“Siccità”, una commedia dolceamara che prova a raccontare l’Italia del post pandemia

Articolo di Paolo Quaglia

A Roma sono passati tre anni dall’ultimo temporale e la città comincia a sentirlo. I cittadini della capitale si muovono tra un letto del Tevere asciutto e le incomprensioni che caratterizzano vite dove regna l’individualismo. Nel frattempo la classe politica non trova soluzioni e i singoli abitanti continuano a fare dell’incomunicabilità il loro mantra. Tra queste persone sembra non esserci più connessione nemmeno per discutere. Alberto è in galera e non pensa più alla libertà, Alfredo l’attore è ossessionato dai social media e dal successo latitante mentre la moglie lavora. Questo quadro fatto da autisti sull’orlo della pazzia o avvocati traditori non riesce a seguire altra strada se non ripetere stancamente maschere disperate. Poi ci sono i giovani, annichiliti dai tempi e in conflitto con la generazione precedente, che vagano per le strade assuefatti dal nulla quotidiano.

Torna al cinema Paolo Virzì con Siccità una commedia dolceamara che prova a raccontare l’Italia del post pandemia. Utilizzando un pretesto come l’acqua, il regista livornese torna alla commedia italiana degli anni settanta \ ottanta, dove la critica sociale si faceva in maniera educatamente disillusa. Un film sgarbato nel chiamare quel garbo che manca al paese fagocitato dalla comune assenza di empatia ma dotato di grandissimo livore umano. I personaggi che Siccità racconta sono gente comune che confonde egoismo e disinteresse con la comprensione per il prossimo.

Storie di vita che il regista di Ovosodo rende reali dosando la sincerità al dolore ma senza rinunciare al cinismo endemico proprio dell’italiano. Un cinema doloroso e diventante quello di Siccità. Virzì torna al racconto corale stile Ferie D’Agosto rileggendo i tempi con occhio attento. Trovare un modo per superare le differenze sembra essere l’unica strada per continuare un viaggio sulla medesima barca, questa è la morale della storia.

Una capitale che rappresenta tutto il paese , dove si ritraggono personaggi desiderosi di essere ascoltati ma non di ascoltare. In Siccità si ride e ci si domanda se quelli sullo schermo non siano persone note e si fa grazie alla capacità del regista di ritrarre un’idea di mondo. Le vicende che si alternano potrebbero essere lontane dalla realtà dello spettatore ma è quasi impossibile non riconoscersi. Cinema gradevole e pensieroso.

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