“Cari fottutissimi amici”, una commedia all’italiana di buon livello

Articolo di Gordiano Lupi

Cari fottutissimi amici (1994) è scritto da Rodolfo Angelico, sceneggiato da Suso Cecchi D’Amico, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi e Mario Monicelli. La fotografia è di Tonino Nardi, il montaggio di Ruggero Mastroianni, le musiche sono di Renzo Arbore (consulente per i pezzi d’epoca) e Alessandro Mannozzi. Interpreti: Paolo Villaggio, Paolo Hendel, Massimo Ceccherini, Beatrice Macola, Novello Novelli, Antonella Ponziani, Eva Grimaldi, Elijan Raynard Childs, Vittorio Benedetti, Stefano Davanzati, Giuseppe Oppedisano, Sergio Pierattini, Marco Graziani, Alessandro Paci. Cari fottutissimi amici è commedia all’italiana di buon livello, anche se parte della critica stronca senza appello uno degli ultimi lavori di Mario Monicelli. Siamo nel 1944, in una Toscana appena liberata, dove l’ex pugile Dieci (Villaggio) compone una sorta di Armata Brancaleone pugilistica che si sposta da una città all’altra per combattere sul ring. Il prezzo pagato per incontri, spesso combinati, in gran parte farseschi, sono generi alimentari, vestiti e prodotti di prima necessità. La fortuna dello sgangherato gruppetto consiste nell’incontrare gli americani che in cambio di una serata pugilistica riempiono il camion dei disperati di ogni ben di Dio. Villaggio è molto bravo come capo gruppo che raduna attorno a sé una serie di persone disposte a tutto pur di sopravvivere, recita una parte da vero attore e non da caratterista. La frase simbolo del film viene affidata addirittura a Cecchierini che nel finale ricorda il passato, dice che erano tempi diversi, non solo perché aveva vent’anni, infine aggiunge: “Forse è vero che sopravvivere è meglio di vivere”. Ottima l’ambientazione nella Toscana del 1944 con gli americani che stanno liberando la penisola, i partigiani che danno la caccia ai fascisti e la gente che cerca di sbarcare il lunario. Grande ricostruzione d’epoca tra casolari abbandonati, linee ferroviarie dissestate, camionette distrutte che arrancano a fatica per le colline senesi bruciate dal sole. Molto bravo Ruggero Mastroianni al montaggio e ottima la fotografia di Tonino Nardi. Indispensabile la consulenza musicale di Renzo Arbore che compone una colonna sonora a base di gustosi brani d’epoca. Tutto è recitato in un convincente vernacolo toscano, a parte Villaggio che parla genovese, ma il personaggio glielo consente. Molto bravi Ceccherini, Novelli ed Hendel, perfettamente a loro agio con i personaggi interpretati. Non abbiamo più visto un Ceccherini così diligente e disciplinato. Un vero attore comico. Belle presenze femminili come Eva Grimaldi, Beatrice Macola e Antonella Ponziani. Da citare alcuni frangenti indimenticabili: la pisciata in compagnia (persino il cane e una ragazza vestita da uomo che si nasconde dai partigiani), il commento sarcastico sulla Coca Cola che sa di petrolio e di ascella (“Lo vedi è una purga, c’è scritto Caca Cola!”), l’interprete siciliano che conosce l’inglese, la scoperta della minestra in polvere che portano gli americani, lo scherzo dei partigiani che mettono in scena una finta fucilazione. Al campo americano tutto finisce in rissa, ma il regista fa in tempo a ricostruire la presenza di cibo in scatola, gomma da masticare, hamburger, hot dog, latte in polvere, cioccolata e altre prelibatezze ignote agli italiani. Un film on the road, stile Amici miei e L’armata Brancaleone, che parla di amicizia, guerra, amore, tradimenti e voglia di sopravvivere, con delicatezza e poesia. Ottima la sceneggiatura, scritta da professionisti come Suso Cecchi D’Amico, Benvenuti e De Bernardi, priva di tempi morti e ricca di suspense, senza pecche la regia. Il film per Monicelli si dovrebbe intitolare Bazza di vetro o Dieci, ma la produzione opta per Cari fottutissimi amici. Paolo Mereghetti distrugge il lavoro di Moncelli concedendo una sola stella: “Tutto già visto. Commedia stanca, senza idee nuove, indulgente e nostalgica. Un road movie picaresco che è l’ennesimo ritratto dell’Italia strapaesana, retta dall’incrollabile arte di arrangiarsi e osservata con l’occhio falso-cinico-grottesco dell’ex commedia all’italiana riciclata”. Per fortuna Morando Morandini concede due stelle e mezzo: “Film corale picaresco di svelta protervia e apparente futilità in una miscela di disincanto e buffoneria, pathos e ironia, crudeltà e tenerezze di contrabbando”. Nella mia analisi spero di essere stato più chiaro e diretto di Morandini ma la sostanza è che al colto critico il film è piaciuto. Pino Farinotti arriva a tre stelle: “Monicelli firma un film molto particolare e originale, sfortunato al botteghino. Bravo Paolo Villaggio”. Non dice molto, tanti aggettivi a sproposito, ma promuove il lavoro di Monicelli. Da rivalutare.

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