Natale è ancora una festa cristiana? Intervista al Prof. Francesco Pira

Articolo di Pietro Salvatore Reina

Il professore Francesco Pira, sociologo dell’Università di Messina: ”La bellezza del presepe è la vera ricchezza. Dio si è fatto uomo per noi. Per questo motivo la troppa cattiveria mi disorienta”

Il periodo dell’Avvento, dal latino adventus significa «venuta», anche se nell’accezione più diffusa, viene indicato come «attesa», è il tempo (kairòs) che precede e prepara al e il Natale.

Nella concezione cristiana il «tempo», appunto kairòs, non è solo kronos: mero divenire. Il tempo- kairòs è tempo di grazia, tempo di vocazione, tempo portatore di un compito, di un appello, di una speranza. Lo scorrere del tempo ha da un punto di vista culturale (filosofico, sociologico, teologico, ecc.) un grande valore: esso costruisce, gratuitamente e intelligentemente, edifica il nostro sé, le nostre relazioni, ecc. Il tempo-kairòs – in questa «globalizzazione dell’indifferenza» (papa Francesco) – è un appello al ritrovamento di sé, della propria libertà, del primato della persona e non delle cose. Il tempo-kairòs è un tempo di crescita nel quale incastonare la costruzione della speranza e della pace. Del tempo di Natale abbiamo parlato con il professore Francesco Pira, docente associato di Sociologia, Direttore del Master in Esperto della Comunicazione Digitale e Delegato del Rettore alla Comunicazione dell’Università degli studi di Messina.

Prof. Francesco Pira

D.: Professore Francesco Pira il Natale è ancora una festa cristiana? Se analizziamo le pratiche natalizie degli acquisti, dei consumi sembra che questa festa non lo sia più ma che l’economia e la globalizzazione dell’opulenza e dell’indifferenza lo abbiamo trasformato in una festa agnostica, di più atea.

Io sono un inguaribile ottimista, ma purtroppo non è facile oggi leggere la società senza porre i necessari accenti su quanto ci sta accadendo. La cultura dello scarto trova posto facilmente e sta a noi cercare di trovare delle soluzioni e delle risposte. Una società “guardaroba” in cui è facile disfarsi degli oggetti e delle persone. Viviamo all’interno di un grande catalogo e ci muoviamo all’interno di pagine virtuali, dove è rimasta poca umanità e pochi valori.

Il grande sociologo Zygmunt Bauman sostiene che eliminiamo tutto ciò che è in discordanza con il nostro sentire. E questo apre a quel concetto di consumismo identitario, che alimenta il provvisorio. Così ciascuno sulla propria lavagna, scrive e cancella con un colpo di spugna. Le tendenze narcisistiche, l’Io performativo, l’iper-consumismo economico e anche dei sentimenti, la precarizzazione delle relazioni, adolescenti a cui è instillata la cultura della prestazione, che li fa sentire importanti, stimolando la messa in atto di tutte quelle strategie che consentono l’ottenimento del risultato, il like o i cuoricini.

Tutti risucchiati da questi media narcisistici, che si fondano sulla proliferazione dell’iper-rappresentazione che conduce verso una fragilizzazione e all’incapacità di costruire legami. Allora, dobbiamo creare un’alleanza che coinvolga la parrocchia, la scuola, l’università e le associazioni per educare ai sentimenti e non al consumismo.

Il Papa, come riporta il portale Vaticannews, ha accolto in Aula Paolo VI le delegazioni di Sutrio, di Rosello e del Guatemala che hanno offerto l’albero e i due presepi per il Santo Natale di quest’anno. Il Santo Padre ha sottolineato che: «Semplice e familiare, il presepe richiama un Natale diverso da quello consumistico e commerciale: è un’altra cosa; ricorda quanto ci fa bene custodire dei momenti di silenzio e di preghiera nelle nostre giornate, spesso travolte dalla frenesia. Il silenzio favorisce la contemplazione del Bambino Gesù, aiuta a diventare intimi con Dio, con la semplicità fragile di un piccolo neonato, con la mitezza del suo essere adagiato, con il tenero affetto delle fasce che lo avvolgono. Dio, che si fa piccolo, non nasce nei fasti dell’apparenza, ma nella povertà di una stalla». Noi ci pensiamo o preferiamo i nostri agi? A cosa siamo disposti a rinunciare per gli altri? Queste sono le domande che dovremmo porci.

Abbiamo bisogno di sentimenti e abbiamo bisogno di far conoscere quello che di bello la vita ci offre. La bellezza del presepe è la vera ricchezza del Natale. Ricordiamoci che Dio si è fatto uomo come noi e basterebbe questo a farci comprendere la vera sostanza del Natale. Per questo motivo, Le confesso, che la tanta cattiveria presente nell’umanità, mi disorienta.

D.: Il cielo sopra la grotta del presepe è segnato da stelle di indifferenza che illuminano un tempo di ripudio alla guerra ma questa è sempre più vicina, più vicina alle nostre case. Sogniamo la pace che è la migliore condizione per la vita. Ce lo insegnano Aristotele, i Vangeli, Kant. La pace è una condizione/istituzione da costruire. Ma come? L’Uomo di oggi è ancora capace di rinascita o è solo abbagliato dal denaro, l’unico generatore simbolico di tutti i valori (Galimberti), e dalla tecnica che ci monopolizza sempre più?

Tutti stiamo vivendo la forza distruttiva della guerra. Un conflitto nato alle porte dell’Europa tra la Russia e l’Ucraina. Ogni giorno i media ci trasmettono le immagini e i video di questo dramma umanitario e non riusciamo a stare sereni, perché sappiamo che non è poi cosi lontano da noi e non conosciamo cosa ci riserva il futuro. Il mondo vuole la pace e non vuole più provare questo dolore. La pandemia ha sconvolto le nostre vite e adesso dobbiamo fare i conti con qualcosa di inatteso e tragico.

Il Papa continua i suoi appelli alla pace, in occasione del trentaseiesimo incontro internazionale e interreligioso organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, ha detto: «Non siamo neutrali ma schierati per la pace… I governanti facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace…Il grido della pace esprime il dolore e l’orrore della guerra, madre di tutte le povertà”. E ancora: “Oggi la pace è gravemente violata, ferita, calpestata: e questo in Europa, cioè nel continente che nel secolo scorso ha vissuto le tragedie delle due guerre mondiali. Siamo nella terza».

Uno scenario che non avremmo mai immaginato in cui si discute dell’uso di armi atomiche e tutti ci sentiamo sempre più intimoriti e turbati. Un momento storico molto grave in cui è necessario far comprendere a tutti quanto sia importante recuperare la pace e la solidarietà. Noi abbiamo il dovere di veicolare messaggi forti a favore della pace. Un’assurda propaganda ha destabilizzato le persone, le fake news hanno favorito la disinformazione e tutto questo non è accettabile. Una battaglia fatta di cattiverie, crudeltà e intolleranza. Il denaro? Conta e conta anche molto, ma questo dio va sconfitto e non può essere il nostro dio. Nessuna cifra e nessuna moneta può valere quanto il rispetto per la vita umana. Donne, bambini e uomini non sono numeri, ma esseri umani e vanno salvaguardati e tutelati. Bisogna innescare un percorso di comunicazione per ritrovare il concetto di cittadinanza e di Umanità con la U maiuscola.

D.: Il Natale è o dovrebbe essere un tempo gravido di senso, di umanità: il “Verbo si è fatto carne”. Quale promesse e premesse abbiamo distrutto e quali stiamo costruendo? Il Natale è la nascita di un bambino: che prospettive stiamo offrendo all’infanzia di oggi? Cosa possiamo speriamo in un’epoca segnata da vuoti, da vertigini narcisistiche, da liquidità, ecc.?

La pandemia ci ha fatto scoprire come tutto si può trasformare improvvisamente. Questa emergenza ha evidenziato che sono in atto nella società diversi pericoli per le nuove generazioni, legati ad un uso non consapevole delle nuove tecnologie. Fenomeni sempre più violenti ed estremi. Basti pensare al cyberbullismo, al bullismo, al sexting, al body shaming che hanno come protagonisti proprio i giovani.

I ragazzi vivono una doppia dimensione del corpo come centro di potere, «un portatore visibile di identità di sé», e strumento per esibirsi nell’universo social e questo li espone a rischi incredibili. Non sottovalutiamo questi fenomeni, perché possono condurre la vittima al suicidio.

In questi ultimi giorni, sono arrivati nuovi dati che riguardano gli abusi sui minori. Uno dei reati di cui si sta discutendo è il sextortion, un ricatto a sfondo sessuale per sottrarre con l’inganno denaro.

Nel 2021 è stato rilevato, da un report della Direzione centrale della polizia criminale, un +94 per cento rispetto al 2020.

L’agenzia ANSA ha pubblicato nuovi elementi preoccupanti che si sono registrati nel 2022. Le percentuali sono state elaborate sull’andamento dei reati riconducibili alla violenza nei confronti dei minori, realizzato dal Servizio analisi criminale coordinato dalla Direzione centrale della polizia criminale. Sembra proprio che siano cresciuti i reati sessuali commessi nelle scuole. Infatti, si legge: «Il maggiore aumento nel 2022 riguarda l’abuso dei mezzi di correzione, la violenza sessuale e la violenza sessuale aggravata perché commessa presso istituti di istruzione: per quest’ultimo l’incremento è del 54% (con un aumento del 58% delle vittime). In generale, per quanto riguarda i reati contro i minori, tra le vittime prevale quasi sempre il genere femminile. La fascia anagrafica con il più alto numero di vittime è quella sotto i 14 anni e tra gli autori dei reati prevalgono gli uomini di età compresa tra i 35 ed i 64 anni (62 per cento)».

La pedopornografia è un dramma del nostro tempo e anche Papa Francesco è intervenuto in diverse occasioni per spiegare la gravità del problema. L’aumento degli abusi si registra anche sui bambini costretti a lasciare la loro terra con le loro famiglie in cerca di un futuro migliore. La guerra è anche questo e non possiamo fare finta che gli abusi non avvengano.

In tutti questi atti è ravvisabile in parte quello che potremmo definire un disimpegno morale della società dedita ai consumi di ogni sorta.

In questa epoca cosi difficile abbiamo il dovere di colmare i vuoti, di informare i giovani e di trasmettere loro nuovi modelli culturali. La necessità che abbiamo è quella di trovare nuovi strumenti per educare e proteggere i bambini dai pericoli che minacciano la loro tranquillità e la loro gioia di vivere. Non possiamo aspettare altri casi di cronaca, ma serve intervenire subito e serve non avere paura di denunciare qualsiasi tipo di violenza.

Gli adulti devono guidare i giovani, devono offrire loro la speranza di un futuro migliore e per farlo devono essere uniti e collaborare insieme. Non dimentichiamoci che il sorriso di un bambino è la cosa più bella del mondo e non solo Natale, ma sempre e noi ne siamo responsabili.

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