Le star del cinema, veri e propri punti di riferimento nell’immaginario collettivo

Articolo di Paolo Quaglia

Le star del cinema hanno rappresentato e rappresentano veri e propri punti di riferimento nell’immaginario collettivo. Alcuni nomi sono diventati immortali attraverso il loro lavoro e la loro vita pubblica e privata, ma ci sono anche esempi di riservatezza o semplicemente di sfortuna. Andando a guardare l’immensa lista di personaggi che si sono avvicendati negli anni sullo schermo oltre ai volti noti si possono scoprire talenti nascosti . Uno di questi è stato sicuramente Randolph Scott. Nato ai primi del novecento l’attore americano ha preso parte a più di trecento. Principalmente noto per il genere western Scott è riuscito a testimoniare come fosse possibile lavorare con risultati ottimi in circuiti minori.

Un tempo le case di produzione cinematografiche mettevano sotto contratto molti nomi riservandosi di provare il loro impatto sul pubblico. Mentre John Wayne è rimasto il cowboy per eccellenza, Scott è noto solo ai cinefili più attenti. L’apice della carriera per questo talentuoso interprete di eroi solitari è legato al ciclo che l’ha legato a Budd Boettigehr. Regista dalla vita avventurosa Boetticher è stato un autore finissimo di atmosfere in quella frontiera popolata da coloni che il west ha raccontato per anni. Principalmente attivo negli anni cinquanta il duo Scott Boetticher ha realizzato film che hanno influenzato autori come Sam Pekinpah o Quentin Tarantino. La particolarità del cinema in questione stava nel proporre storie, dove l’epica e i valori erano patrimonio di pochi in un mondo dove l’egoismo e la violenza regnavano. Questi due talenti nascosti della settima arte sono un esempio di come spesso la popolarità sia una questione di caso e sicuramente non un indice di spessore.

Titoli come Decisione al tramonto o i Tre Banditi rappresentano tutta l’epopea west limitandosi a raccontare una verità non necessariamente attraverso tinte forti. La regia di Boetticher era semplice, spesso i costi di realizzazione non permettevano altrimenti, mentre la recitazione di Scott seguiva una vicenda che spesso era composta di più generi. Decisone al tramonto parte dalla commedia per virare alla tragedia in stile western e concludersi con trionfo , solo parziale, del protagonista. Budd era un creatore di antieroi perfettamente costruiti con sbavature caratteriali o imperfezioni per rendere la storia maggiormente credibile. Randolph Scott recitava come Clint Eastwood avrebbe fatto qualche anno più tardi attraverso poche espressioni e una presenza scenica nascosta e per questo individuabile. Lo stesso Eastwood ha cominciato lavorando in quei circuiti minori che hanno regalato e regalano capolavori da tanti anni.

La fama nel cinema è relativa e questione di pochi centimetri legati a una scelta. Oggi le serie minori nel cinema sono quasi del tutto sparite e con loro la possibilità di inseguire e spesso avvicinare nomi come John Wayne. Eastwood o John Ford. Attraversando la storia del cinema ci si rende conto di come l’esempio di Scott e Boetticher è solo uno dei tanti casi di riservatezza in un lavoro smaccatamente pubblico. Il confine tra successo e anonimato non deve mai sminuire la produzione intellettuale e scenica di un artista anche perché apparire, non è un piacere di tutti ma una perversione di molti. Abbiamo esempi di attori e attrici che al culmine del loro successo hanno deciso di ritirarsi per vivere lontano dai riflettori, spesso cimentandosi con altre arti. James Cagney ha deciso di ritirarsi dopo aver lavorato con Billy Wilder nella commedia “Uno due tre” , Greta Garbo ha lasciato le scene quando ancora la sua stella brillava e lo ha fatto dopo una manciata di film ( il suo ultimo è stato Ninotcha ) . Storie che s’intersecano con quelle di registi che hanno preferito mettere la parola fine al loro percorso artistico non per una questione di età ma perché sicuri di aver detto tutto. Esistono poi professionisti che non sono mai arrivati alla ribalta facendosi apprezzare come autori di nicchia, artisti a tutto tondo che il caso ha voluto fossero per amanti del cinema sufficientemente curiosi .

Detour deviazione per l’inferno 1945 Edgar G Ulmer

Pianista Newyorkese raggiunge in macchina la sua fidanzata a Los Angeles. Durante il viaggio in autostop è caricato da un ricco signore che gli racconta una sua disavventura amorosa con l’autostoppista precedente. Una ragazza avvenente che, dopo aver tentato di circuirlo, lo ha aggredito. L’uomo stanco chiede al musicista di guidare per permettergli un po’ di riposo. Qualche ora più tardi l’autostoppista prova a risvegliare il compagno di viaggio accorgendosi che è morto. Al Roberts (il protagonista) decide di occultare il cadavere assumendo l’identità del defunto. Il giorno successivo una ragazza che ha caricato capisce il suo segreto e comincia a ricattarlo. Il pianista finge di starci ma la provvidenza sembra abbandonarlo.

Noir di cupissima ambientazione rappresenta uno dei tesori più nascosti nel genere. Il lavoro di Ulmer è soprattutto psicologico realizzato attraverso digressioni temporali che descrivono i personaggi fino a renderli vivi. Al è eroe perdente trascinato dagli eventi in una discesa senza fine. La messa in scena “povera” è perfetta nell’accompagnare questo mistero umano, dove la fine sembra non esistere. Il film ha ritmo e suspense che si alternano portando lo spettatore a seguire il protagonista nella sua avventura. Girato in sole sei settimane Discesa per l’inferno crea atmosfere attraverso una messa in scena espressionista e un bianco e nero avvolgente. La voce off che racconta rende i flashback, un elemento dal valora aggiunto.

Un bacio e una pistola 1945

Un investigatore privato indaga sull’omicidio di una donna che scopre, essere collusa nel furto di materiale atomico. Dopo aver dato un passaggio alla malcapitata, Mike Hammer vuole veder chiaro sulle ultime parole pronunciate dalla morta e si introduce in un’organizzazione criminale con tentacoli ben radicati ovunque. Tratto da un racconto di Micheal Spillane il film di Aldrich è uno dei gialli più riusciti di sempre. Dotato di un ritmo stile orologio svizzero Un bacio e una pistola rappresenta l’inizio del genere moderno . Il film non è facilmente definibile perché varia con lo sviluppo della storia passando dal giallo all’azione alla spy stories con naturalezza e una violenza a tratti smodata. Aldrich presenta un investigatore di mezza tacca che si trova ad affrontare qualcosa che fatica a gestire. In Un Bacio convivono intrattenimento e spessore rendendo il risultato finale, un piccolo capolavoro sottovalutato. Negli anni il film è diventato fonte d’ispirazione anche grazie alla rivalutazione dei critici dei Chaiers du cinema che per primi ne hanno visto le potenzialità . Poco apprezzato in patria il film si distingue per la sua spregiudicatezza e la sua analisi sociale in avanti sui tempi.

Treno popolare Raffaello Matarrazzo 1933

Su un treno regionale s’incrociano le vite di uomini e donne comuni. Tre ragazzi si concedono una gita in biciletta per la campagna di Orvieto. Due uomini in competizione per una ragazza che non sa quale scegliere fino a che l’avvenenza di uno non la convince. Una coppia di mezz’età litiga per un tradimento e una donna si ritrova sola con i suoi problemi. Treno popolare è un film del 1933 diretto da Raffaello Matarrazzo, qui al suo esordio. La leggerezza del regista di Catene s’intuisce dalle prime scene che raccontano una domenica come tante per i mortali. Lontano dal lusso il gruppo si reca da Roma in quella campagna che, un tempo,rappresentava la meta sollievo per le classi popolari. Girato con grande attenzione ai particolari il film affronta direttamente temi scomodi per quei tempi. Matarrazzo non ha paura a raccontare le angosce di una moglie tradita e la scoperta dell’erotismo nei giovani. Anticipatore del neorealismo Treno popolare racchiude quegli stilemi propri del movimento cardine nel cinema italiano. Recitato da attori non professionisti, il film è un quadro di umanità in cui vengono a galla paure e speranze di un popolo che non rinuncerà mai a sorridere. Nella pur breve durata la vicenda corale rappresenta perfettamente un universo grazie a dialoghi profondamente realistici e a un ottimo bianco e nero. Troppo avanti nel pensiero il film non ebbe un successo immediato ma divenne un punto di riferimento per registi quali Rossellini, Scola e Visconti.

La notte dell’incrocio Jean Renoir 1932

Appena fuori Parigi muore un piazzista di gioielli olandese. Il caso è assegnato a Maigret che indaga alla ricerca della verità. I sospetti sono molti da un garagista a un’avvenente signora con il fratello losco. Del gruppo anche un agente immobiliare senza passato tracciabile. Durante l’investigazione succede di tutto. Muore la moglie del venditore e Carl, il fratello della femme fatale, viene ferito per mano di ignoti. Quando la stessa mano minaccia di eliminare Elsa, la donna coinvolta, i problemi s’infittiscono.

La notte dell’incrocio è un film del 1932 diretto da Jean Renoir . Tratto da un romanzo di Simenon non ha avuto gran fortuna appena uscito. L’intrigo troppo complicato e uno sviluppo celebrale della vicenda spaventarono pubblico e critica del tempo. Il valore aggiunto de La notte dell’incrocio sta nell’atmosfera che Renoir ha saputo creare. Un dipinto per immagini delle notti autunnali dove pioggia perenne e nebbia rendono epici e allucinati i paesaggi. Il regista supera il poliziesco dipingendo un momento della giornata e immergendo personaggi che fanno da contorno alle sue pennellate visive. Rivalutato negli anni successivi, è un esempio di titoli dimenticati che hanno reso possibile lo sviluppo di almeno due generi narrativi.

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