Rino Martinez (Ali per Volare): “Il mio impegno in favore dei bambini del Congo”

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Rino Martinez è un cantautore che ha raggiunto l’apice del successo partecipando a eventi importanti come Festivalbar o il Festival di Sanremo. Ma in lui c’è da sempre un’anima da missionario laico, anzi come lui stesso si definisce da “cantautore missionario”.

L’intervista

Dal Festivalbar (1981) al Festival di Sanremo (1982) alla pubblicità in televisione (la voce che cantava “C’è un cuore di panna per noi” è la sua) alle missioni in Congo per salvare tanti bambini. Chi è Rino Martinez, “cantautore missionario”?

“Fin da bambino avevo le idee chiare sul fatto che dovessi aiutare, difendere i più deboli e dimostrare con i fatti la mia piena solidarietà alle figure più fragili. Da piccolo ho vissuto in collegio, una palestra di vita che mi ha forgiato e indurito, dove ho conosciuto due fratellini Africani con i quali ho condiviso giochi, la scuola e la camerata dove dormivamo in tanti. L’Africa è entrata nella mia vita a 9 anni e ringrazio Dio per questo, in quanto ciò mi ha permesso di vivere giorno per giorno con i miei coetanei di un’Africa saccheggiata e dimenticata, vittima di terribili ingiustizie e vedere il mondo a colori senza alcun pregiudizio e con la voglia di cantare, studiare e giocare insieme. Franco Franchi, Pippo Baudo e Franco Migliacci, furono tra i primi a credere in me e ricordo che nel 1980 lasciai la mia città per andare a vivere a Roma dove fui notato da tanti produttori discografici e amici come Renato Zero che sosteneva allora che io potessi diventare il Neil Sedaka italiano ed ancora il Maestro Pippo Caruso che mi volle a “Domenica in” con il grande coro “Gruppo aperto”. Arrivai alla RCA per registrare cartoni animati e collaborare come vocalist per le pubblicità e programmi televisivi del sabato sera. Di lì a poco, arrivo una proposta dal produttore discografico italiano Paolo Dossena, che mi propose un contratto allettante che mi consentiva di andare subito al Festivalbar con “Caramella” con la Ricordi ed avere come compagna nel 45 giri in tutti i JukeBox d’Italia la grande Grace Jones. Nel 1982 arrivò il Festival di Sanremo con “Biancaneve”. Continuai ancora per poco a realizzare brani orecchiabili ai quali devo tanto, ma sentivo il bisogno di scrivere e cantare la vita, il disagio dei giovani vittime dell’Aids e di scelte sbagliate, volevo esprimere il mio talento attraverso brani impegnati socialmente e dovetti lasciare il mondo dorato per iniziare un percorso più difficile ma coerente perché era il vestito giusto che anelavo e che mi ha preparato a diventare cantautore e missionario laico in Africa e non solo”.

Sempre in prima fila: in Africa non va nelle città ma nelle foreste dove c’è  più bisogno di aiuto e dove gli altri non arrivano. E dove la vita è diversa.

“Per anni ho operato nei due Congo nei quartieri più degradati delle città metropolitane per sostenere gli orfanotrofi, i bambini soldato e centinaia di bambini di strada, e tra questi il piccolo Dieu Merci che riuscii a fare adottare presso una famiglia di architetti locali. Il mio impegno in Congo a favore dei bambini soldato e bambini sfruttati, le mie testimonianze suffragate da immagini video e reportage sulle drammatiche realtà e ingiustizie perpetrate a danno di bambine e bambini abbandonati o rapiti, crearono attorno a me preoccupazione da parte dei governanti. Fu il Cardinale Etsou a salvarmi. Purtroppo, questo santo uomo di Dio, che amava il suo popolo dopo qualche tempo fu trovato morto e al suo funerale milioni di persone scesero in piazza a Kinshasa ed in tutto il Congo per onorare e piangere un uomo che cristianamente aveva donato se stesso, la sua vita per difendere la dignità del suo popolo. La morte del cardinale di Kinshasa Mons, Frederic Etsou, mi indusse dal 2007 a non recarmi più a Kinshasa, nella Repubblica democratica del Congo. Con grande sofferenza decisi comunque di non abbandonare i miei fratelli  in Congo e dopo avere avuto ricevuto l’incredibile notizia da parte del Presidente dell’Unicef del Congo Francese Michel Ndjaie che il popolo più antico della terra “i Pigmei” erano a rischio estinzione a causa di gravi patologie endemiche e malnutrizione infantile diffusa, decisi di esplorare una vasta area del nord del Congo al confine con il Centrafrica e la Repubblica, esplorazione durata circa due anni che mi permise di scoprire e conoscere una realtà per la quale decisi di programmare per gli anni successivi una “clinica mobile itinerante” che entrasse nei tanti villaggi disseminati all’interno della foresta equatoriale per portare medici, infermieri e medicine, al fine di curare tutti gli autoctoni indistintamente Pigmei e Bantou con patologie come: lebbra, pian, amibè, tbc, aids, ebola, malnutrizione etc..  che chiamai “Missione cuore per la vita”. Dal 2007 sono presente costantemente con la mia equipe in almeno 4 regioni, dove abbiamo, fino ad oggi, curato almeno duecentocinquantamila autoctoni figli di Dio. La vita dentro la foresta è molto dura, le grandi piogge, la mancanza di vie di accesso, le zone impervie, la totale mancanza di acqua potabile, la mancanza di igiene e prevenzione, gli animali e la mancanza di presidi sanitari sono la causa della mortalità e morbilità diffusa e invisibile agli occhi dell’umanità.

Una vera e proprio mission della quale sono beneficiari soprattutto i bambini.

“I bambini della grande foresta sono vittime innocenti della indifferenza del mondo. La mancanza di cibo, medicine, acqua potabile e igiene non permettono il normale sviluppo di queste vaste aree della foresta primitive e dimenticate. La malnutrizione in Africa è un flagello e i numeri sono a dir poco spietati. Ogni giorno muoiono circa 7000 bambini; un silenzio colpevole in un mondo distratto che li rende invisibili. Da tanti anni i miei reportage mostrano al mondo una terribile verità conosciuta ed apprezzata, purtroppo, da un numero ristretto di persone che con amore e carità ci sostengono, ma la maggior parte dei media  tace sulle mie missioni che raccontano di una Africa abbandonata al suo triste destino, seppure in molti sanno bene che il Congo è ricchissimo di risorse naturali e minerali saccheggiate dai potenti di turno. Offro il mio impegno missionario perché renda giustizia, soprattutto ai più piccoli che con la sola carità e tanto amore ricevono ancora oggi le cure necessarie a garantire salute e dignità”.

Perché l’Africa? E perché la Repubblica Democratica del Congo?

“Ho un ricordo preciso del giorno in cui si accese in me una scintilla che deflagrò nella mia testolina incuriosita da alcune immagini che la televisione di allora trasmetteva su uno dei tre canali RAI. Ero in collegio e ci era consentito di vedere la TV soltanto una volta a settimana. Proprio quella sera mi colpirono le immagini di bambini africani così piccoli, sofferenti, magri e scheletrici al punto che quasi non respiravo dal dolore che attanagliava il mio cuore nel vedere questa immane tragedia che arrivava dal Biafra dove le guerre e la carestia provocavano ingiustizie che non riuscivo a sopportare; perché tutto questo, perché quei bambini nudi e devastati dalle micosi e dalla sporcizia non avevano nulla da mangiare…Fu quel giorno che decisi che da grande sarei andato in quei luoghi a portare da mangiare ai bambini più poveri della terra e un giorno Dio mi diede le Ali per volare in Congo e così diventare missionario laico per donarmi come Madre Teresa ai lebbrosi, ai bambini malnutriti, malati, ai bambini di strada, agli orfani, ai diseredati e ultimi della terra”.

In Congo (e in molti paesi africani) esistono malattie di cui non si parla mai

“In Congo, come in tanti altri paesi dell’Africa sub-sahariana, le patologie più diffuse e presenti sia nelle foreste che nei centri urbani sono legate soprattutto alle epidemie dovute essenzialmente alla mancanza di igiene, acqua potabile e prevenzione. Tra le patologie che incontriamo nei villaggi remoti della foresta equatoriale, dove vivono gli autoctoni di etnia Pigmea, dal 2007, curiamo efficacemente questa infezione batterica provocata da spirochete “treponema palladium” denominata Pian (framboesia), che provoca lesioni invalidanti. I bambini sono tra i più colpiti e il contagio avviene principalmente per contatto diretto. Altra patologia endemica riemersa negli ultimi due anni con maggiore veemenza e pericolosità – la “Lebbra”. Le nostre periodiche missioni itineranti: “Cuore per la vita”, ci hanno permesso negli anni precedenti di ottenere risultati di assoluto rilievo, riducendo sensibilmente il numero dei contagiati con una guarigione di almeno il 30% dei bambini e adulti curati dai nostri medici con Penicillina Retard e Azitromicina; così come la lebbra, malattia infettiva causata dal batterio Mycobacterium leprae. Si trasmette per contatto a lungo termine con persone affette da lebbra. I farmaci impiegati nella cura della lebbra sono gli antibiotici. Il trattamento della lebbra, prevede la cosiddetta terapia multi-farmaco tesa a ridurre l’edema e l’infiammazione. La cura della lebbra è un trattamento composto da due antibiotici: il dapsone e la rifampicina. A questi due farmaci si può aggiungere un ulteriore principio attivo: la clofazimina, che deve essere assunta quotidianamente sotto tutela sanitaria di medici esperti e preparati adeguatamente che noi di Ali per Volare consideriamo fondamentale per raggiungere gli obiettivi fissati, in quanto la terapia prevede una durata che va dai sei mesi fino a due o più anni rispetto alla gravità ed alla reazione del paziente in questione. Purtroppo in questi ultimi due anni a causa della pandemia Covid 19, la presenza di gruppi sanitari all’interno delle foreste si è ridotta notevolmente e pertanto la mancanza di cure specifiche e periodiche per queste due patologie ha provocato un forte aumento dei casi che preoccupano l’intera comunità che preoccupata, soffre il ritorno di una recrudescenza inaspettata, soprattutto nella parte nord del Congo, nella regione Likouala al confine con il Centrafrica dove oltre alle drammatiche patologie riemerse, vi è in atto una drammatica guerra civile”.

Qui a volte manca anche la fonte primaria della vita: l’acqua. E quando c’è, non è potabile. 

“L’acqua, fonte di vita per l’umanità intera non è garantita alle popolazioni della foresta in Congo così come in buona parte dell’intera Africa. Senza acqua potabile la gente si ammala perché costretta a bere l’acqua del fiume o peggio ancora nel lungo periodo di siccità, bevono l’acqua dello stagno dove normalmente fanno i propri bisogni gli animali. Questa è la triste realtà che riscontro da tanti anni vivendo con i pigmei nelle loro capanne in questi habitat straordinari ma che purtroppo rappresentano un handicap per la totale mancanza di servizi e acqua potabile, perché l’acqua è vita”.

Tante difficoltà. Eppure, non ci vorrebbe molto per aiutare queste persone se non a stare meglio almeno a vivere. Un semplice depuratore per non far bere ai bambini acqua non potabile costa pochissimo. Invece…

“E’ vero non ci vorrebbe molto per risolvere il problema annoso e drammatico del bene primario l’acqua; basterebbe dotare di filtri e depuratori gli innumerevoli villaggi disseminati nella grande foresta o addirittura costruire sistemi idrici di acqua potabile. Ciò che manca per realizzare un diritto sacrosanto a garanzia della salute a partire dai bambini è la volontà politica di chi nel mondo dovrebbe investire in maniera mirata e con strategie concordate con l’ausilio di esperti geologi, architetti, aziende del settore idrico, biologi e addetti ai lavori attraverso un piano nazionale un progetto che preveda un sistema idrico diffuso di acqua potabile con l’apporto fondamentale dell’energia elettrica. Noi di Ali per Volare, dal 2008, abbiamo il merito di avere realizzato in diversi villaggi pozzi di acqua potabile a favore di presidi ospedalieri e villaggi primitivi con finanziamenti del mondo rotariano”.

Il Congo un paese di cui in Occidente si parla solo per lo sfruttamento delle risorse di cui è ricchissimo. Nessuno parla della povertà e delle guerre che da decenni devastano il territorio.

“In effetti i due temi dovrebbero sovrapporsi e camminare a braccetto, perché l’uno è lo specchio dell’altro. Le immense risorse naturali di cui dispone questa terra ricchissima e cioè: diamanti, oro, coltan, legno (alberi), petrolio e tanto altro, appartengono alle multinazionali ed oligarchie internazionali che sfruttano in toto queste sterminate ricchezze del Congo Belga e Congo Francese per i propri esclusivi interessi di parte e di nazioni che ancora oggi, seppure in maniera surrettizia detengono proprietà e potere di vita e di morte, lasciando i due Congo, in assoluta e totale povertà, privando le popolazioni autoctone di tutti i servizi necessari (ospedali, scuole, elettricità, trasporto, viabilità), negando il quotidiano e normale svolgimento di una vita civile e democratica. Purtroppo, nessuno parla delle povertà di questi luoghi volutamente dimenticati ed esautorati dei propri diritti umani e sociali, dove vi è una totale mancanza di mezzi di informazione mediatica internazionale per le motivazioni sopra esposte e per le quali verrebbero a galla le responsabilità oggettive di chi è causa di troppe ingiustizie nei confronti di un popolo inascoltato e suddito. A pagarne il prezzo per le apocalittiche conseguenze sono soprattutto le categorie più fragili e indifese: donne e bambini ai quali non è garantito l’accesso gratuito alle cure mediche e alla scuola; senza contare che nell’indifferenza più totale dei governi di tutta la terra il Congo è stato vittima di una crudele guerra che ha prodotto in pochi anni dal 1998 ad oggi oltre dieci milioni di morti di cui sembra quasi non esserci traccia nei libri del cuore umano, un genocidio avvolto dal silenzio dei media dove le violazioni sui diritti umani è passata inosservata sui corpi devastati di bambini e bambine soldato, donne violate e massacrate che giacciono ancora riverse nel fango di giacimenti, fiumi e terre incolte senza neanche una croce a ricordare i loro nomi…”

Prima una missione itinerante ora la costruzione addirittura di un ospedale.

“Amo considerarmi un esploratore dell’umanità e credo nei miracoli. Da oltre venti anni, dedico la mia vita ai bambini, alle donne e agli uomini, malati, sofferenti, sfruttati e invisibili del Congo.  Sono sposato con una donna che considero il mio angelo “Anna”, abbiamo due figli Claudio e Andrea che amiamo profondamente e nel mese di aprile 2020 siamo diventati nonni, innamorati del piccolo Leonardo, nato in pieno periodo Covid. Negli occhi di questo piccolo batuffolino da amare e proteggere al quale ho dedicato una canzone dal titolo “Sei arrivato tu”, ho capito che dovevo continuare la missione in Congo, deciso a salvare i bambini della foresta altrimenti destinati a morire; ed ecco che, come d’incanto, la mia mente è tornata indietro nel tempo quando nel 2004, il dott. Michel Ndiaje direttore dell’Unicef Congo, mi disse con voce rotta dal dolore: “Signor Martinez, la prego porti in Italia questo dossier, lo consegni con urgenza ai nostri interlocutori in Europa. La prego Rino, non abbiamo tanto tempo a disposizione per salvare il popolo più antico della terra che vive allo stato primitivo  e inimmaginabile sofferenza all’interno della foresta equatoriale di etnia Pignées. I nostri fratelli Pigmei rischiano l’estinzione a causa di malattie endemiche, malnutrizione, mancanza di igiene e acqua potabile, non esistono ospedali, vie di accesso praticabili, manca tutto ed in questi ultimi anni, migliaia di donne e bambini muoiono senza alcun tipo di aiuto sanitario o qualsivoglia sostegno umanitario. Sembra assurdo ma questo popolo di Dio sembra non interessi a nessuno!!!” Quelle parole risuonarono, in maniera prepotente, nelle mie orecchie e nel mio cuore, incredulo dinnanzi a questa terribile rivelazione che provocò in me sconforto, sconcerto ed impotenza. Cosa potevo fare io, piccolo uomo presente in quei luoghi della terra solo per donare impegno e amore cristiano ai deboli e fragili che incontravo nelle fetide strade di Kinshasa che odoravano di morte e desolazione, dove la speranza era sorda dinnanzi alle lacrime e agli sguardi spenti di madri, bambini nudi e feriti nell’anima, in cerca di qualcosa che assomigliasse ad un pezzo di manioca o chissà cos’altro per nutrirsi a malapena. Ricordo che il Cardinale Frédéric Etsou, mentre viaggiavamo in macchina per le baraccopoli e bidonville dei quartieri malfamati di Kinshasa “masina, limetè e lungo le foci dei torrenti super affollati di gente a sguazzare nel fango putrido di una metropoli con le fogne a cielo aperto” mi raccontava con occhi pieni di commozione e fiera dignità il dramma del suo popolo dimenticato e ribatteva: Rino, non dimenticare ciò che i tuoi occhi stanno osservando in questa dolente e crudele realtà, la mia terra brucia e tu un giorno dovrai testimoniare questo olocausto. Guardati attorno, “questa é la Cina Popolare” e il mio popolo muore afflitto da atroci sofferenze nel silenzio assordante e complice di chi fa finta di non vedere e tace. Quella frase mi fece riflettere, chinai il capo, chiusi per un attimo gli occhi e capii il significato che attribuiva con infinita mestizia mista a rabbia e delusione per via di quei milioni di cittadini, fratelli senza fissa dimora che ogni giorno in quel periodo storico, subito dopo la guerra, affollavano ammassati, sfiduciati e senza meta il grande boulevard lungo almeno quaranta chilometri, molti dei quali bivaccati sulle sponde del fiume Congo. In quel periodo con l’Abbé Jean Piere Makamba, mi occupavo degli orfanotrofi AOES stracolmi di ex bambini soldato, bambini shegué e la maggior parte abbandonati perché vittime della crudele guerra civile 1998/2003, detta anche “guerra mondiale Africana”. Mi occupavo altresì dei bambini di strada e orfani di Pointe Noire e Brazzaville con Padre Aimé Mobwete e Suor Marie Thérese Ongayolo; storie di bambini, vittime invisibili di una realtà al limite della disumanità nascosta agli occhi dell’occidente opulento che con un obolo di carità si lavava la coscienza davanti a tragedie immani consumate nell’indifferenza e nell’oblio colpevole dei governi della terra, capaci solo di delegare ong, associazioni, suore, sacerdoti e missionari laici, pronti a portare il fardello di aiuti e sostegni inderogabili per lo stato di perenne emergenza umanitaria che, allora, si nutriva solo dell’amore di volontari eroici e di encomiabili figure del terzo settore e di quella umanità che ancora oggi resiste e continua a fare dono di se. Purtroppo all’improvviso nel mio cammino missionario, fatto anche di reportage video dove denunciavo incredibili ingiustizie subite dai bambini soldato e minori sfruttati nelle miniere di coltan e tanto altro, accaddero delle strane cose che misero a rischio la mia vita, protetta dal mio fraterno amico Cardinale Etsou che intuì il pericolo incombente che stava abbattendosi in maniera violenta ed inesorabile su di me, ed ergendosi a scudo paterno e protettivo per difendere la mia incolumità, mi accompagnò personalmente al fiume fin dentro al battello salvandomi di fatto la vita. Pochi mesi dopo essere riuscito a fuggire in maniera rocambolesca da Kinshasa, fui informato che il mio eroico Cardinale morì… La notizia fu per me devastante, piansi singhiozzando con lacrime amare ma fiero di avere conosciuto e collaborato con un grande uomo di Dio che avevo amato come un Padre. L’intero popolo Africano scese in tutte le piazze del Congo per onorare questa straordinaria figura che tanto amò i suoi bambini invisibili. Rientrai in Italia e da lì a poco programmai la nuova missione ed ecco che la denuncia del direttore Michel Ndiaje sul rischio estinzione dei Pigmei riecheggiò nella mia memoria, quella proposta mi diede una scossa decisiva e fu un assist che presi al volo. Senza esitare e determinato, decisi iniziare una lunga e faticosa esplorazione in decine e decine di villaggi mai esplorati all’interno della foresta equatoriale. Avevo al mio fianco i miei fratelli congolesi che compresero il valore umano di quella scelta che ci avrebbe consentito di studiare alcune importanti strategie per iniziare una esperienza straordinaria tesa a curare tutti i bambini, le donne e gli uomini nei villaggi disseminati dentro il grande polmone della foresta, affetti soprattutto da terribili patologie endemiche e malnutrizione. Dopo circa due anni di intensa esplorazione sul territorio impervio ed inaccessibile, dove la natura e la fauna sono autentici padroni assoluti del cielo, dei fiumi e della terra, riuscimmo ad elaborare un progetto sanitario mirato che considerasse tutte le realtà e le difficoltà riscontrate nei meandri di questo luogo magico, primordiale e pieno di insidie; luogo di cui mi innamorai e così nel 2007, dopo avere costituito equipe mediche ed una organizzazione logistica eccellente e preparata ad affrontare lunghi periodi estenuanti e sacrifici al limite della sopravvivenza, ebbe inizio il progetto “Clinica Mobile Itinerante Missione Cuore per la Vita” che a tutt’oggi ci ha permesso di curare e salvare oltre 250.000 vite umane. Dopo tanti anni di missione, ho capito che fosse necessario realizzare alcune strutture sanitarie all’interno della foresta e così è nata questa nuova sfida costruire un ospedale pediatrico e maternità che presto grazie all’aiuto di tanti benefattori diventerà realtà nel villaggio di Mbomadzouko, un piccolo ospedale dedicato a Santa Rita e Padre Pino Puglisi e forse con il sostegno di una importante realtà Italiana, nascerà un altro ospedale nel grande distretto di Enjelle”.

Ma non basta. Spesso avete portato dei bambini in Italia per fornire loro cure che nella foresta non era possibile fornire…

“Negli anni, le mission di Ali per Volare sono cresciute e maturate in virtù delle esperienze acquisite sul campo all’interno dei villaggi della foresta sprovvisti totalmente di strutture sanitarie di primo soccorso. Attraverso la nostra clinica mobile itinerante con i nostri medici ed infermieri abbiamo potuto curare da patologie endemiche e di medicina generale molte migliaia di bambini, donne e uomini altrimenti destinati a subire lunghe e dure sofferenze, nei luoghi isolati di origine, senza alcuna garanzia di guarigione. Nei primi anni duemila, abbiamo trasferito negli ospedali in Italia diversi bambini affetti da patologie incurabili in Congo, pian, piano, nella consapevolezza di offrire maggiori opportunità di salvezza ai bambini moribondi in loco, oggi con coraggio sfidando innumerevoli difficoltà, stiamo portando avanti il progetto “Casi speciali” che ci permette di evacuare dai villaggi primordiali, bambini affetti da patologie curabili unicamente presso strutture attrezzate alle drammatiche tipologie di intervento trasferendoli sia negli ospedali delle città del Congo che nelle maggiori strutture ospedaliere in Italia. Tutto ciò avviene grazie alla esclusiva carità della gente che segue con trepidazione e speranza il nostro cammino missionario”.

Quali difficoltà ha incontrato nella sua attività come missionario?

“Le difficoltà sono parte integrante di una scelta di vita missionaria che come nel mio caso, vissuta in luoghi della terra perlopiù primitivi delle foreste pluviali ed in zone di guerra, desolazione, degrado e povertà, diventano giorno dopo giorno pane quotidiano nelle ferite e nella sofferenza di questa umanità autoctona che urla al mondo il dolore e la solitudine inascoltate. Ho voluto condividere la mia esistenza con chi vive in queste terre isolate e abbandonate spesso saccheggiate, deturpate con inaudita e nascosta violenza e donarmi ad un popolo inerme che merita il nostro amore, il nostro impegno missionario, umano e sociale, una fetta di mondo dove il sole non scalda questa una umanità che ho scelto di aiutare, sostenere e prendere per mano con fede in Dio fino all’estremo sacrificio. Ho incontrato infinite difficoltà nell’affrontare queste dure esperienze, sono caduto ed ogni volta mi sono rialzato riprendendo il cammino perché ho sempre avuto davanti ai miei occhi l’immagine dei bambini sofferenti, malati e malnutriti a cui porgere un’ancora di salvataggio; quell’immagine così forte e reale, mi ha permesso di trovare nelle grandi difficoltà il coraggio della paura per affrontare i pericoli, le insidie e vincere per tutti loro i nostri fratelli in Cristo che dalla vita hanno ricevuto solo sofferenze, paure, angosce e privazioni e farli sognare, giocare, sorridere alla vita e sperare finalmente di sconfiggere il male”.

Difficoltà non solo economiche.

“Chi come noi di Ali per Volare Onlus, non riceve alcun finanziamento dalle istituzioni nazionali ed internazionali preposte e vive della sola carità della gente, affronta difficoltà rilevanti sotto il profilo economico. I costi delle nostre missioni sono pesanti ma con tanta fatica riusciamo contenerli. Le nostre tre mission principali sono clinica mobile itinerante Cuore per la vita” che ci permette di curare migliaia di autoctoni nei tanti villaggi disseminati dentro la foresta; “Casi speciali”, trasferiamo i bambini in gravi condizioni di salute negli ospedali attrezzati sia in Africa che in Italia, e stiamo realizzando un ospedale pediatrico e maternità all’interno della foresta equatoriale, intitolato a Santa Rita e Padre Pino Puglisi. La fede in Nostro Signore Gesù Cristo ci dà la forza di non arrenderci per continuare a lottare per loro, per questi bambini spesso senza nome, questa gente abbandonata e senza diritti; esseri umani totalmente esclusi dall’indifferenza di un mondo sordo al grido della foresta. Grazie a Dio, la mia storia missionaria è arrivata oltre i confini della nostra bella Italia e quando busso alla porta del cuore di amiche e amici sensibili, parrocchie e comunità che conoscono il mio operato, ecco che come d’incanto, arriva provvidenzialmente quanto serve per salvare vite umane. Questo è un miracolo che si ripete sempre seppure con enormi difficoltà e campagne di sensibilizzazione e raccolta fondi asfissianti che comunque trovano riscontro in chi segue il nostro cammino. Non finirò mai di ringraziare quanti in questi lunghi anni mi hanno sopportato e supportato perché senza l’aiuto, il sostegno concreto di tanta bella gente, non avremmo mai potuto raggiungere risultati così belli agli occhi di Dio.. In questo ultimo anno, il grave fenomeno Covid 19, ha causato un serio rallentamento delle azioni sanitarie in queste aree isolate della terra, dove è necessario agire con una programmazione che “Ali per Volare” intende perseguire al fine di curare e garantire il diritto alla vita di queste popolazioni autoctone alle quali dedichiamo la nostra vita, il nostro amore cristiano ed umano, libero di donare certezze e speranza per il futuro”.

Una vita dedicata a dare vita e dignità a chi non è ascoltato da nessuno (e forse è questo che fa più male).

“La mia vita dedicata agli ultimi della terra è una testimonianza viva, diretta, vissuta per tanti anni dentro il polmone della foresta equatoriale in Congo, dove isolati, inascoltati e invisibili vivono gli autoctoni Pigmei, il popolo più antico della terra a rischio estinzione (80%) ed in misura minore è presente anche il fiero popolo Bantou (20%). In questi luoghi primordiali ed inaccessibili tra le paludi, i fiumi, infiniti alberi secolari, gorilla, elefanti, serpenti, coccodrilli e ippopotami sono quasi inesistenti i presidi sanitari a garanzia della salute e pertanto vi è una totale mancanza di cure per patologie endemiche come: lebbra, pian, tubercolosi, AIDS, malarie, malnutrizione, tetano neonatale, ebola, patologie polmonari, cardiache. Vi è una totale mancanza di prevenzione, educazione all’igiene e formazione.  A tutt’oggi, nei vasti territori primitivi del nord, sono ancora presenti focolai di lebbra e pian. Purtroppo, la malnutrizione infantile e la conseguente morbilità rappresentano un terribile flagello per il quale Ali per Volare con il “Kit Nutrizionale Salvavita APV”, dal 2020, sta realizzando, in Congo, un progetto mirato, innovativo e concreto che consente attraverso “un KIT” che contiene cibo e medicine terapeutiche per un trattamento minimo di 10 giorni, di curare migliaia di bambini da 0 a 5 anni con risultati efficaci e positivi. Inoltre, in tanti villaggi sono presenti centinaia di casi di bambini e non solo con patologie irreversibili da curare in ospedali attrezzati lontani dai luoghi di origine.  Io credo nei miracoli, pertanto fino a che Dio mi darà forza, continuerò a guidare dentro il cuore pulsante della foresta, la mia equipe. Dopo oltre 20 anni di missione in Congo, dopo avere curato e salvato con la nostra piccola “ clinica mobile itinerante” oltre 250 mila vite e dopo tanta esperienza acquisita sul campo, vogliamo continuare la nostra opera missionaria e raggiungere l’obiettivo di eradicare le pian e la lebbra, curare milioni di bambini malnutriti, realizzare presidi sanitari nei villaggi isolati e agire sulla prevenzione, la formazione e l’educazione all’igiene … Permettetemi ancora di sognare, sognare insieme a voi. Ricordo che nel lontano 2004 a Kinshasa, il Cardinale Frederic ETSU, rivolgendosi a Padre Jean Pierre Makamba disse: “Rino sui sogni ci lavora” … e allora, se ci lavoriamo insieme, il miracolo è possibile e l’Africa non sarà più invisibile!”

Ci parli della sua onlus Ali per Volare…

“Ho fondato “Ali per Volare Associazione Missionaria” alla fine degli anni 90 per promuovere iniziative culturali ed opere umanitarie concrete a favore dei bambini abbandonati, orfani, sfruttati, ex bambini soldato, malati di AIDS/Sida, leucemia, malaria, non tralasciando tutte le vittime delle terribili guerre che si sono drammaticamente ripetute negli ultimi decenni in Africa, terra di povertà e di miseria dove, ancora oggi, muoiono oltre trentamila creature innocenti al giorno. “Ali per Volare” ha come mission ed obiettivo primario “Aiutare i Bimbi che soffrono perché malati, abbandonati e dimenticati dall’indifferenza di un mondo distratto da altri interessi. Ali per Volare è presente, soprattutto, all’interno di territori primitivi con interventi concreti e progetti finalizzati ai bisogni vitali ed urgenti come la malnutrizione infantile e le drammatiche epidemie che stanno mettendo a rischio estinzione l’etnia autoctona pigmea della foresta equatoriale. Promuove scambi culturali e di partenariato, tesi a far conoscere, in modo costruttivo, la cultura e i drammi derivanti dalle guerre e dalle sopraffazioni subite da paesi martoriati come l’Africa, utilizzando il linguaggio universale della musica, delle immagini, della fotografia, dei libri, delle opere multimediali, dei documenti video, cortometraggi, film e carta stampata con chiari riferimenti e contenuti legati ai temi della solidarietà, della pace, della giustizia e della libertà, rispettando il dialogo interculturale ed interreligioso, nel rispetto della dignità di ogni persona sulla terra .L’altra prerogativa fondamentale è quella di restituire la dignità dovuta ai paesi poveri, con interventi di medicina umanitaria per il diritto alla salute per tutte le persone gravemente malate, senza discriminazioni di sesso, etnia, religione e credo politico. In questi ultimi anni Ali per Volare, grazie alla carità della gente è impegnata a costruire piccoli ospedali, pozzi di acqua potabile per garantire cure e salute a intere popolazioni della foresta private di ogni diritto”.

Ci permettiamo di aggiungere: per permettere ai più poveri, ai più bisognosi di avere ali per volare dove aiuti internazionali e parole inutili non sono riusciti.

Fonte: interris.it

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