“Giorni Contati”, un film straordinariamente evocativo

Articolo di Paolo Quaglia

Idraulico di mezza età decide di cominciare a vivere dopo aver visto morire un suo coetaneo. L’uomo decide di andare alla ricerca del tempo perduto e di guardare alla vita con maggior profondità. Dopo aver fatto l’alba, essere andato a visitare un museo e recuperato una vecchia fiamma, lo stagnaro tornerà mestamente al suo lavoro.

Giorni Contati è un film del 1963 diretto da Elio Petri e intepretato da Salvo Randone. Secondo lavoro del regista romano rappresenta un ideale seguito al neorealismo che Petri decide di unire alla riflessione intimista. Cesare muta dopo che una mattina sul tram vede la morte da vicino e quella vita di certezze si trasforma in una vita di domande.

La crisi di mezza età viene rappresentata con un tono intimista, lontano dai clichè usuali il protagonista di Giorni Contati prova semplicemente a cambiare approccio alla sua vita. Petri presenta diversi personaggi figli di una società troppo spaventata dal farsi domande. Il periodo dove la vicenda prende piede è quei 60 del boom dove frenesia e consumismo nascondo una solitudine disperate cui il consumismo risponde solo in parte.

Randone vaga per Roma alla ricerca di se stesso e dei suoi amici che non capiscono le sue necessità mantenendo vivo un profondo desiderio di imparare. La ricerca di un senso che il protagonista chiede alla sua vecchia fidanzata sposata e delusa raccogliendo solo un’occasione desitnata a fallire nel ricordo.

Un film straordinariamente evocativo che si fa apprezzare per la crudezza e l’ironia che Petri mutua dalla Novelle Vague insieme alla profonda onestà che gli era naturale. Dialoghi ricchi di quelle domande senza risposta che sono alla base della storia formano una sceneggiatura proposta ma non imposta. Giorni contati non è un film a tesi, vuole solo raccontare dei dubbi che sono del protagonista ma anche delle figure attorno anime incapaci di una reazione alla tristezza.

Da Bergman ad Antonioni si ritrovano in Giorni contati, dove lo scorrere del tempo sembra essere cristallizzato da dialoghi metafisici senza risposta. Espressione inespressa su pellicola che riesce a intrattenere grazie a una miscela di narrazione umana.

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