Ricordando Lando Buzzanca e le pellicole ironiche

Articolo di Gordiano Lupi

Il merlo maschio di Pasquale Festa Campanile (1970) è il film che lancia Laura Antonelli come sex-simbol universalmente riconosciuto. Si tratta di un Buzzanca movie ma gran parte del successo è dovuto alla prodiga esibizione delle sue forme generose. La pellicola è ambientata a Verona, dove Laura  Antonelli interpreta una campagnola vicentina, recita in dialetto veneto (doppiandosi da sola), accanto a un Lando Buzzanca che recita un ruolo a lui congeniale, in chiave grottesca. Pasquale Festa Campanile adatta per il cinema un racconto di Luciano Bianciardi (Il complesso di Loth), anticipando temi e situazioni che Tinto Brass svilupperà ne La chiave (1983). Lando Buzzanca è Niccolò Vivaldi (nome che è tutto un programma, mix di due grandi compositori), marito frustrato e velleitario che sogna il successo nel mondo della musica ma non riesce neppure a far memorizzare il suo nome. Gli amici lo sbeffeggiano con scherzi feroci, il direttore d’orchestra (Tedeschi) lo irride e lo mette  a tacere, nessuno si accorge della sua presenza. Emblematica e molto forbita la battuta di Tedeschi nelle prime sequenze, quando dice ai suoi orchestrali, ma soprattutto a Niccolò, che con la loro pessima esecuzione hanno trasformato l’Arena di Verona in un Anfiteatro Flavio (il riferimento è ai vespasiani, noti orinatoi pubblici). Niccolò tiene un diario, è in cura dallo psicanalista, ricorda che da piccolo avrebbe voluto suonare il violino, ma dovette ripiegare sul più anonimo violoncello. Vive una realtà da anonimo violoncellista di fila senza possibilità di successo. Laura Antonelli è la sottomessa moglie Costanza che Niccolò conosce durante una gara canora,  affascinata dal verso del merlo maschio che il musicista imita alla perfezione. La depressione di Niccolò arriva al punto di sognare un violoncello muto, pensa che il suo strumento voglia abbandonarlo, si convince sempre più di valere meno degli altri. La rivalsa comincia quando accompagna la moglie alle Terme di Salsomaggiore, perché assistendo alle sue visite completamente nuda, si accorge che Costanza ha un seno invidiabile e un sedere che tutti guardano con ammirazione. Niccolò spia una visita ginecologica, vede il medico toccare le mammelle della moglie mentre si spoglia, ascolta gli inservienti magnificare le grazie di Costanza. Laura Antonelli è molto sensuale, per intere sequenze regge la scena senza veli, si esibisce in flessioni a seno nudo, mostra le lunghe gambe, il sedere alto e sodo, buca l’obiettivo e conquista il primo piano. Niccolò si rende conto che per lui è eccitante vedere la moglie nuda davanti ad altre persone e sentire i commenti di estranei sulle sue grazie. La rivalsa come uomo frustrato comincia con la scoperta di una moglie desiderabile che quando è vestita nasconde le sue grazie. Cominciano i sogni, parti oniriche con split screen d’epoca, veri e propri mix di musica e sesso. Niccolò si immagina sul palcoscenico dell’Arena di Verona intento a suonare il sedere della moglie di fronte a un pubblico estasiato. Sequenza cult di un film originale, che vede la Antonelli in ginocchio come se fosse un violoncello e Buzzanca impugnare l’archetto per suonarle il posteriore. Il sogno si ripete spesso, per far capire come il musicista fallito identifichi la sua sola possibilità di rivalsa nelle grazie della moglie. Laura Antonelli è molto brava a interpretare una donna semplice che cucina polenta e baccalà, innamorata del suo uomo al punto che dopo le prime resistenze accetta di assecondarne le manie. Niccolò la droga per fotografarla di nascosto e mostrarla nuda in pose sensuali (una foto la ritrae con il dito in bocca) al collega Lino Toffolo. Sequenze che hanno sicuramente ispirato Tinto Brass ne La chiave quando mette in primo piano un simile vizio del marito ma in chiave drammatica. Il merlo maschio, è una pellicola ironica che presenta il nudo femminile con finalità comico – grottesche. Le Polaroid rubate provocano una crisi tra moglie e marito, ma i familiari della donna si dimostrano inaspettatamente moderni e la ricompongono.  Niccolò comincia a mostrare le foto della moglie per sentirsi qualcuno, per far vedere che possiede qualcosa di unico, la moglie diventa la sua riqualificazione sociale. “Meglio suonare questo che il violoncello”, dice Toffolo riferito al corpo di Costanza. Le parole dell’amico eccitano Niccolò al punto che comincia a far l’amore con la moglie anche sette volte al giorno. Per la prima volta in vita sua si sente invidiato e ammirato, quindi chiede altre foto sexy con la moglie nelle pose più improbabili. Vediamo Laura Antonelli nuda sul letto mentre telefona, con una stola di pelliccia, suonando il violoncello, a brache calate e in cucina. La bella attrice è molto sensuale ma l’ironia della situazione limita la morbosità. Niccolò fotografa gli amplessi con l’autoscatto, infine realizza una gigantografia del direttore e vuole che la moglie reciti di fronte a lui. Niccolò chiede a Costanza di fingere una passione da parte del direttore d’orchestra, che le avrebbe detto: “Meglio essere un violoncellista di fila e avere una come lei”. Il corpo della moglie è paragonato a uno strumento musicale, Niccolò prima lo pizzica come una corda di violino (seno), quindi lo percuote come un tamburo (sedere), infine parte con l’acuto (rapporto). Niccolò sogna di scrivere un’opera lirica intitolata Il merlo maschio ma l’amico che ascolta il presunto capolavoro lo ferma dopo poche note e gli dice che ha riscritto La gazza ladra di Rossini. Reminiscenze giovanili, di quando studiava composizione. Niccolò spedisce le foto della moglie nuda a Men, una rivista per soli uomini che stuzzica la fantasia di tutti. Costanza tenta il suicidio per la vergogna, ma Niccolò la salva, confessandole: “La mia paura è quella di essere un nessuno, adesso ho capito che ho una moglie che tutti vorrebbero”. Costanza è la salvezza di Niccolò che sfoga su di lei tutte le sue frustrazioni. Tornano gli incubi con il sedere della moglie al posto del violoncello e aumentano i desideri di esibizione. Il musicista fallito trova un momento di gloria costringendo la moglie a vestirsi in calzamaglia, la ferisce a un piede, la porta dal medico, costretta a spogliarsi per la visita.  Purtroppo porta le mutandine e non può farla esibire completamente nuda. Niccolò invita un massaggiatore che lavora con le mani il bel corpo di Costanza, quindi la fa esibire a un casello ferroviario per un gruppo di operai al lavoro. Aumentano le pulsioni onirico – morbose di Niccolò che sogna l’amico violoncellista intento a guardare le tette della moglie e a gonfiarle come se fossero pneumatici. Il prossimo passo prevede di mostrare Costanza nuda ad amici e conoscenti, cominciando dal portiere, dopo averle fatto fingere una caduta nuda nel bagno. Costanza si ferisce davvero alla testa e finisce al pronto soccorso per una mania di esibizione del marito. Niccolò e Costanza decidono di smettere con esibizioni e foto, ma l’uomo subisce un tracollo psicologico, dimentica il suo nome e si perde per le strade della città. La scena clou della pellicola si svolge durante la prima dell’Aida all’Arena di Verona con Costanza che canta nel coro e si denuda davanti a tutti per assecondare il marito. Costanza mostra il seno e Niccolò grida: “Non ancora!”. Si alza e prende il posto del direttore d’orchestra urlando: “È mia moglie! È una sinfonia! Impotenti!”. La storia termina in una clinica psichiatrica dove Niccolò viene ricoverato. Costanza di tanto in tanto va a fargli visita, il marito la esibisce agli amici internati che certificano di aver tastato le tette più belle e sode del mondo. Enzo Robutti è perfetto nella tipica caratterizzazione del pazzo. “Se non ti faccio toccare non ci credono mica che sei così…” dice Buzzanca. Niccolò è impazzito ma contento e sull’albero intona ancora il verso del merlo maschio, ovvero La gazza ladra di Rossini.

Il merlo maschio è uno dei migliori film di Pasquale Festa Campanile, tratto da un soggetto originale come Il complesso di Loth di Luciano Bianciardi. A titolo di curiosità, lo scrittore grossetano interpreta la parte di Mazzacurati, un violoncellista di fila inquadrato spesso accanto a Toffolo e Buzzanca, che pronuncia solo poche battute. Minerva Video ha riversato in digitale i negativi del film, ma non ha potuto presentare l’opera in versione ottimale, perché i negativi sono andati perduti. La musica di Riz Ortolani conferisce un tono superiore a una storia ambientata nel mondo della musica. Tecnica di regia elegante, come stile di Pasquale Festa Campanile, tra panoramiche di Verona, inquadrature sull’Adige e dell’Arena, fotografia nitida della città. Sceneggiatura senza buchi, ricca di suspense erotica con molti momenti comico – grotteschi. La trovata del diario permette di raccontare il passato grazie a flashback e parti oniriche commentate dalla voce fuori campo di Lando Buzzanca. La Polaroid usata come strumento erotico mette nostalgia di un passato che non può tornare, ma che è esistito, anche se i ragazzini abituati a fare foto con il cellulare non possono capire. Ottimi attori comici: Gianrico Tedeschi (inflessibile direttore d’orchestra) e Lino Toffolo (l’amico violoncellista che si esibisce nella caratterizzazione immancabile da ubriaco) spalle eccellenti di un grande Lando Buzzanca. L’attore sostiene che i giornali francesi scrissero, dopo averlo visto all’opera nel film di Festa Campanile: “Altro che Dustin Hoffman!”. Trascriviamo l’affermazione con il beneficio del dubbio. Il regista avrebbe voluto Marina Vlady nella parte della protagonista, ma la seconda scelta Laura Antonelli – spontanea e per niente imbarazzata – è uno dei motivi del grande successo della pellicola. Il film non convince la critica alta. Paolo Mereghetti non va oltre due stelle: “Un film troppo debitore delle nudità della Antonelli per non risultare squilibrato tra la parabola ossessiva di un piccolo borghese frustrato e le concessioni alla commedia scollacciata”. Per fortuna il noto critico milanese concede – bontà sua – che “i nudi della protagonista non sono mai volgari”, anche se punta l’indice accusatore sulla “comicità di grana grossa contro la doppia morale del Veneto bigotto”. Marco Giusti equilibra il giudizio negativo parlando di “uno dei migliori film di Pasquale Festa Campanile”, “trionfo definitivo di Laura Antonelli nudissima come star dell’erotico anni 70”, – in realtà la bella attrice aveva ancora molto da fare – e di “grande divertente versione buzzanchiana di un racconto di Bianciardi”.Tre stelle per Morandini, condivisibile la sua analisi critica, anche se scambia un racconto per un romanzo (Il complesso di Loth): “Una delle più pimpanti e aguzze commedie di Pasquale Festa Campanile che, con un crescendo paradossale, è un iperbolico apologo sulla crisi d’identità con un Buzzanca in forma e una fulgida Laura Antonelli al culmine della sua sensualità”. Leo Pestelli su La Stampa vede solo la Antonelli: “Attrice da tenere sott’occhio e possibilmente sottomano”. Un po’ volgare come commento critico, ma efficace. Il merlo maschio – titolo ispirato al verso del merlo in amore di cui Buzzanca è uno speciale imitatore – è un cult mondiale, uno dei film italiani più esportati dell’epoca. Basta dare uno sguardo ai titoli delle undici versioni internazionali che abbiamo recuperato: Miehen Lempisoitin (Finlandia), Ma femme est un violon (Francia), Komödie in Po-Dur (Germania), Das nackte Cello (Germania), Kurotsugumi no otoko (Giappone), O erotiaris kai to violontselo tou (Grecia), A Minha Mulher è Um Violonsexo (Portogallo), The Naked Cello (Regno Unito), El mirlo macho (Spagna), Secret Fantasy (Usa), Erkek dedigin ne çalar (Turchia). Scene di culto: Buzzanca che suona il fondoschiena della Antonelli accovacciata e completamente nuda, come se fosse un violoncello, mentre in un sogno successivo il corpo a forma di mandolino della bella attrice fuoriesce dalla custodia musicale. Lando Buzzanca riferisce in alcune interviste di aver avuto un breve flirt con Laura Antonelli. Non siamo interessati ad appurare la verità, ché il nostro è un libro di cinema e non di cronaca rosa, né di pettegolezzi, ma ci sembra strano perché al tempo era noto il legame sentimentale tra Laura Antonelli e Jean-Paul Belmondo. Buzzanca ha detto ad Amarcord: “Io la Antonelli non la conoscevo. Pasquale Festa Campanile in realtà voleva Marina Vlady che all’epoca era sposata in Russia e viveva a Mosca. La prima volta che l’ho incontrata mi sono trovato con questa ragazza che aveva l’aria un po’ casalinga. Lei venne fuori senza vestiti e allora…”. Interprete ideale per una simile storia, aggiungiamo, come lo sarà per Malizia. E nessuno ci toglie dalla testa l’idea che Samperi abbia pensato a Laura Antonelli per il suo ruolo da servetta sexy quanto ingenua, proprio dopo averla vista all’opera ne Il merlo maschio.

Pasquale Festa Campanile (Melfi, 1927 – Roma, 1986) è il regista della commedia erotica sofisticata, comincia come sceneggiatore del neorealismo rosa (Gli innamorati, Poveri ma belli, Tutti innamorati…), realizza le cose migliori come scrittore di cinema per Visconti, Bolognini, Rossi, Petri, Loy e Ferreri. Laureato in legge, scrive per giornali, televisione e firma alcune sceneggiature importanti: Gli innamorati (1955) e La viaccia (1961) di MauroBolognini, Rocco e i suoi fratelli (1960) e Il gattopardo (1963) diLuchino Visconti, L’assassino (1961) di Elio Petri, Smog (1962) di FrancoRossi, Le quattro giornate di Napoli (1962) di Nanni Loy e Una storia moderna: L’ape regina (1962)di Marco Ferreri. Il lavoro di sceneggiatore copre tutti gli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, accanto a scrittori di cinema come Giuseppe Berto, Massimo Franciosa, Suso Cecchi D’Amico e Goffredo Parise. Dirige il primo film nel 1963, insieme al collega Franciosa: Un tentativo sentimentale, ma non riscuote l’approvazione né del pubblico né della critica. Secondo film – sempre con Franciosa – la commedia in costume Le voci bianche, ottimo spaccato storico della Roma del Settecento. La costanza della ragione (1964) porta al cinema il romanzo omonimo di Vasco Pratolini, sceneggiato dal regista insieme a Fabio Carpi, onesto lavoro di trasposizione su pellicola di un’opera letteraria. Pasquale Festa Campanile è attivo come narratore: La nonna Sabella, Conviene far bene l’amore, Il ladrone, Il peccato e La strega innamorata, sono soltanto alcuni titoli. Scrive la celebre commedia musicale Rugantino (1962) insieme a Massimo Franciosa e nel 1973 la porta sul grande schermo. L’opera di Pasquale Festa Campanile è interessante per una lunga serie di commedie satiriche ed erotiche (circa cinquanta in vent’anni), basate su una comicità spontanea vicina alla farsa, ma che riscuotono un buon successo di pubblico. Pasquale Festa Campanile trasforma il modello della commedia classica, è uno dei registi più prolifici del cinema italiano, tenendosi sui livelli produttivi dei vecchi Mattòli e Mastrocinque per il decennio passato, per rapidità di esecuzione, buona capacità di direzione degli attori e confezione di lavori mediamente buoni. Citiamo, senza pretesa di completezza: Adulterio all’italiana (1966), La cintura di castità (1967), Il marito è mio e l’ammazzo quando mi pare (1967), La matriarca (1968), Dove vai tutta nuda? (1969), Con quale amore, con quanto amore (1970),  Quando le donne avevano la coda (1970), Quando le donne persero la coda (1971), Il merlo maschio (1971), Jus primae noctis (1972), La Calandria (1973), La sculacciata (1974), Conviene far bene l’amore (1975), Dimmi che fai tutto per me(1976), Sabato, domenica e venerdì (1979), Il ladrone (1980),   Culo e camicia (1981), Manolesta (1981). Alcuni Celentano movie come L’emigrante (1973),  Rugantino (1973), Bingo Bongo (1982) e Dorelli movie (Cara sposa, 1977 – Come perdere una moglie… e trovare un’amante, 1978). Nel quadro della sua produzione meritano un posto particolare il drammatico Autostop rosso sangue (1977), un vero e proprio film di stupro e vendetta, come Il corpo della ragassa (1979), un erotico patinato tratto da un romanzo di Giani Brera che lancia la stupenda Lilli Carati. Molto interessanti le collaborazioni con comici del calibro di Renato Pozzetto (Porca vacca, 1982), Ugo Tognazzi (Il petomane, 1983)  e con attrici sexy come Ornella Muti (Nessuno è perfetto,1981 –  Un povero ricco, 1983 – La ragazza di Trieste, 1982). Ultimo film: Uno scandalo per bene (1984). Vince il Premio Campiello nel 1984 con il romanzo Per amore, solo per amore, tradotto in immagini da Giovanni Veronesi (1993), una sorta di omaggio a un maestro. Ultimo romanzo: La strega innamorata (1985). Sposa la pittrice Anna Salvatore, legato sentimentalmente a Catherine Spaak e Lilli Carati. Muore a Roma il 12 febbraio 1986. 

Regia: Pasquale Festa Campanile. Soggetto: Luciano Bianciardi (racconto Il complesso di Loth). Sceneggiatura: Pasquale Festa Campanile. Fotografia: Silvano Ippoliti. Montaggio: Sergio Montanari, Mario Morra. Musica (composta e diretta): Riz Ortolani. Edizioni Musicali: Ameuropa International CAM. Scenografie e Costumi: Ezio Altieri. Assistente Scenografo: Ezio Di Monte. Aiuto Regista. Marcello Crescenzi. Tecnico del Suono: Vittorio Trentino. Microfonista: Giuseppe Muratori. Operatore alla Macchina: Enrico Sasso. Assistente Operatore: Renato Doria. Truccatore: Mario Di Salvio. Fotografo: Mario Mazzoni. Direttore di Produzione: Giorgio Adriani. Produttore: Silvio Clementelli. Casa di Produzione: Clesi Cinematografica. Colore: Spes di Catalucci. Mixage: Alberto Bartolomei, Danilo Moroni. Pellicola: Eastmancolor. Durata: 112′. Genere: Commedia. Interpreti: Lando Buzzanca, Laura Antonelli, Lino Toffolo, Gianrico Tedeschi, Luciano Bianciardi, Ferruccio De Ceresa, Gino Cavalieri, Elsa Vazzoler, Piero Tordi, Aldo Puglisi, Enzo Robutti, Adolfo Belletti, Franco Bisazza, Gigi Bonfanti, Bruno Boschetti, Felicita Fanni, Edda Ferronao, Corrado Olmi, Alfredo Piano, Giuseppe Terranova, Enzo Spitalieri, Orazio Stracuzzi

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