“La notte dell’agguato” è un film western intimista che parla di solitudini e di mondi selvaggi

Articolo di Paolo Quaglia

Cowboy di mezza età vuole smettere la professione e ritirarsi nel suo ranch. L’uomo accetta di accompagnare una donna e suo figlio fino alla prima città. Sul tragitto il marito della donna, un indiano senza scrupoli, si fa vivo più volte uccidendo e depredando. Il vecchio mandriano decide di portare i malcapitati con lui ma arrivati a destinazione il pellerossa li raggiungerà per riprendersi il primogenito.

La notte dell’agguato è un film di Robert Mulligan con protagonista Gregory Peck. Tratto da un romanzo di V. Olsen è un western intimista che parla di solitudini e di mondi selvaggi. I personaggi si adattano a una vita difficile in cui non esistono regole precise. La partenza in sordina del film ne arricchisce il significato facendo apprezzare soprattutto il rapporto di forze e debolezze tra gli indigeni e i coloni.

Rapita e uccisa la famiglia alla neo mamma non è rimasto che vivere per anni a contatto con gli indiani diventando amante del capo guerriero. Sam , Peck, è una guida dell’esercito confederato che dopo anni di servizio vorrebbe dimenticare tutto vivendo di solitudine e terra da coltivare. Sulla strada del protagonista s’inseriscono due personaggi deboli cui l’uomo si sente in dovere di badare.

Queste premesse permettono a La notte uno sviluppo quasi sussurrato senza marcare le tinte con sparatorie o frecce il film arriva all’obiettivo di mostrare una parte di West. La sceneggiatura è minima ma efficace, dialoghi che oscillano tra la crudezza e l’ironia mostrando un’epoca. Una vicenda che parla di uomini e desideri illustrando quanto il territorio americano del tempo non fosse ancora regolato da molte leggi se non sopravvivere.

La regia di Mullingan alterna il ritmo permettendo agli attori di trasmettere sentimenti e azione, come nel miglior cinema classico. La forza del film sono soprattutto gli aspetti atipici per il genere come la voglia di compagnia e la ricerca di un rapporto umano per continuare. Un film quasi fuori tempo, è del 1968, per il periodo ma in grado di alternare classicità a nuove regole del genere bilanciando all’intrattenimento una dimensione sociale.

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