Dino Zoff, gli 80 anni di un Campione d’Umiltà…di poche parole

Articolo di Francesco Pira

“Io ho sempre tolto invece di aggiungere, ho cercato di semplificare i gesti, le modalità, per arrivare all’osso delle cose”. La grande verità di un Campione d’Umiltà. Dino Zoff è nato a Mariano del Friuli il 28 febbraio del 1942. Quest’anno compie 80 anni. Tutti lo amano e lo apprezzano ed è circondato da tanto affetto e da tanta stima. Per chi, come me, ha avuto l’onore di conoscerlo, cresce la stima ora dopo ora. In ogni suo gesto c’è la consapevolezza di chi ha vissuto una vita straordinaria.

In diverse occasioni ha parlato, raccontato e narrato della sua incredibile vita da Campione del Mondo. Marco Mensurati su D di Repubblica, ha voluto ripercorrere le tappe del successo di quest’uomo eccezionale. Alla sua età, dice: “Il futuro è un pensiero a scadenza. La paura c’è e bisogna accettarla. Io ho fatto il massimo che potevo”. Durante l’intervista ha ricordato momenti per lui indimenticabili come lo scopone con Pertini (e Causio e Bearzot), le feste in discoteca tra Mantova e Napoli, Torino, Città del Messico, Udine, Mosca, e poi Platini, Agnelli, Wojtyla, Gheddafi, Placido Domingo.

Il giornalista ha chiesto a Zoff cosa si provi a raggiungere gli ottant’ anni e lui ha risposto: “È bello che uno ci arrivi. Poi però ci si guarda indietro e vedi un sacco di spazio. Come prima quando guardavi davanti, solo che adesso non lo puoi riempire. Quindi, no. Per me non funziona diversamente. I monumenti di solito finiscono male, o al massimo ci fanno il nido i piccioni. Fa una brutta impressione. Gli anni con il 6 e con il 7 sono ancora accettabili… Quelli con l’8 no. A ottant’anni il futuro è un pensiero a scadenza. La paura c’è. È lì e va saputa accettare. Se la vita dura un metro, a ottant’anni rimangono pochi centimetri. Un campione non è diverso dalle altre persone. Le cose succedono e succedono per tutti. È la natura. Quindi no, non penso di rivincere il mondiale… Magari ci pensa Mancini”.

Ha parlato dei personaggi che ha conosciuto e dei momenti importanti che ha vissuto come l’arrivo della lettera di Pertini e la conversazione tecnica con Wojtyla. Zoff si è accorto che la società è molto cambiatoa: “Questo periodo mi trova spaesato, il mondo galoppa e si fa fatica a stargli dietro e in tutta questa velocità alla fine sembra smarrirsi quella concretezza, quelle cose che ho sempre ritenuto fondamentali. La mia generazione era abituata ai numeri, ai fatti concreti. Prima di arrivare a esprimere pubblicamente un’opinione dovevi esserti guadagnato il diritto di farlo. Oggi tutti sanno tutto. Un mare di nozioni arrivano da tutte le parti, e dare il giusto valore a ciascuna diventa un problema. E in questo smarrimento non riesco a non pensare ai giovani”. Come non essere d’accordo con la sua visione del presente.

Zoff, che ha dei nipoti a cui tiene tantissimo, si preoccupa dei ragazzi e ha fatto un parallelo col passato: “Noi uscivamo di casa e giocavamo fino a che non faceva buio. C’era un senso di libertà che oggi è impensabile. Loro per fare sport devono essere portati e hanno un’ora. E pagano. E quando si paga cambia tutto. Così come sono cambiati anche i genitori, che li coprono quando sbagliano, li difendono. Un comportamento autodifensivo: lo fanno solo per coprire e difendere i propri limiti di genitore. I propri errori. Poi vedi cose a 12, 13 anni che non riesci a spiegarti. Sì, sono cambiati i ragazzi e con loro inevitabilmente è cambiato lo sport. Ed è forse questa la cosa che mi addolora di più”. E il motivo è solo uno: “Io sono un uomo di sport. Penso che sia una forma altissima di politica. Plasma l’uomo, lo educa, gli insegna ad avere rispetto per se stesso, per gli avversari e per l’arbitro. E per l’insieme che questi tre soggetti creano. Gli insegna a muoversi dentro le regole e che la furbizia, la sceneggiata è da persone piccole”.

Sui cambiamenti nel mondo del calcio ha sottolineato che si notano alcune differenze: “Noi vincemmo un Europeo giocando praticamente in dieci, Rivera si era fatto male e non c’erano più sostituzioni. Oggi ce ne sono cinque, praticamente metà squadra. E poi la Var, il calcio è uno sport di contatto. La Var, al di là dei fuorigioco, non riesce a tenere conto di questa caratteristica. Specialmente per come la usiamo noi, che da italiani tendiamo a oscillare tra il niente e il troppo senza fermarci mai in mezzo. Penso che in qualche modo torneremo indietro, perché continuando così diventerà un altro sport”.

Per Var intende chiaramente Video Assistant Referee, un sistema capace di aiutare i direttori di gara grazie all’utilizzo in campo dei video. Una rivoluzione del mondo del calcio che prima non esisteva e che Zoff sembra non apprezzare. Ho avuto l’onore di conoscere Zoff a Cormons in provincia di Gorizia. Feci con lui una conversazione straordinaria insieme a Bruno Pizzul. Mi raccontò una cosa di cui non aveva mai parlato : come è nato il silenzio stampa ai Mondiali del 1982. C’era stato un deludente girone eliminatorio e gli Azzurri ai Mondiali non parlavano più con i giornalisti. Enzo Bearzot chiese a Zoff di affrontare lui i cronisti.

E così l’uomo di poche parole Dino Zoff è chiamato a fare il portavoce della Nazionale. “Beh non è andata – racconta – proprio come scrivono i giornali. Era un brutto periodo. I giornalisti sparavano su Enzo Bearzot, il nostro Commissario Tecnico, ogni giorno. Forse erano adirati perché lui li correggeva quando facevano le citazioni in latino, sbagliando. Lui aveva fatto il liceo e sapeva come dire e cosa significavano quelle frasi. Si è toccato a me parlare non è stato facile ma io ho cercato sempre di dire il necessario, mai il superfluo come ho sempre fatto nella vita”.

Dino Zoff possiede una banca dati infinita dentro la sua testa. Basta toccare i tasti giusti. Quando lo intervistai il suo vagone dei ricordi era pieno e non è diverso da come te lo immagini Dino Zoff anche se lo hai visto soltanto nelle figurine Panini. È una persona garbata. Un vero gentiluomo. Per anni chi come me ha tenuto nella sua stanza da ragazzo il poster con la maglia della Nazionale ha immaginato che dietro i suoi silenzi si nascondesse chissà che cosa…

Il Campione del Mondo, il Commissario Tecnico della Nazionale, l’allenatore, il più grande portiere italiano di tutti i tempi è un uomo semplice e gentile.

Ma le leggende come lui non smettono mai di splendere. Persino quando un super campione capace di rimanere Capitano della Nazionale e della Juventus rivela: Ho sempre desiderato essere portiere, forse perché in campo il portiere è un uomo solo e a me piacciono gli sport individuali“. Oggi, non ha rimpianti Dino Zoff e rifarebbe ogni cosa, perché è certo di aver donato il massimo di sè stesso. Allora buon compleanno Dino e grazie per le emozioni che hai donato a me e a tutti gli italiani.

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