Apparizione di Fedez nella Grotta di Fatima

Articolo di Paolo Landi

Si legge che Fedez stia meditando di scendere in politica e viene in mente subito quella domanda che ossessionava Fantozzi: “Come mai la Madonna non appare mai in un’aula della Normale di Pisa”? E’ quindi vero che esiste da sempre una massa di pastorelli ignoranti pronti a credere a chiunque e a qualunque cosa, basta che abbia i crismi del soprannaturale, oggi attribuiti dall’unanimità popolare alla coppia, i Ferragnez, che trasforma in oro tutto quello che tocca? Partiamo da lontano. Il primo fu Silvio. Si stava divertendo e guadagnando molto con le sue televisioni con le quali operava un vero cambiamento “politico” della società italiana. Lui, che capiva il sentiment della provincia, perché la Normale di Pisa non sapeva nemmeno che esistesse, partì dalla bellezza, rivoluzionandone i canoni. Centinaia di sciacquine bionde con le labbra a canotto invasero le reti Mediaset, al confronto delle quali un’antica e autentica finezza contadina come Rosi Bindi o l’aristocratico aplomb di un Ugo La Malfa, supportati tutti e due dall’attrattività dell’intelligenza, sembravano una bestemmia. Le bionde col tubino nero diventarono la cifra estetica di un’Italia in discesa, che si confrontava con una modernità oggi diremmo “balcana” (senza offesa a quei paesi obiettivamente arretrati), rappresentata da enormi televisori col centrino sopra e una gondola veneziana, troneggianti nei tinelli. Dalle labbra siliconate al disprezzo per i libri e la cultura il passo fu breve. Fu Berlusconi che inventò la “varia”, facendo guadagnare un sacco di soldi alla casa editrice dei Meridiani con i libri dei calciatori e le biografie delle presentatrici di “Striscia la notizia”, teorizzando che bisognava pubblicare libri per i non-lettori, visto che chi leggeva i libri li comprava già. E fu sempre Silvio a scendere in campo portando sul prato secondo lui ingiallito della politica italiana una ventata di novità: sarebbero stati inseriti nelle liste del nuovo partito che aveva fondato chiamandolo con metafora calcistica Forza Italia, solo persone di bell’aspetto. Si capisce che i dirigenti dei partiti tradizionali, con le loro Frattocchie, le Fondazioni, le Scuole rimanessero spiazzati. Mentre annaspavano tirando fuori gioiose macchine da guerra e altre amenità sconfortanti, Berlusconi inseriva parole nuove nel gergo della politica: casting, head hunter, public speaking. L’inglese degli aeroporti fece irruzione nella selezione dei candidati, reclutati per guadagnare tempo dai cacciatori di teste tra i venditori di pubblicità delle tv del biscione. Berlusconi volle la lista dei più performanti ma, se tra loro c’era un Dentone qualsiasi, seppur bravo, veniva cassato per dare spazio al pirla che magari vendeva poco ma aveva un sorriso accattivante. Per vent’anni l’Italia è stata guidata da questa forza-vendita, che traghettò il Paese dal lessico criptico di un Aldo Moro e dalla complessità ideologica di un Berlinguer verso gli slogan, le frasi fatte e brevi di questi uomini sandwich per i quali la cosa pubblica si saldava all’audience, e la possibilità di convincere a votarli era tutt’uno con i consigli per gli acquisti e le vittorie della squadra di famiglia, il Milan. Mentre le librerie inauguravano i saldi, mai visti prima (Walter Benjamin o Marcel Proust deprezzati “fino al 70%”: ci volle del tempo per capire che poteva essere anche cosa buona, il cortocircuito tra il valore dell’opera e il suo prezzo altalenante fu uno choc che costrinse a guardare al libro come a una merce qualsiasi) anche la politica subiva questo trattamento di modernità che preludeva – e in questo bisogna riconoscere a Silvio una certa capacità divinatoria – alla mercificazione populista successiva. Ed eccoci a Beppe Grillo. Il nostro Michael Moore, il comico che però scriveva su Internazionale, quello che nei suoi spettacoli faceva riflettere sulle ingiustizie ambientali e sociali, perde improvvisamente la ragione. Scopre che gridando “Vaffanculo” prima alle platee dei suoi spettatori poi nelle piazze provoca applausi, la gente capisce quella parolina magica e si dimostra disponibile a seguire il pifferaio. Qui il degrado avviato da Berlusconi trova il suo compimento, in maniera addirittura più tragica. L’ignoranza è esaltata, il disprezzo per la complessità espresso senza complessi, il progresso tecnologico ridotto alla visione piccina degli ingegneri di provincia e dei tecnici IT che il Movimento 5 Stelle reclutava perché Grillo, dopo aver preso a mazzate un computer nudo su una spiaggia, poi ne era rimasto affascinato, come il mio bisnonno dai prodigi del motore a scoppio, e aveva scelto come guru un modesto proprietario di un’agenzia che faceva siti web, Gianroberto Casaleggio. C’è ancora qualcuno che ne parla come di un “visionario”, perdendo di vista quella furbizia popolare che sempre muove figure come quelle, certo non dei Bill Gates, certo non degli Steve Jobs, solo abili bottegai impegnati a far muovere il registratore di cassa. Di Maio, Di Battista, Toninelli, la Lombardi, la Castelli, con le loro dirette streaming, già archeologiche quando loro le presentavano come il non plus ultra del moderno, hanno compiuto il disastro. E preparato la strada a Fedez. Magari è solo una trovata per vendere la sua ultima compilation o la sua ultima T-shirt ma il fatto che il cantante abbia registrato un marchio o un dominio – non ha importanza, oggi sono spesso la stessa cosa –  “Fedez Elezioni 2023”, è già un altro colpo grave assestato all’autorevolezza della politica, minata da trent’anni di berlusconismo e di grillismo. Come se la politica (una cosa che fa schifo, secondo la moglie di Fedez, se ci fosse bisogno di rintracciare la radice profonda da cui nasce la trovata del coniuge) potesse essere fatta da chiunque, non perché la democrazia e la costituzione lo consentano, ma perché è legittimo impastare le mani in qualcosa che può trasformarsi in un utile tornaconto. Ed ecco che tutte queste azioni di tycoon, comici e cantanti, supportate dalle masse popolari che credono così di sconfiggere le detestate élite, i banchieri che governano e i virologi che ci tolgono la libertà, non fanno altro che penalizzare i meno abbienti, i meno attrezzati, i pastorelli insomma che credono all’apparizione delle Madonne nelle grotte. Mentre nelle aule delle Scuole Normali si decide, forse ancora più indisturbati di prima, il loro futuro.

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