Si, i social hanno davvero cambiato la nostra vita

Articolo di Francesco Pira

Questa nuova era della robotizzazione la vediamo e constatiamo anche nelle piccole cose. Pensiamo che Alexa sia poco invasiva o il robottino che fa le pulizie di casa sia anch’esso poco invasivo. Invece sono in grado di riprodurre molti dati che ci riguardano e che noi riveliamo in cambio di piccole comodità.

Qualche giorno fa sono stato nella meravigliosa Trapani. Una città che diventa ogni giorno più bella e accogliente. Perdonatemi se sono così innamorato della mia Sicilia, ma è un amore che confesso tutte le volte che posso. Perché sono stato a Trapani? Perché con una collega che stimo tanto, e che mi onora della sua amicizia, Melania Mento (professore associato di psicologia clinica dell’Università di Messina) siamo stati relatori di un riuscitissimo e ben organizzato convegno dell’AMMI (Associazione Mogli Medici Italiani). La sezione di Trapani è presieduta dalla dinamica dottoressa Giusy Marchetti. Tema dell’incontro (è il tema nazionale AMMI) : “Influenza dei social media sui processi cognitivi del cervello e delle relazioni umane”. Un incontro concluso dalla Presidente nazionale AMMI, dottoressa Michela D’Errico e moderato dalla giornalista Lilli Genco. Il giorno dopo abbiamo registrato con la collega Mento una puntata della seguitissima trasmissione di Tele Sud “Res Publica – Sicilia chiama Europa” condotta dal Direttore Nicola Baldarotta. Abbiamo parlato della nostra vita social e di come è cambiata la nostra esistenza.

Ormai, siamo passati dall’universo al Metaverso e la prima grande rivoluzione tecnologica è compiuta. Adesso, quasi tutto è legato all’utilizzo dell’intelligenza artificiale e degli algoritmi. La nostra vita si è trasformata completamente e ci muoviamo nell’era della “piattaformizzazione”. Le grandi piattafome ci espongono al Metaverso e ci indirizzano verso questa dimensione.

Che cos’è il Metaverso? Cercare nella vita virtuale tutto quello che non troviamo nella vita reale e questo ci aiuta a dar vita ad una nostra identità digitale. Un’identità fluida che può piacere agli altri, ma in cui non siamo realmente rappresentati. Questo processo ha dei rischi di devianza per le persone adulte e soprattutto presenta pericoli per i più piccoli, per i preadolescenti e gli adolescenti.

La pandemia e il nostro isolamento hanno acuito questo fenomeno e hanno evidenziato il nostro continuo bisogno di connessione. Un dato della polizia postale evidenzia l’aumento delle devianze in rete del 210% da parte soprattutto dei minori.

Stiamo vivendo un periodo di emergenza educativa e per fronteggiare questo momento è necessario costruire un’alleanza educativa. I diversi mondi devono trovare un punto di incontro: l’informazione, la scuola, l’Università, l’Accademia, le associazioni e non è più possibile perdere tempo.

Ogni giorno la cronaca ci elenca casi di sexting, di bodyshaming, di cyberbullismo e di devianze che possono cambiare totalmente la vita delle persone. Penso a due nuove tendenze come il Hikikomori un termine giapponese che significa stare in disparte. Ragazzi che si isolano per lunghi periodi, a volte anni, e hanno contatti con l’esterno attraverso la rete. Una stanza buia, connessi con il mondo e lontanissimi dalla realtà che li circonda. Un altro aspetto è la “vetrinizzazione del corpo” che riguarda le ragazze giovanissime che, pur di diventare influencer o tiktoker, si sottopongono a diete estreme che generano problemi gravissimi come l’anoressia. Infatti, si stanno aprendo in varie parti d’Italia dei fronti per cercare di studiare come la “vetrinizzazione del corpo” può portare a conseguenze estreme.

Nella mia ultima ricerca, contenuta nel mio ultimo libro “Figli delle App”, è emersa la fragilità dei preadolescenti e degli adolescenti, confermata dall’ultimo rapporto UNICEF. Oltretutto, durante la pandemia, sono aumentati del 30% i ricoveri per autolesionismo o suicidi.

Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Vicari ha dichiarato, al portale Huffingtonpost, la presenza di due fenomeni: “Adolescenti che per auto affermarsi diventano aggressivi, fanno male agli altri, fanno male ai genitori, si tagliano, diventano intrattabili e giovani che si chiudono a riccio, si rifugiano nel loro mondo e nella loro stanza e non sappiamo se avranno voglia di uscire fuori da questo guscio, una volta passata la tempesta”. Abbiamo il dovere di invertire la tendenza senza dover demonizzare la tecnologia, perché il problema non è la tecnologia .

Bisogna contestualizzare tutto secondo il proprio tempo. Oggi, noi sappiamo che esistono le tecnologie e sono dei mezzi.

La televisione in passato è stata contestata e in alcuni casi viene contestata anche oggi. Fortunatamente, a fare la differenza ci pensano programmi come quelli di Piero e Alberto Angela. Oggi, la televisione sta soffrendo moltissimo e i programmi vengono visti da un pubblico sempre più adulto. Quando parlo con i miei studenti ci tengono a mettere in evidenza che seguono e amano Netflix. La televisione di servizio pubblico sta perdendo il suo ruolo e noi vediamo i palinsesti pieni di talk show che servono solo a riempire palinsesti. Allo stesso modo, vediamo una serie di telefilm e fiction basati sulla violenza e riescono a totalizzare ascolti davvero importanti e questo deve farci riflettere.

I giovani preferiscono affidarsi alle piattaforme come ad esempio Twitch tv e questo dimostra come sta cambiando la nostra fruizione dei programmi. Su Twitch troviamo la figura dello “streamer” che riesce a far soldi grazie alle proprie dirette. Ci vogliono delle buone capacità di intrattenitore, visto che gli spettatori pagano per visualizzare ciò che viene trasmesso. Asian Andy, un giovane di 26 anni, ha voluto dare una testimonianza su YouTube dell’esperienza che ha vissuto. Basta azionare la webcam e far partire la diretta: lo streamer vuole dormire, o almeno tenta, e gli utenti cercano di svegliarlo o di infastidirlo offrendo soldi reali. Per qualche motivo che non conosco, o meglio che non comprendo, in tanti ritengono divertentissima questa tipologia di diretta. Si potrebbe pensare che dipenda da una forte curiosità e dal desiderio di sapere cosa fanno gli altri.

Purtroppo, dimentichiamo il vero problema quello della sorveglianza. Shoshana Zuboff, accademica e scrittrice statunitense, ha scritto un volume dal titolo: “Il capitalismo della sorveglianza”. Nel testo l’autrice dimostra che tutto quello che accade viene costantemente controllato e tutto quello che facciamo viene di continuo accertato.

Questa nuova era della robotizzazione è un’era che vediamo anche nelle piccole cose. Pensiamo che Alexa sia poco invasiva o il robottino che fa le pulizie di casa sia poco invasivo e invece sono in grado di produrre molti dati che ci riguardano.

La grande scommessa è quella di lavorare sulle nuove generazioni, di educare alle emozioni, di guidare i giovani alla scoperta delle nuove tecnologie.

Dispiace affermare che i genitori sembrano scomparsi. Pertanto, per porre rimedio a questa situazione i genitori devono ritrovare la loro autorevolezza e devono conoscere le opportunità e rischi della rete.

Ogni giorno c’è un caso di cronaca e spente le luci sul caso di cronaca dimentichiamo anche i nomi delle vittime. Non è giusto che per inseguire una sfida su TikTok venga interrotta la vita di un bambino come è accaduto a Palermo, a Vittoria e in altre parti d’Italia e del mondo. Occupiamoci del nostro io e ascoltiamo i nostri ragazzi, perché hanno bisogno della nostra presenza e del nostro continuo sostegno.

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