Un omaggio a Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Articolo di Pietro Salvatore Reina

Il 23 dicembre 1896 nasce a Palermo, da una famiglia aristocratica (quella dei principi di Lampedusa, duchi di Palma e Montechiaro) Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Dopo la morte della sorella maggiore Stefania rimase figlio unico. Fu molto legato alla madre che gli insegnò il francese e che assieme alla nonna gli leggeva i romanzi di Emilio Salgari. Negli anni 1910-1915 frequenta il Liceo Classico dapprima a Roma e poi a Palermo. Nel 1915, nell’Urbe, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza. Nello stesso anno viene chiamato alle armi. Partecipa come ufficiale di artiglieria alla Grande Guerra e nella battaglia di Caporetto fu catturato dagli Austriaci che lo imprigionarono in Ungheria. Riuscito a fuggire, tornò a piedi in Italia.

L’amore e la compagnia della madre lo accompagnano anche nello studio delle maggiori letterature europee e non solo.

Nel 1925 compie un viaggio a Genova in compagnia del cugino Lucio Piccolo, dove si ferma alcuni mesi collaborando alla rivista letteraria Le opere e i giorni.

Nel 1932 sposa Alexandra Wolff Stomersee, una studiosa di psicoanalisi.

Nel 1954 sempre in compagnia del cugino Lucio Piccolo conosce Eugenio Montale e Maria Bellonci. Negli ultimi anni della sua vita si dedica alla narrativa. Il Gattopardo è un romanzo, insieme storico e autobiografico, forte e potente che da sempre l’uomo e lo scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa custodisce nel «libro della sua memoria». È un romanzo, pubblicato postumo, che costituisce un clamoroso «caso letterario». Viene pubblicato l’11 novembre 1958. Vince il Premio Strega nel 1959. Diviene popolarissimo, nel 1963, grazie alla riduzione cinematografica dell’aristocratico e grandissimo regista Luchino Visconti.

Il libro – docet il professore e critico letterario Giuseppe Petronio – «si collega alla narrativa ottocentesca siciliana (Luigi Capuana, Giovanni Verga ma soprattutto il napoletano ma siciliano d’adozione Federico De Roberto). È, in apparenza, un romanzo storico sulla società siciliana nel periodo tra lo sbarco delle truppe garibaldine e la fine del secolo XIX, ed è centrato sulle vicende del protagonista, il principe Fabrizio Salina, e del nipote Tancredi, che dopo aver combattuto nelle file garibaldine si inserisce, come già il Consalvo di De Roberto, nel nuovo ordine borghese. Ma negli eventi e negli affetti di allora il Tomasi di Lampedusa proiettava la “delusione storica” del secondo dopoguerra, dando voce a una sua sfiducia, malinconica ed elegiaca, nella storia e nelle sue possibilità di riscatto o progresso. “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” dice il nipote al protagonista: è questa la morale amaramente cinica del libro» (G. Petronio, Attività letteraria in Italia. Storia della letteratura italiana, 1991, p. 1017).

Il Gattopardo è un romanzo sul Risorgimento visto, analizzato dal Sud. Ma Tomasi di Lampedusa non è l’autore di un solo libro, non è solo l’autore de Il Gattopardo. Nel 1961 è pubblicato il volume di Racconti. In questo volume emerge il racconto La sirena, precedentemente chiamato per volontà della moglie, Lighea: una fantastica storia d’amore fra un giovane grecista e una sirena. Un altro racconto molto interessante ma soprattutto il più vicino come materia a Il Gattopardo è il racconto I gattini ciechi.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, infine, è anche un autore, aristocratico per nascita e per educazione, di alcune raccolte di saggi: Lezioni su Stendhal (1971), Invito alle lettere francesi del Cinquecento (1979) e Letteratura inglese (1990-1991).

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