Ucraina: guerra sul campo e mediatica

Articolo di Antonino Schiera

Le guerre non si combattono soltanto sul terreno. Nell’era della comunicazione digitale facilitata e diffusa si trasferisce anche sul piano della comunicazione e del consenso, se consideriamo che la stragrande maggioranza della popolazione mondiale ha accesso a internet e da esso può ricevere informazioni e contemporaneamente può diffonderle.

Da un lato in Ucraina la triste conta dei morti, dei feriti, di interi quartieri distrutti, di masse di civili costretti a spostarsi dall’altro lato le diatribe, i dibattiti per stabilire chi ha torto e chi ha ragione in questa guerra che può essere definita in un solo modo: assurda!

L’opinione pubblica mondiale finora non si è schierata in massa contro Putin e la sua Russia, ovvero contro chi sta usando la forza per ottenere i propri obiettivi nel sud ovest del paese, l’ Ucraina. Una lettura operata da una parte dell’opinione pubblica dei fatti antecedenti il conflitto, tende a giustificare il comportamento degli attaccanti. Un percorso della storia recente, che parte dalla lunga guerra fredda tra i due grandi blocchi, quello occidentante e quello sovietico, usciti alleati e vincitori dalla tragica seconda guerra mondiale e divenuti successivamente acerrimi nemici per effetto della bramosia di potere e di controllo delle risorse economiche dell’uomo in generale. Ricordando il disgregamento dell’impero sovietico a partire dal 1990, sembrava si potesse finalmente addivenire alla fine della guerra fredda. Ma altre forze economiche e militari nel frattempo sono entrate nell’arena del combattimento, la Cina e la Corea del Nord in primis e non ultima la stessa Russia che, come un centauro ferito ha tentato, spesso riuscendovi, di riprendersi parti di territorio precedentemente dispersi, con l’intento di ritornare ai fasti precedentemente perduti. A tal proposito cito la guerra in Crimea, nella regione del Donbass, del 2014 conclusasi con la sua separazione dal resto dell’Ucraina e la conseguente riannessione alla Russia. Una pistola che aveva sparato i suoi colpi e che era rimasta fumante, fino all’epilogo della guerra in corso, allargata in altre zone dell’Ucraina.

Una guerra, quella attuale, che tra gli innesti della sua deflagrazione annovera il tentativo di impedire, da parte russa, le ambizioni dell’Ucraina caldeggiate dal suo attuale presidente Volodymyr Zelensky di aderire militarmente alla NATO ed economicamente all’Unione Europea. Secondo i rumors che circolano insistentemente sul web e che, secondo il mio parere, corrispondono a verità in quanto non sarebbe una novità storica nello scacchiere mondiale, basti ricordare il piano Marshall, dietro il tentativo del governo ucraino di gravitare nel mondo politico e militare occidentale ci sarebbero gli Stati Uniti che avrebbero fatto confluire finanziamenti e armi. Queste ultime sono le considerazioni che, trasversalmente, provano a giustificare l’attacco sovietico all’Ucraina, finalizzato non soltanto ad allargare i confini, ma anche a impedire di avere nelle immediate vicinanze dei propri confini il nemico storico.

Come scrivo nell’attacco dell’articolo la guerra in Ucraina è anche fortemente mediatica. Va da sé che gli organi d’informazione ufficiali sono influenzati dalla collocazione politico militare del paese dal quale diffondono le notizie. La verità di per sé è soggettiva, e va detto che lo sforzo dei giornalisti, in quanto tali, di descriverla è encomiabile e come in ogni guerra purtroppo, anche in questo caso, la categoria annovera le sue vittime, presenti sugli scenari di guerra. A proposito di verità soggettiva va ricordato che un avvenimento, lo stesso avvenimento, descritto da diversi testimoni, ha una valenza e un’interpretazione diversa influenzati da una serie di fattori soggettivi quali possono essere il credo religioso, l’orientamento politico, i valori personali, le esperienze e non ultima la condizione mentale in cui si trova il testimone. I social network, come accade da anni, sono coinvolti mediaticamente nella guerra in Ucraina e non potevano mancare le notizie false (fake news) le quali nei canali ufficiali sono maggiormente controllabili, molto meno nei social. Questi ultimi hanno preso posizioni ufficiali per evitare problemi che nel passato li hanno coinvolti: basti ricordare lo scandalo Cambridge Analytica, ovvero la società inglese di analisi accusata di avere influenzato le elezioni in dall’America all’Europa, da Trump alla Brexit e oltre. Facebook, Twitter, You Tube e Tik Tok, ad esempio, stanno provando a limitare la diffusione di contenuti inattendibili o chiaramente frutto di propaganda.

Dalla guerra mediatica non potevano certamente esimersi i due protagonisti di questa assurda guerra: Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, due personaggi totalmente diversi. Un passato da spia dei servizi segreti il primo, un passato da attore comico il secondo. Putin, sessantanove anni, nella comunicazione fa riferimento alla tradizione sovietica mostrandosi in abiti istituzionali, ovvero in giacca e cravatta, tra la folla che approva il suo operato o in uno studio ben organizzato, con il piglio dell’uomo sicuro, glaciale e granitico. Putin non disdegna del tutto l’uso dei social e dei profili personali, ma preferisce oscurarli, di sicuro non se ne serve in maniera massiva anche per la differenza di età. Zelensky, quarantaquattro anni, al contrario fa ricorso continuo all’utilizzo dei social, un influencer presente sui social principali, ma anche in video conferenza con i parlamenti europei. Indossa sempre abiti da combattente, magliette e felpe che richiamano il colore delle uniformi militari. Incarna con il suo linguaggio accorato e fluido il popolo che resiste, facendosi spesso riprendere in luoghi sconosciuti, ad esclusione di alcuni video nei quali, per mostrare sicurezza, è presente nelle piazze riconoscibili del paese.

Ormai sono lontani i giorni in cui si assisteva al dispiegamento delle forze in campo con in seno la speranza che il tutto sarebbe rientrato. Sono tanti i giorni in cui i cannoni tuonano, gli aerei attaccano, i bunker si riempiono di civili che cercano riparo, le strade sono calpestate dalla popolazione che fugge, gli edifici crollano, la gente muore. Il mio augurio e non poteva essere altrimenti, è quello che il conflitto possa presto terminare con un accordo che soddisfi entrambe le parti, ma non dimentichiamo che la stessa Ucraina è caratterizzata da profonde divisioni, al limite della guerra civile, che purtroppo coinvolge e ritengo coinvolgerà nel futuro prossimo la popolazione sostanzialmente divisa tra chi preferisce stare con l’Occidente e chi invece preferisce rimanere nell’orbita della Russia.

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