Un omaggio alla signora Virginia Woolf

Articolo di Pietro Salvatore Reina

Il 25 gennaio 1882 nasce nella città di Londra Adeline Virginia Stephen. Il padre, Leslie Stephen, è uno famoso storico e storiografo, un critico letterario, un saggista tra i più noti dell’età vittoriana. Rimasto vedovo si ri-sposa con con Julia Jackson, anche lei vedova. Dalla loro unione nascono quattro figli: Vanessa, Toby, Virginia e Adrian. I genitori Stephen, come scrive Virginia, appartenevano «a quella che può essere considerata la sottoclasse dell’alta borghesia […] Era perciò dato per scontato che i figli frequentassero le Public School (le scuole private più costose e selezionate del Regno Unito della fine dell’Ottocento, il cui accesso è riservato solo ai figli delle classi più benestanti) poi Cambridge. Quanto alle ragazze avrebbero avuto un’educazione decorosa e poi sarebbero sposate».

La giovane Stephen non frequenta corsi regolari ma a casa ha il privilegio di ricevere lezioni da insegnanti di latino e greco e una casa piena di libri a portata di mano. «Le stanze tutte per sé» piene di libri ispirano e dettano frasi famose come: «Io almeno ho a volte sognato che il giorno del Giudizio Universale, quando tutti i grandi condottieri e avvocati e uomini di stato arriveranno in cielo per ricevere le loro ricompense — le loro corone, i loro lauri, i loro nomi indelebilmente incisi sul marmo imperituro — l’onnipotente guarderà San Pietro e gli dirà, non senza traccia di invidia nel vederci arrivare con i nostri libri sotto il braccio: “Questi non hanno bisogno di ricompensa. Qui non abbiamo niente, per loro. Sono quelli che amavano leggere”». (V. Woolf, Come leggere un libro).

A vent’anni diventa una stimata collaboratrice del Times Literary Supplement. A Virginia si dischiude apre il tanto sognato e voluto capitolo del confronto aspro, difficile e non più clandestino con la cultura ufficiale. La scrittura di Virginia rifletterà sempre sulle radici stesse dell’essere donna.

Uno dei momenti più importanti della vita di Virginia è costituito dall’ingresso dell’amato fratello Thoby a Cambridge. Qui Thoby stringe amicizia con Lytton Strachey, Leonard Woolf (che diverrà non solo un autorevole studioso di politica internazionale, un giornalista politico, uno dei fondatori del partito laburista ma che soprattutto sposerà Virginia nel 1912), Clive Bell (famoso pittore e critico d’arte che sposerà Vanessa, la sorella maggiore di Virginia, sempre molto vicina alla sorella nella critica anticonformista alla società del tempo e nella comune dolorosa esperienza dei lutti familiari) e John Maynard Keynes, uno tra i maggiori economisti del Novecento. Tutti costoro insieme danno vita al gruppo di Bloomsbury detto anche degli «Eretici», destinato a dominare per quasi trent’anni la vita intellettuale londinese.

Nel 1904 muore il padre. Virginia già sofferente di crisi nervose tenta per la prima volta il suicidio. Nel 1912 sposa, come scritto già sopra, con rito civile Leonard Woolf. La loro unione è un «matrimonio di menti fedeli», uniti per pura affinità intellettuale. Con lui Virginia non ha figli, ma una tipografia, meglio, una casa editrice nel loro salotto di casa: la The Hogart House Press, appunto, dal nome della loro casa. L’inizio della casa editrice coincide con la prima produzione narrativa della Woolf. Del 1915 è il primo romanzo, Viaggio di scoperta. È la storia di una ragazza che fa un viaggio in Sudamerica, durante il quale muore di febbre tropicale. Virginia Woolf dopo la pubblicazione del suo primo libro tenta per la seconda volta il suicidio.

Nel 1920 pubblica il romanzo Giorno e notte, un’opera che affronta il tema del matrimonio. Nel 1922 segue il terzo dei romanzi, La stanza di Giacobbe, dedicato al fratello Thoby. La storia è quella di un giovane Jacob, ritratto durante il periodo della sua educazione, formazione, iniziazione sessuale a Cambridge.

Nel 1925 pubblica il romanzo La signora Dalloway. Clarissa Dalloway è una signora dei quartieri alti londinesi, il simbolo di tutte le amiche aristocratiche che per la Woolf sono «esseri che si muovono in un mondo superiore». La storia racconta la giornata di Clarissa, impegnata a preparare il ricevimento della serata in onore del primo ministro. Il romanzo La signora Dalloway e la stessa Virginia Woolf sono la fonte di ispirazione del romanzo Le ore (Premio Pulitzer, 1999) dello scrittore americano Michael Cunningham. Dal libro nel 2002 è stato tratto il film The Hours interpretato da Meryl Streep, Julianne Moore e Nicole Kidmann.

Nel 1927 pubblica il suo capolavoro, Gita al faro. Un’opera sul trascorrere del tempo. Il faro – nella poetica woolfiana – è il «fuori», l’esterno verso il quale si tende e per questo si programma una gita, ma è tuttavia un «fuori» irraggiungibile perché l’«altro» è l’«altrove» e la gita è continuamente rinviata.

Nel 1928 pubblica Orlando. Orlando è la «più lunga e affascinante lettera d’amore» che Virginia scrive all’amata, eccentrica aristocratica Vita Sackville-West. Un libro di confine tra la biografia romanzata, il poema e il saggio critico osserva con acume la poetessa e drammaturga Maura Del Serra. Orlando è l’incarnazione dell’androginia prediletta da Virginia Woolf, è il simbolo della libertà interiore. «Orlando è un moderno mito, una metafora brillante e nostalgica del desiderio di fama e d’amore, delle illusioni, dell’immortalità e della caducità connaturate alla vita umana» (M. Del Serra). Orlando propone la storia fantastica di un personaggio, ora uomo, ora donna, impegnato ad attraversare la storia e la cultura letteraria inglesi dalla fine del Cinquecento fino al «dodicesimo rintocco di mezzanotte, giovedì undici ottobre millenovecentoventotto». Orlando vive mille peripezie, attraversa Paesi e secoli, come il suo essere androgino che riesce a contenere maschile e femminile.

Nel 1929 scrive il saggio Una stanza tutta per sè e nel 1931 Flush, la biografia del cagnolino della poetessa Elizabeth Barrett Browning. Flush è il grido di denuncia, è l’«abbaiare» di chi, come la poetessa vive a lungo reclusa da un padre-padrone a cui è costretta a fare da domestica.

Nello stesso anno pubblica Le onde, il romanzo – ma non è solo un romanzo – più sperimentale, ardito, complesso della nostra autrice: «l’onda siamo noi, è la vita, il tempo, il fluire delle nostre passioni, dei nostri sentimenti».

Virgilia Woof in una sua frase-manifesto che ogni lettore/lettrice ama e fa propria scrive: «immergetevi nel testo, acquistatene dimestichezza, e non tarderete a scoprire che il vostro autore vi sta dando, o sta cercando di darvi, qualcosa di molto ben definito».

Related Articles