San Benedetto da Norcia, una grande e dolce voce europea

Articolo di Pietro Salvatore Reina

L’11 luglio si celebra la festa di san Benedetto da Norcia, un uomo dalla «voce grande e dolce» (Jacques Le Goff), il fondatore del monachesimo occidentale.

Conosciamo la vita di san Benedetto quasi esclusivamente grazie al libro dei Dialoghi di san Gregorio Magno – papa dal 590 al 604 – che – come osserva e insegna Jacques Le Goff (Il cielo sceso in terra. Le radici medievali dell’Europa, pp. 24-25) «merita probabilmente più di altri (lo stesso san Benedetto o Carlomagno) il titolo di padre dell’Europa».

La nascita di Benedetto viene datata intorno all’anno 480. La sua famiglia proviene «ex provincia Nursiae» (dalla regione della Nursia). I suoi genitori benestanti lo inviano a studiare, a formarsi a Roma. Benedetto disgustato dallo stile di vita di molti suoi compagni di studi lascia l’Urbe e si sposta nei pressi di Tivoli per condurre una vita ascetica; da lì poi passa a Subiaco dove un monaco di nome Romano lo riveste con l’abito monastico. Nell’anno 529 Benedetto sul monte che sovrasta Cassino fonda la celeberrima abbazia.

La Regola benedettina riassume la tradizione monastica orientale ma si adatta con saggezza al nuovo mondo medievale latino, aprendo una via nuova alla e nella civiltà europea dopo il declino di quella romana. Nella Regola la preghiera e il lavoro (ora et labora) hanno un ruolo determinante, fondante. Nel solco di questa Regola in Europa sorgono tante abbazie: centri di preghiera, di cultura, di promozione umana, di ospitalità per i poveri e i pellegrini. Sempre J. Le Goff ricorda come dove Benedetto e i suoi monaci si stabiliscono essi fanno «rifiorire la terra»: frutteti, orti, laboratori, ecc. Anche grazie a Benedetto l’Antichità cede il posto al Medioevo e il monachesimo diventa il centro propulsore del rinnovamento di quei luoghi, di quelle terre ove un tempo estendeva il suo dominio il diritto romano e che negli anni di Benedetto, e prima, erano piombati nel buio dell’anarchia.

San Benedetto muore a Montecassino (Frosinone) il 21 marzo del 543 e/o 560 ma la Chiesa lo ricorda nella data odierna.

Nel Cielo di Saturno, Dante nell’ineffabile cantica del Paradiso, si rivolge a «altri assai illustri ospiti» tra i quali spicca, rifulge per intensità un beato che si rivela essere appunto san Benedetto:

Quel monte a cui Cassino è ne la costa
fu frequentato già in su la cima
da la gente ingannata e mal disposta;

e quel son io che sù vi portai prima
lo nome di colui che ’n terra addusse
la verità che tanto ci soblima;

e tanta grazia sopra merelusse,
ch’io ritrassi le ville circunstanti
da l’empio cólto che ’l mondo sedusse.

Questi altri fuochi tutti contemplanti
uomini fuoro, accesi di quel caldo
che fa nascere i fiori e ’ frutti santi


Dopo aver parlato della sua esperienza di guida spirituale, Benedetto presenta a Dante gli altri beati del cielo di Saturno: Macario, esponente del monachesimo orientale, Romualdo, fondatore dell’Ordine dei Camaldolesi. Ciò che contraddistingue la vita di questi contemplativi è l’ardore della carità: «quel caldo / che fa nascere i fiori e’ frutti santi» (Paradiso XXII, 47-48). Il 24 ottobre 1964 papa Paolo VI proclamando san Benedetto Patrono d’Europa intese riconoscere la meravigliosa opera di questo uomo e santo per la formazione della civiltà e della cultura europea. Sul tema e problema dell’identità europea è più volto ritornato il papa emerito Benedetto XVI specialmente nel famoso discorso tenuto al Parlamento tedesco (22 settembre 2011) nel quale ha espresso in una forma assai sintetica ma saggia le sue idee in merito: «La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma – dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’intima identità dell’Europa».

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