Si può parlare di periodo pre-Carrà e post-Carrà? 50 anni fa il Tuca Tuca cambiò il volto dell’Italia

Articolo di Armando Giardinetto

Sono passati ormai cinquant’anni da quando, per la prima volta, nel novembre del 1971, la Signora dello spettacolo internazionale, Raffaella Carrà, ballava il Tuca Tuca che, in fase di gestazione, doveva chiamarsi “Tocca Tocca”.

Il Tuca Tuca, che oggi tutti conoscono, dai più grandi ai più piccini, sembra veramente una canzoncina da quattro soldi e, in effetti, è chiaramente un motivetto molto semplice da cantare, ballare e ricordare, tuttavia c’è molta storia dietro le strofe di questo ormai famoso balletto.

Oggi la canzone in questione fa solo sorridere eppure, quando uscì nel 1971, innescò una serie di vicende pazzesche: fece tremare la Cattedra di San Pietro.

Innanzitutto va detto che il Tuca Tuca fu scritto da Gianni Boncompagni e da Franco Pisano, arrangiato da Paolo Ormi; esso fu il quinto singolo di Raffaella Carrà, preceduto da altri singoli dello stesso anno – “Chissà se va” e “Perdono, non lo faccio più” – e seguito da altrettanti singoli – “Maga maghella” e “Papà”. La canzone pop venne pubblicata e distribuita in Italia dalla RCA e venne ballata per la prima volta in televisione – dalla stessa Carrà e dal suo ballerino personale, il coreografo Enzo Paolo Turchi – il 13 novembre, durante la sesta puntata di Canzonissima 1971, un prodotto della RAI.

La scenografia del ballo fu, invece, curata da Don Lurio: i due ballerini in questione, mentre Raffaella cantava “Mi piaci; ti voglio”, si toccavano a vicenda le ginocchia, i fianchi, le spalle e la fronte, alternandosi e incrociando le braccia. Sia la Carrà che Enzo Paolo dovevano assolutamente mostrarsi alle telecamere girati di tre quarti, mentre ballavano, perché altrimenti poteva sembrare che, invece dei fianchi, si toccassero altre vietatissime parti del corpo, ma questa prudenza non bastò, tanto è vero che successe il finimondo tra i benpensanti del Bel Paese. Infatti, mentre i telespettatori di un’Italia di inizio anni ’70 apprezzarono molto la semplicità di questo ballo e ne capirono subito l’innocenza, non fu così per coloro i quali abitavano tra le mura del Vaticano e per gli italiani conservatori, che vedevano nel balletto la volgarissima espressione dell’erotismo. Il Vaticano, dunque, pubblicando articoli denigratori contro la Carrà la quale, secondo quelli, toccava troppo il corpo del ballerino davanti a lei, chiese la rimozione immediata del peccaminoso ballo e la RAI, di conseguenza, avviò la censura. Il Tuca Tuca, però, doveva avere un altro destino, altro che quello di essere cancellato per sempre dalla storia dell’umanità; la stessa Raffaella Carrà, infatti, si è trovata a ballarlo lungo tutto il corso della sua carriera con molti personaggi dello spettacolo, tra cui Corrado, Panariello, Gianni Morandi, Del Piero, Vittorio Sgarbi, Nino Frassica, Pino Insegno e, persino, Patty Pravo, senza dimenticare quando ultimamente Raffaella lo ha ballato con Fiorello – nella prima puntata della prima serie di “A raccontare comincia tu” – in una versione, diciamo così scherzosamente, “da anziani”, seduti sul divano; persino Madonna, nel 2012, omaggiò Raffaella Carrà ballando il Tuca Tuca in uno dei suoi tour in giro per il mondo.

Dopo l’articolo che uscì su “L’Osservatore Romano”, una timorosa ma grintosa Raffaella, nell’ottava puntata di Canzonissima 1971, ripropose il balletto – ripresentandosi col suo grazioso ombelico “a tortellino” mostrato in bella vista sotto un toppino corto e sopra un pantalone a vita bassa – ballandolo con l’indimenticabile Alberto Sordi che, molto simpaticamente, addirittura quasi toccava i seni di Raffaella.

La Carrà, anni dopo, raccontò: “C’era Alberto Sordi che veniva da me… So che hai fatto ‘na cosa, vengo da te a Canzonissima, ma solo se possiamo ballarla’. Non potevano dire di no a Sordi. Fu memorabile: mi sfiorava i seni con la punta delle dita, senza toccarmi. E io a lui: ‘Albè, stavolta ce cacciano’. Come cambiano i tempi. Era una cosa così pulita”. Qualche sera prima della trasmissione, infatti, Alberto si trovò a cena a casa Carrà e lì, vedendo la semplicità e la simpatia del Tuca Tuca, decise di volerlo ballare davanti alle telecamere. Da quella sera il Tuca Tuca superò di botto tutti i precedenti motivi di veto e venne legittimato. Il successo fu così grande che mai più nessuno lo vide come un ballo erotico, infatti tutti gli ospiti maschi che andavano a Canzonissima 1971 non potevano non ballare il Tuca Tuca con Raffaella.

Nel video originale della canzone, Raffaella appare vestita con un completino rosso molto aderente e balla con un vecchietto, un vigile, un passante con il suo cane, un ragazzo giapponese, un bambino e un uomo con addosso una sorta di kilt, tutto avviene con estrema innocenza e simpatia.

Alberto Sordi, in qualità di ospite, incontrò Raffaella un’altra volta, nel 1985, durante la trasmissione “Buonasera Raffaella” e, mentre la Carrà cantava una delle sue canzoni più belle – “L’uomo ideale” – si avvicinò chiedendole scherzosamente: “Ma ti ricordi, Raffaella, quando ballammo insieme il Tuca Tuca? Te lo ricordi, che emozione? Avevi il tuo ballerino personale, ma a che ti serviva? Ti girava attorno con quella capoccia ossigenata, ma il brivido chi te lo ha dato? Sono stato io! Ti ricordi che salto facevo con il mio dito, come centravo il tuo ombelico?”, regalando al pubblico una nuova bella smorfia rivolta a chi, anni prima, era stato un “osservatore” troppo chiuso all’emancipazione femminile e giovanile.

Si può certamente parlare di emancipazione perché il Tuca Tuca ha cambiato per sempre le abitudini dell’Italia di quegli anni e il mezzo Carrà fu l’arma vincente poiché Raffaella, apparendo con l’ombelico scoperto e cantando: “E quando ti guardo, lo sai cosa voglio da te, ah-ah! E quando mi guardi, lo so cosa tu vuoi da me”, divenne inevitabilmente il simbolo rivoluzionario del femminismo e della libertà. Insomma Raffaella, col Tuca Tuca, senza ombra di dubbio segnò un cambiamento sociale senza precedenti; un cambiamento italiano che è parte di un periodo che possiamo definire post-Carrà.

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