel luglio del 1943. Già durante il periodo fascista, seppur non venendo allo scoperto per evitare la repressione da parte del governo centrale, il M.I.S. (Movimento per l’Indipendenza della Sicilia) chiedeva l’affrancamento della Sicilia dallo Stato Italiano. Nel 1945 anche un’organizzazione paramilitare, l’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia (E.V.I.S.) guidato da Antonio Canepa, aveva come obiettivo uno Stato Siciliano indipendente. Svanì quasi subito invece l’idea che la Sicilia diventasse il 49º stato degli Stati Uniti d’America.

Il M.I.S. partecipò alle elezioni politiche del 1946 per l’Assemblea Costituente, dove ottenne 4 seggi, eleggendo, tra gli altri, Andrea Finocchiaro Aprile e Attilio Castrogiovanni. Successivamente il M.I.S. ottenne 9 seggi all’Assemblea regionale siciliana nel 1947. L’autonomia siciliana è quella particolare forma di governo della Regione Siciliana, disciplinata dalla legge costituzionale numero 2/1948, con riferimento pertanto allo Statuto speciale, a norma dell’articolo 116 della Costituzione Italiana, che l’ha dotata di un’ampia autonomia legislativa, amministrativa e fiscale.

Placatisi gli animi nel dopoguerra, se pensiamo, come detto, che si stava dando seguito all’idea di un esercito indipendentista, la storia della Sicilia ha un vissuto un periodo in cui non si è più parlato di autonomia e di indipendentismo, forse perché altre sono state le situazioni predominanti e tra queste il tentativo di affrancamento dalla criminalità organizzata e da una relativa crisi economica e lavorativa, dando per buoni gli studi e le analisi di settore.

A tal proposito il presidente del M.I.A.S. (Movimento per l’indipendentismo e l’Autonomia della Sicilia) Umberto Mendola ha tanto da dire e riporto una conversazione con lui avuta.

Ricordiamo intanto ciò che rappresenta il Manifesto Programmatico del M.I.A.S.: <Una legittima rivendicazione del popolo siciliano per la politica regionale. Il nostro obiettivo, con l’aiuto di tutti Voi, è l’applicazione di tutto lo Statuto Speciale Siciliano>.

“L’obiettivo del M.I.A.S. – dice Umberto Mendola – è la piena attuazione di uno Statuto speciale, firmato nel 1946, che è stato puntualmente violato dai partiti e dallo Stato italiano nel corso degli anni. Politici di ogni schieramento, di ogni partito si sono avvicendati sedendosi all’ARS facendo sempre in modo di non rispettare lo Statuto autonomo speciale. Per esempio, disapplicando l’articolo 36, 37 e 38, la Sicilia non trattiene, come prevede lo Statuto speciale, i soldi e i tributi maturati dalle imprese, dalle attività professionali e dalle attività artigiane: la tassazione viene interamente mandata a Roma, quindi la Sicilia è la regione che paga di più. La regione Lombardia paga 5,8 milioni di euro all’anno, invece la regione Sicilia paga 10 miliardi di euro, disapplicando quindi lo Statuto speciale.

In realtà la Sicilia sarebbe la regione più ricca d’Italia se fosse applicato ciò che prevede lo Statuto speciale. Con 10 miliardi all’anno potremmo rifare le nostre autostrade che sono pietose, potremmo rimettere in sicurezza tutti i ponti che via via vanno cadendo per colpa ovviamente degli agenti e del tempo che passa e potremmo dare vita alle nuove infrastrutture.

C’è da dire anche – prosegue Umberto Mendola – che esistono degli Uffici e delle amministrazioni che non dovrebbero esistere, per esempio le Prefetture: secondo l’articolo 15, sono soppresse tutte le circoscrizioni dello Stato italiano e tutti gli uffici che ne derivano. Quindi da una nostra interrogazione parlamentare viene fuori effettivamente che tuttora ci sono queste Prefetture che rappresentano lo Stato italiano in Sicilia, violando lo Statuto autonomo speciale, che vorrei ricordare essere carta costituzionale: l’Ars ha risposto alla nostra interrogazione ammettendo effettivamente che ci sono gravi problemi di costituzionalità”.

Umberto Mendola affronta anche una questione spinosa relativa alla lotta al coronavirus e alle contromosse legislative e dice: “Il M.I.A.S. sta raccogliendo consensi soprattutto dalle persone vessate dal green pass perché capiscono che una Sicilia veramente autonoma non recepirebbe una normativa così discriminante e vessante per i siciliani. Da più parti si parla di federalismo, autonomia e indipendenza, anche il nord ne parla spesso, sintomo di uno Stato centrale obsoleto e malato! Ai miei iscritti e a tutti i siciliani dico, basta abbassare la testa, e diventiamo realmente autonomi per difenderci da quello Stato centrale italiano che ha violato la nostra Costituzione, ovvero lo Statuto autonomo speciale siciliano dal 1946. Difendiamoci da quello Stato centrale italiano – prosegue Umberto Mendola – che ha soppresso illegittimamente la nostra Alta Corte per la Regione Siciliana, dalle Prefetture siciliane che violano l’articolo 15 del nostro Statuto Autonomo e ne è prova la risposta alla nostra interrogazione parlamentare all’ARS ove ammettono che <<vi sono problemi di incostituzionalità>>, che hanno causato la distruzione del fior fiore delle nostre migliori imprese sull’isola! Vedi la vicenda Cavallotti, Niceta e così via”.

Sicuramente sono queste rivendicazioni legittime ed importanti perché supportate da un accordo legislativo che a suo tempo è servito a placare gli animi, così come successo con l’Alto Adige. L’augurio è che si possa trovare la quadra, ovvero un equilibrio che tuteli gli interessi dei siciliani contestualizzati in un progetto politico di unità nazionale ed europeo. La Sicilia ha bisogno estremo di storie familiari ed economiche come quelle che hanno dato vita i Florio, con i loro successi imprenditoriali in tutto il mondo. I siciliani sono avvezzi a subire invasioni e dominazioni, ma con un conseguente arricchimento, e questo è un aspetto positivo, della loro storia, dei costumi, delle tradizioni, delle testimonianze architettoniche e, perché no, anche di una ricca e variegata gastronomia. Nel cosmopolita dna dei siciliani albergano e si duplicano elementi che danno vita a donne e uomini di grande cultura, intelligenza e sensibilità.

“La Sicilia è una discarica di intelligenze”, ha detto recentemente in un’intervista a La Repubblica il fotografo Oliviero Toscano. “Io non ce l’ho con la Sicilia ma con i siciliani”, ha tenuto a precisare Toscani. “Perché la Sicilia è la più grossa discarica di intelligenze che esista al mondo. In Sicilia trovi persone geniali, e sono tante, ma non riescono a emergere per colpa di un sistema fondato sul compromesso”. Sembra di assistere alla solita ed eterna battaglia tra il bene assoluto e il male assoluto che caratterizza la Sicilia. Il meraviglioso che si contrappone all’orrendo e non è soltanto una questione di denaro, ma una problematica legata all’ efficienza, alla legalità, alla valorizzazione della meritocrazia, concetti che intravedo nei ragionamenti del presidente del M.I.A.S. Umberto Mendola al quale auguro di potere realizzare il bene della Sicilia, dell’Italia e del mondo intero.

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