Istat: un paniere con tante sorprese (a cominciare dall’aumento dei prezzi)

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Da alcune settimane si fa un gran parlare di aumento del PIL nazionale, ma anche dell’inflazione e di quella che potrebbe essere una delle principali cause dell’aumento dei prezzi (basti guardare le ultime bollette della luce che portano aumenti spaventosi).

A legare tutto questo è una cosa sola: il cosiddetto “paniere dei prezzi” o “paniere ISTAT”. Lo strumento ideato dall’Istituto Nazionale di Statistica per calcolare gli indici dei prezzi al consumo in Italia in base al Regio Decreto Legge n. 222 che risale addirittura al lontano 1927 (convertito in legge n. 2421 lo stesso anno). Ma anche la crescita o l’eventuale riduzione del tasso d’inflazione.

Da qui l’importanza di capire cosa contiene questo strumento. Inutile dire che dalla composizione del paniere deriva l’immagine più o meno attendibile dello stato dell’economia di un paese.

Proprio pochi giorni fa, il Ministero dello Sviluppo ha diffuso la composizione del nuovo paniere. E come ogni hanno sono stati inseriti alcuni beni o servizi e ne sono stati tolti altri. Ciò al fine di rendere questo “pacchetto” il più rappresentativo possibile della collettività nazionale. Nella “lista prodotti rappresentativi di consumi consolidati” del paniere ISTAT sono inserite voci non legate in teoria alle mode e tendenze del momento ma entrati a far parte delle abitudini standard degli italiani. Ma via via vengono inseriti anche prodotti che, finora, non erano di uso comune e diffuso (le “nuove abitudini di spesa alimentare”). Beni come il poke nella sua versione take away, la friggitrice ad aria, sostituti artificiali dello zucchero o pane non di farina di grano  e perfino le mazzancolle (secondo gli esperti dell’ISTAT sarebbero tra i crostacei più amati dagli italiani!?!?).

Complessivamente il paniere Istat 2022 comprende ben 1.772 prodotti elementari (41 in più del 2021), raggruppati in 1.031 gruppi, a loro volta raccolti in 422 aggregati. Un numero decisamente maggiore rispetto al passato: basti pensare che solo tre anni fa, nel 2018 i prodotti elementari erano 1489 e poco più di 1500 nel 2019.

Ma i tempi cambiano. Ed ecco che nel paniere ISTAT sono stati inseriti beni come i saturimetri, i test sierologici fai da te per il covid-19 (le mascherine chirurgiche ed FFP2 erano state inserite nel paniere già lo scorso anno) o la sedia da PC (complice lo smartworking). E poi il tappetino da ginnastica, il download di film, lo streaming di contenuti musicali o il trasportino per gli animali domestici di piccola taglia e perfino la psicoterapia individuale o il dispositivo antiabbandono per i bambini!

Stabilmente presenti nel paniere, invece, le automobili elettriche e ibride-elettriche, sia nuove che usate, i monopattini elettrici, il sushi take away, gli apparecchi acustici retroauricolari e intra-auricolari e i trattamenti estetici per uomo o l’ “applicazione dello smalto semipermanente”!

I prezzi di questi beni vengono calcolati utilizzando i dati forniti quasi un centinaio di comuni (82 per il paniere completo, 12 per il paniere “ridotto”) che mensilmente trasmetto i dati rilevati sul territorio partendo dall’elenco che ogni inizio d’anno, l’ISTAT invia agli uffici comunali unitamente alle singole caratteristiche e specifiche. Mese dopo mese, per l’intero anno, il loro prezzo viene monitorato nei vari comuni.

Quello che non tutti sanno, forse, è che di anno in anno cambiano anche le percentuali dei gruppi di prodotti presenti nel paniere (anzi nei panieri visto che, come abbiamo detto prima, sono diversi).

Ma non basta. La legge ha cercato di superare anche l’oggettiva difficoltà di misurare le variazioni dei prezzi di tutti i singoli prodotti consumati dalle famiglie (a volte molto differenti per marca modello e altro). Ad esempio, per misurare la dinamica dei prezzi del segmento di consumo Piccoli accessori elettrici vengono rilevati i prezzi dei prodotti elementari Presa di corrente, Pila elettrica, Multipresa, Lampadina LED, largamente rappresentativi delle spese delle famiglie per l’acquisto di piccoli accessori elettrici per la casa. Questi prodotti sono selezionati sulla base di una pluralità di fonti e tra le tipologie maggiormente consumate; inoltre, devono poter essere agevolmente rilevati attraverso almeno una delle modalità previste dall’indagine (rilevazione territoriale, rilevazione centralizzata, scanner data e rilevazione da fonti amministrative). La scelta deve tenere conto anche del cosiddetto “peso medio”, secondo cui maggiore è il peso di un segmento di consumo sul totale dei consumi delle famiglie, maggiore dovrà essere il numero di prodotti che contribuiscono a misurarne l’evoluzione dei prezzi.

Ebbene, sulla base di tutti questi calcoli e misurazioni, secondo l’ultimo rapporto ISTAT  nel mese di dicembre 2021, l’indice nazionale dei prezzi al consumo, sarebbe aumentato del 3,9% su base annua. “In media, nel 2021 i prezzi al consumo registrano una crescita pari a +1,9% (-0,2% nell’anno precedente)” si legge sul sito dell’Istituto di Statistica. Prezzi al consumo – Dicembre 2021 (istat.it) 

Un dato che tutti i politici hanno accolto con gioia. Ma che non è bastato a spiegare agli italiani come mai nelle prime bollette di luce e gas del 2022 (nonostante gli aiuti del Governo in Legge di Bilancio) si sono ritrovati con aumenti medi del 55% sull’elettricità e del 41% sul gas (dati ARERA). Aumenti che, convertiti in denaro, hanno significato una mazzata di quasi mille euro per famiglia. E solo per coprire i costi di gas e luce.

Numeri inspiegabili che molti non si aspettavano dopo le promesse del governo e dei partiti che ne fanno parte e che dicono una sola cosa con certezza: che gli interventi del Governo non sono stati altro miseri palliativi.

Del resto che sarebbe finita così lo si sarebbe dovuto capire sin dall’inizio: sarebbe bastato leggere bene cosa era riportato nella Legge di Bilancio 2022: annullamento (ma solo temporaneo) degli oneri generali di sistema in bolletta, potenziamento del bonus sociale per le famiglie in difficoltà e riduzione dell’IVA sul gas al 5% (ma ancora una volta solo per il primo trimestre).

Misure praticamente inutili visto l’aumento, peraltro ingiustificato sotto il profilo tecnico e geopolitico, del costo dei combustibili. Che fine hanno fatto le promesse elettorali di chi aveva detto che una volta al governo avrebbe annullato le accise? E a cosa sono serviti gli incontri con Putin dei leader europei proprio sul tema fornitura del gas? Che fine ha fatto il grande statista lodato dall’Economista non più tardi di poche settimane fa (a dicembre) che aveva incoronato l’Italia paese dell’anno per il 2021? Secondo l’autorevole rivista è “cambiata” con il premier Mario Draghi, un “premier competente e rispettato a livello internazionale” il cui lavoro alla guida di un governo di unità nazionale ha reso l’Italia “migliore di un anno fa”. Non sappiamo se l’Italia è un paese migliore. Di sicuro è un paese dove si pagano più tasse e dove la vita costa di più. E questo per un paese che aveva un carico fiscale tra i più alti del pianeta non è poco. Ma di tutto questo nel “paniere ISTAT” non c’è traccia. C’è, però, (e ci sarà sempre di più) sui portafogli dei contribuenti.

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