Apeiron. Il nuovo romanzo di Sergio Sozi

Articolo di Pietro Salvatore Reina

La parola è una chiave, insegna Gesualdo Bufalino. Àpeiron, il nuovo romanzo di Sergio Sozi, docente e scrittore, dal 7 marzo nelle librerie e nelle principali piattaforme on line, edito dalla Pluriversum Edizioni di Ferrara, non è solo il titolo ma una parola-chiave che ci conduce ad attraversare il testo e ne identifica, ad esempio, uno dei suoi significati e messaggi proprio alla fine del romanzo: «Dall’ignoranza nasce tanta cultura, come dal letamaio diversi fiori. Forse. O muore l’olfatto.» (Pag. 136).

Àpeiron non rimanda solo all’infinito, all’indefinito di Anassimandro (circa 610-547 ca), amico e discepolo di Talete di Mileto. Àpeiron è, come nel filosofo, la condizione in cui le qualità, le caratteristiche della personalità di Stefano Corsi (un «ragazzo dai lunghi capelli biondi» che «ha un certo fascino») costruiscono l’esistenza del protagonista, un musicista, un cantante di un quintetto rock. La costruzione delle sua esistenza e di quella di tanti altri che attraversano la sua vita come queste pagine.

La scrittura ardente, fantasiosa, libera di Sozi con Àpeiron ci offre pensieri, parole, suoni, atmosfere che in questo nuovo romanzo danno voce alla libertà, allo spazio creativo e narrativo dell’autore. Una storia che si offre e si dona attraverso otto parti, otto sezioni nelle quali nasce e cresce la storia, le storie, le voci, le avventure, le disavventure, le canzoni, gli amori di Stefano Corsi. Il numero otto, più un’appendice, chiude e disvela lo schema narrativo che tesse l’ultima narrazione dell’amico Sozi: epifania di un narrare l’infinito, le pause, i rumori, i suoni del nostro essere mondo. Un mondo che è Àpeiron.

D.: L’ouverture del romanzo è segnata da una rima di Tasso («il rauco suon de la tartarea tromba»), parole e suoni che rimandano alla Commedia di Dante, alle immagini di Michelangelo della Sistina. Rime che costruiscono e costruiranno la psicologia del personaggio Stefano Corsi. Come nasce questa storia? In questi tristi giorni di guerra, come Dante, Tasso, ecc. il tuo nuovo romanzo quali ragioni e sentimenti esprime per noi lettori di questo confuso e doloroso tempo presente? Quali sono le ragioni personali e letterarie della tua nuova costruzione narrativa?

R.: Ho finito di scrivere Àpeiron circa tre mesi fa, a fine 2021, quando ancora la questione russo-ucraina era lungi dall’essere matura. La modernità, poi, è “confusa”, come dici tu, per definizione: le liberal-democrazie post-industriali non potrebbero essere diversamente. Comunque nel romanzo non vi è alcuna allusione, neanche inconscia spero, alla situazione attuale. Mi ha portato a creare questa storia una serie di ricordi provenienti dal me stesso ventenne: memorie di quel che fui e che in parte sono ancora, ma in modo meno acceso, iperbolico, con la maturità e la tepidezza dell’ultracinquantenne. Tuttavia gli elementi della mia personalità sono gli stessi, ancora qua con me, dentro di me. E pure le mie domande intime, solo… appena mitigate dalla risposta che ho dato ad alcune di esse.

D.: L’ottava del Tasso e le parole, immagini, voci, suoni del romanzo Àpeiron – senza svelare troppo ai lettori – nascondono e rivelano, illuminano e ritmano la personalità di Stefano Corsi, e degli altri personaggi. La storia di Àpeiron è un viaggio curioso che rappresenta il nostro tempo. Quale riflessione, come autore acuto e interessato, vorresti che come lettori osservassimo tra le pagine e nelle pieghe delle parole che con Àpeiron ci offri?

R.: Ognuno leggendo rifletterà a modo suo. Io spero solo che la vita del mio personaggio entri in simbiosi, in stretta relazione intima con i lettori, con ogni ascoltatore di questa favola, che potrebbe, dico solo potrebbe, condurre qualcuno a scoprire nuovi misteri, quesiti e possibilità metafisiche e terrene. Se la storia è affabulante, questo non mancherà di accadere. Altrimenti avrò fallito: cose che capitano anche nelle migliori famiglie.

D.: Àpeiron è la moltiplicazione e la cifra della tua osservazione del mondo, un’osservazione filtrata anche dalla rete. Come è nato Àpeiron ma soprattutto quale significato ha nella tua vita questa nuova produzione narrativa?

R.: Sono un mitografo contemporaneo che, in quanto tale, sente naturale dialogare con opere e anime quali quella di Omero, Virgilio, Tasso, Giacomino da Verona e Dante. Dunque questa – come gli altri miei romanzi e racconti – è una storia posta all’incrocio tra favola antica, sogno, elaborazione razionale-letteraria e realtà… realtà intesa come aderenza alla realtà degli altri, quella collettiva che esperisce il mondo oggi nel 2022 come anche quella che il mondo esperiva prima. La mia poetica è quella del motore immobile che crea falso movimento grazie al tempo.

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