“Rosencrantz e Guildenstern sono morti”, un esempio di come il cinema possa farsi contaminare senza perdere magia

Articolo di Paolo Quaglia

Rosencrantz e Guilderstern si recano alla corte del sovrano danese per verificare la pazzia di un loro vecchio amico, il principe Amleto. Arrivati a destinazione, rimangono per ore in attesa che il compagno si manifesti discorrendo su qualsiasi cosa. Dalla filosofia al vino i due uomini parlano e ipotizzano come saranno ricevuti da quello che tutti dichiarano pazzo. Amleto si presenta e li accoglie con felicità ed enfasi. Purtroppo i due malcapitati non sanno di essere vittime sacrificali di un piano dell’erede al trono.

Rosencrantz e Giulderstern sono morti è un film del 1990 diretta da Tom Stoppard. Tratto da un lavoro teatrale è un esempio di come il cinema possa mutare e farsi contaminare senza perdere magia. Interpretato da due talenti quali Gary Oldman è Tim Roth il film è soprattutto intuizioni e sceneggiatura. Ispirandosi a Stanlio e Olio i due protagonisti trasformano la macchina da presa in un palcoscenico, dove variare la tragedia Shakespeariana. La vicenda assume svariati toni mantenendo un ritmo giullaresco dove la verità regna indiscussa. Nelle loro partite di tennis con la voce R e G allenano la mente e declinano pensieri sulla vita con occhio attento nonostante la loro evidente superficialità.

Stoppard porta sullo schermo una variante del testo noto e ne trae pane per individui curiosi. Leone d’oro al festival di Venezia la pellicola non ha convinto tutta la critica per la sua, supposta, natura anti cinematografica . Accusato di essere una masturbazione mentale R E G è un divertissement che fa del pensiero il protagonista principale. In scena vanno due uomini che non riescono a capire quale sia il senso della loro presenza a corte e per questo s’interrogano sulla vera natura della missione.

Una realtà impossibile da comprendere che R e G vivono in maniera ambigua provando a variare il loro atteggiamento composto quasi a voler esorcizzare il senso di morte che incombe. Stoppard tratta il testo originale come i protagonisti si approcciano agli ambienti di corte carichi di un mistero torbido e irrisolto. La morale che il film lascia è quanto la realtà sia nella finzione e non viceversa.

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