La necessità politica ed il ruolo dei tecnici

Articolo di Massimo Rossi

Negli ultimi 10/15 anni il nostro Paese è stato governato da tecnici. Il primo (più recentemente) fu il governo Ciampi, poi Monti, poi Draghi, ma anche lo stesso Conte era un tecnico. La politica si è fatta da parte ed ha lasciato il posto alla “competenza” ed alle competenze (vere o presunte). Ci si è ubriacati di una idea razionalista ed efficientista che, però, ha da sempre due limiti: non progetta e non sceglie la via per il futuro. Il tecnico, per sua natura, è molto capace nel destreggiarsi in quello che c’è, nelle norme e regole esistenti, ma è incapace di progettare e, peraltro, non è giusto che lo faccia. Il progetto ed il cammino deve essere indicato dal politico che deve avere la forza propulsiva degli ideali e delle volontà che hanno la forza di cambiare l’oggi guardando ad un domani migliore. E qui veniamo al problema più serio che il nostro Paese deve affrontare: quale politica è per la scelta e quale politica è per il futuro? Vi sono forze politiche nell’arco costituzionale in grado di esprimere progetti e scelte? Cosa è un progetto politico e cosa è una scelta politica?

Nel nostro Paese dopo il 1993 (anno orribile) che ha, di fatto, spazzato via, nel nome di un rigore contabile inesistente per i più, i partiti storici che hanno costruito e governato l’Italia , non vi è stato un ricambio culturale e politico, ma è iniziata la corsa al partito personalistico, al partito/persona che è, sostanzialmente, identificativo tra leader e partito. Siamo passati da uno schema partito fatto di persone, anche con idee diverse, ad un sistema partito che è l’esaltazione del capo, del leader, del capo popolo. Si è sostituito il ragionamento filosofico e sociale con l’espressione del consenso fatto di identità tra il partito ed il leader. Si sono persi quei valori di carattere sociale e culturale e si è sempre più guardato alla politica come una “cosa” per i soliti “pochi” e, soprattutto, per chi la pensa come il leader. Le correnti all’interno dei partiti sono state ragioni e fonti di scontro, ma in ogni caso (dipendeva dai singoli) erano motivo di arricchimento e di polivalenza all’interno del partito.

Nei sistemi-partito fatti dal leader, in realtà, le diverse opinioni sono osteggiate, sono bandite, sono messe ai margini quando, addirittura, espulse. Un esempio macroscopico di ciò fu il famoso convegno all’Auditorium della conciliazione a Roma, dove il leader di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini che aveva convogliato nel Popolo delle Libertà (un nome che non fu proprio azzeccato) il partito di cui era segretario, fu messo alla porta dal leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Si assistette ad una “defenestrazione” politica “coram populo” che era l’espressione esatta di quello che poteva essere un partito/persona. L’esempio è forse quello più macroscopico, ma non l’unico e si assiste tutto questo in tutti i partiti attuali anche quelli storici come il PD e la Lega. Il partito/persona ha molti aspetti che, di fatto, allontanano la gente della politica. Il partito/persona, di fatto, crea una cerchia ristretta di soggetti che sono tutti vicino al leader ed il resto è folla molto spesso “indistinta”.

La politica e l’idea di politica di cui abbiamo, tremendamente, bisogno non è rappresentata dal partito/personalistico, ma dal partito partecipativo, democratico, pluralista e dialettico. Da una forma non verticistica, ma di carattere associativo più evoluta del movimento, ma meno orientata del partito/persona. Abbiamo bisogno di realtà politiche che guardano ad una selezione su base culturale e del merito all’interno e che possano così garantire un ricambio che, altrimenti, sarebbe impossibile; e, di fatto, è impossibile. Il sistema partito fatto di uomini e donne che hanno progetti ideologici comuni. Senza ideologie e senza progetti non si va da nessuna parte; si è fermi a soddisfare l’orientamento della “folla” che non è mai cosa buona. Si possono vincere le elezioni con gli slogan e con le forzature senzazionalistiche, ma non si governa un paese complesso e meraviglioso come l’Italia.

Quindi, occorre ideologia, occorre partecipazione collettiva, occorre democrazia del pensiero, occorre tolleranza, occorre guardare al merito, occorre progetto che vada oltre il sondaggio ed oltre le elezioni. Occorre in più, e ne occorre tanto, il coraggio di tenere fede alle scelte fatte ed ai propositi che caratterizzano l’azione politica. Occorre che il coraggio sostenga le idee e che non necessariamente sia gradito al popolo. Occorre meno sudditanza del politico rispetto al sentir popolare. Il politico deve proporre e, per questo, essere scelto con lo strumento del voto. Ovvio che le scelte scontentino una parte, ma se fatte per il bene del Paese sono per il bene di tutti i cittadini quelli che hanno votato a favore e quelli che hanno votato per un altro progetto politico. La politica e l’ideologia fatta di idee e di progetti è quello di cui l’Italia ha bisogno adesso, subito, senza attendere oltre. Ha bisogno di politici che sappiano guidare e non che siano guidati dal rumore della massa. Devono guidare la massa e non cavalcare il sentire di essa. Il politico indichi il percorso ed il fine, il tecnico si metta a disposizione per realizzarlo. In questo senso si riprenderà il valore alto e sociale della politica che è l’unico strumento capace di produrre democrazia e pluralità di pensiero.

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