“Il colibrì”, un film che ha deluso le aspettative? Pare di si…

Articolo di Gordiano Lupi

Parafrasando Sergio Leone, quando Archibugi e Piccolo incontrano il cinema italiano, il cinema italiano è un cinema morto. Era già accaduto con Siccità, film del quale mi sono astenuto da scrivere mezza riga, per rispetto a Carlo Virzì e nel ricordo dei bei tempi in cui sceneggiava i film con Francesco Bruni. Il colibrì, è persino peggiore, se mai possibile, a rincarare la dose abbiamo anche Sandro Veronesi, autore di uno dei libri più inutili degli ultimi quarant’anni, scritto per narrare la tragedia di un uomo immobile, uno che vorrebbe conservare tutto in un impossibile infinito presente, non buttare via niente, non cambiare mai, per non sconvolgere l’esistenza. Non sa che la vita cambia le carte in tavola da sola, anche a chi non vorrebbe, così quando accade accetta il destino con fatalismo, cercando di conservare il più possibile del suo passato. Il colibrì è la storia di un uomo che sposa una persona solo perché la vede in televisione e gli sembra che i loro destini siano molto simili. Poi questa donna lo tradisce a più non posso, lui non se ne rende conto, nel frattempo frequenta il primo amore a Parigi, ma non ci va a letto, così non lo perderà mai. Non basta. A un certo punto lo psicanalista della moglie lo mette in guardia dai pericoli che sta correndo, quindi (ormai in crisi) cambia mestiere, si mette ad aiutare i profughi e a fare l’arbitro di tennis. La moglie del colibrì (l’uomo immobile) è disturbata, la figlia ha problemi psicologici, ma dopo diversi anni muore mentre scala le montagne, come contorno i genitori del protagonista muoiono di cancro e lui si fa praticare l’eutanasia clandestina per farla finita. Tutti al capezzale, in ogni caso, di un moribondo perfetto che in vita sua ha rinunciato persino a una vincita al gioco per non vedersi modificare l’esistenza. Basta con la trama, avete capito che siamo di fronte a un film tanto assurdo e grottesco da sembrare surreale, quasi un romanzo di fantascienza, un campionario di sfortuna concentrato in un solo uomo. Il bello (o il tragico?) è che scrittore e sceneggiatori ci credono davvero in quel che dicono e pensano di spezzare il pane della cultura a noi poveri spettatori che a un certo punto imploriamo un film francese o spagnolo per tornare alla realtà, a una vera commedia, a un intenso melodramma. Ci troviamo di fronte a sceneggiatori che scrivono da Capalbio – infatti il film è ambientato proprio lì e a Firenze – tra un’oliva e un aperitivo poco alcolico, una cena al ristorante e una capatina sulla spiaggia riservata. Autori che hanno perso il contatto con la realtà, con un mondo che non ha bisogno delle loro storie assurde, anche se la televisione fa il possibile per presentarle come capolavori. Il colibrì è il niente vestito di nulla, confezionato (a prezzi altissimi) con un’ottima fotografia patinata, uno stile di regia a base di piani sequenza, un montaggio del tutto non consequenziale (a salti temporali come se non ci fosse un domani) e una suadente colonna sonora. Interpreti tutti molto bravi, ma sono chiamati a recitare il niente. Persino Favino, capace di rendere credibile e commovente persino la pubblicità del Dixan, in certe scene si trova in imbarazzo. Moretti e Smutniak sono loro, come sempre, attori capaci di interpretare un solo personaggio. Brava la Morante. Massimo Ceccherini si trova catapultato in un’operazione trash da perfetto imitatore del pirandelliano protagonista de La patente. Felice intuizione nella ricerca dei volti perfetti per impersonare i protagonisti da giovani, mentre per l’età anziana si fa ricorso al trucco. Resta il fatto che si esce dal cinema e ci si chiede che film abbiamo visto. È letteratura italiana contemporanea, bellezza! E ha vinto pure lo Strega, ti sussurra una voce. Ecco perché da un po’ di tempo a questa parte leggo solo classici.

Regia: Francesca Archibugi. Soggetto: Sandro Veronesi, Francesca Archibugi, Laura Paolucci, Francesco Piccolo. Sceneggiatura: Francesca Archibugi, Laura Paolucci, Francesco Piccolo. Fotografia: Luca Bigazzi. Montaggio: Esmeralda Calabria. Musiche: Battista Lena. Scenografia: Alessandro Vannucci. Costumi: Lina Neri Taviani. Produttori: Domenico Procacci, Anne-Dominique Toussaint. Produttore Esecutivo: Ivan Fiorini. Case di Produzione: Fandango, Rai Cinema. Distribuzione: 01 Distribution. Lingua Originale: Italiano, Francese. Paese di Produzione: Italia, Francia. Anno: 2022. Durata: 126’. Genere: Drammatico. Interpreti: Pierfrancesco Favino (Marco Carrera, il colibrì), Kasia Smutniak (Marina Molitor), Bérénice Bejo (Luisa Lattes), Laura Morante (Letizia Carrera), Sergio Albelli (Probo Carrera), Alessandro Tedeschi (Giacomo Carrera), Benedetta Porcaroli (Adele Carrera), Massimo Ceccherini (Duccio Chilleri), Fotinì Peluso (Irene Carrera), Francesco Centorame (Marco Carrera da ragazzo), Pietro Ragusa (Luigi Dami Tamburini), Valeria Cavalli (Madre di Luisa), Nanni Moretti (Daniele Carradori), Rausy Giangarè (Miraijin da ragazza), Niccolò Profeti (Giacomo Carrera da ragazzo), Elisa Fossati (Luisa Lattes da ragazza), Lorenzo Mellini (Duccio Chilleri da ragazzo), Matilda Grace Marini (Amanda Carrera), Marlo Di Crasto (Violet Carrera).

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