Se alla violenza fisica si aggiunge la violenza psicologica del Revenge Porn

Articolo di Francesco Pira

In queste ultime ore la cronaca regionale, e nazionale, riporta un orribile caso di violenza. Quattro ragazzi, due di 20 e gli altri due di 21 anni, sono stati arrestati dai Carabinieri del comando provinciale di Catania perché indagati, a vario titolo, di “violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti ed estorsione”. Nei confronti dei quattro è stata eseguita un’ordinanza cautelare emessa dal Gip.

L’inchiesta è ancora in corso e non è ancora avvenuto il contradditorio degli indagati. La vittima, una ragazza di vent’anni, ha denunciato quanto avrebbe subito dal novembre 2019 al maggio 2021.

Il Fatto Quotidiano riporta che: “La ventenne – che per due anni ha scelto il silenzio – era la fidanzata di uno di loro e sarebbe stata anche costretta ad avere rapporti sessuali con gli altri con la minaccia della diffusione di un video intimo girato con un telefonino in un garage. Filmato che sarebbe stato anche utilizzato per chiederle soldi. C’è anche un altro indagato, un sedicenne su cui indaga la Procura per i minorenni”.

Ma non è tutto: “La ventenne avrebbe scoperto che il suo fidanzato aveva un’altra relazione con una sua coetanea e ha minacciato di rivelarle tutto e danneggiato il fanale posteriore dell’autovettura del giovane. Lui avrebbe iniziato a usare il video intimo, ripreso con lo stesso cellulare della vittima, e lo ha inviato a uno degli indagati, come strumento di rivalsa per impedirle di rivelare la sua doppia relazione e come strumento di ricatto per estorcerle denaro con la minaccia di fare arrivare il filmato ai suoi genitori. Ma la vittima, ricostruisce la Procura di Catania, sarebbe stata sottoposta ad ulteriori violenze sessuali, in particolare dal suo a quel punto ex fidanzato che, ancora con la minaccia della diffusione del video, l’avrebbe costretta a subire un rapporto coinvolgendo anche il minorenne nonostante lei fosse contraria”.

Stiamo assistendo, non è il primo caso di cui discutiamo, ad un ribaltamento di quello che sono i valori di riferimento che per noi erano fondamentali. Casi di questo genere sono accaduti già in Italia e attraverso questo episodio la cronaca ci restituisce, in maniera cruda, una doppia violenza ovvero: una violenza fisica unita alla violenza psicologica, generata dalla paura della diffusione di determinate immagini.

Commentare un episodio di cronaca su cui stanno lavorando gli inquirenti vuol dire correre il rischio di entrare in un meccanismo di divisione tra innocentisti e colpevolisti e il problema non è certamente questo. Oggi, diamo per scontato che far passare delle immagini intime, attraverso la rete, è qualcosa di normale e naturale. Invece, serve invertire subito la tendenza. Questa storia si è verificata a pochi giorni di distanza da tantissime manifestazioni contro la violenza sulle donne.

L’attività di sensibilizzazione deve essere continua e non solo il 25 novembre o l’ 8 marzo. Purtroppo, gli strumenti legislativi come quello sul revenge porn, di questo si tratta, non sono ancora sufficienti. La coppia decide di girare un video in un momento d’intimità, ma dopo la separazione uno dei due partner decide di pubblicare tutto sul web per vendicarsi. Scoprire la pubblicazione in rete di uno dei propri momenti personali, può generare senso di colpa e vergogna con conseguenze estreme per la vittima. Tanti i casi di suicidio che si sono verificati dopo il revenge porn.

Siamo in un’era in cui spettacolarizziamo tutto: il dolore, la violenza e anche la nostra intimità e questo è un dato allarmante. Quando uno dei due partner decide di usare le immagini girate durante un rapporto sessuale, per ricattare l’altro, viene meno “il patto” che può esserci in una coppia legata da un sentimento duraturo o anche solo momentaneo.

La maturità dei ragazzi di vent’anni non è quella che tante volte ci aspettiamo, poiché non riflettono sulla possibilità che una ripresa fatta con uno smartphone, in un momento di eccitazione, può poi diventare pericolosa. Dobbiamo agire e lavorare tantissimo su due direzioni: l’educazione ai sentimenti e l’educazione al rispetto del proprio corpo e di quello degli altri. Inoltre, serve un corretto uso delle tecnologie per andare a prevenire fenomeni di devianza che riguardano reati come il sexting e il revenge porn.

Sensibilizzare gli adulti e i genitori. Dar vita ad una scuola per genitori e aiutarli a comprendere quali sono le grandi opportunità e anche i rischi che sono presenti in rete. I ragazzi che hanno commesso questi reati, forse, non avevano nemmeno la consapevolezza di quello che stavano compiendo. Adesso, molte vite saranno rovinate da questa assurda e crudele vicenda. Le scuole e le università stanno lavorando per sensibilizzare i giovani sul tema della violenza contro le donne.

Non c’è dubbio che le istituzioni tentano di fare la loro parte, ma il vero problema è culturale. Noi dobbiamo puntare ad un cambio di tendenza e lavorare per assicurare, giorno dopo giorno, il rispetto degli altri esseri umani.

I dati dell’odio sul web mettono in evidenza che le donne sono il bersaglio più semplice da raggiungere, seguite dagli omosessuali, i disabili, le persone con un colore della pelle diverso rispetto al nostro e le persone che hanno una religione diversa dalla nostra. Queste percentuali di odio manifestato sul web ci devono far riflettere sul cammino intrapreso dalla nostra società e sui tanti “ismi” che la stanno caratterizzando: cattivismo, egoismo e pessimismo. Troppi haters in rete, nascosti dietro ad uno schermo, scaricano la loro rabbia e la loro frustrazione sui poveri malcapitati. Non possiamo permettere che la cattiveria travolga le persone più fragili.

Dobbiamo rispolverare due valori fondamentali: il rispetto dell’altro e l’amore per l’altro. Il rispetto è sancito dalla nostra Costituzione e abbiamo il dovere di metterlo in pratica, perché mentre stiamo ancora discutendo è stata uccisa un’altra donna e un’altra è stata violentata ferocemente.

Foto: 105.net

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