Sergio Leone e L’italiano che inventò l’America

Articolo di Gordiano Lupi

Alcuni anni fa (nel 1999, credo) lessi un gran bel libro – intervista a Sergio Leone, nel quale il regista ripercorreva la sua carriera (C’era una volta il cinema – I miei film, la mia vita – a cura di Noël Simsolo – Traduzione di Massimiliano Matteri – Il Saggiatore – Pag. 220 – Euro 24) come una sorta di celebrazione, ristampato a trent’anni dalla morte. Adesso il documentarista Francesco Zippel (Hollywood bruciata, Friedkin Uncut, Oscar Micheaux) realizza un intenso ed esaustivo Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America che è il suo equivalente su grande schermo. Molte le testimonianze che aiutano a ripercorrere la cifra artistica di Leone, con Tarantino filo conduttore che parla dei suoi debiti con il grande regista italiano e conclude spiegando l’inquadratura Leone (il primissimo piano, il taglio degli occhi) che omaggia in Django con un pupazzo di neve. Nel film ci sono anche Steven Spielberg, Jennifer Collins, Frank Miller, Dario Argento (racconta il suo C’era una volta in America), Darren Aronofsky, Robert De Niro (ricorda una discussione con Leone che considera come un vecchio amico), Ennio Morricone (e tutte le sue straordinarie colonne sonore) e molti altri, utili per tracciare un ricordo del Maestro. Fotografia di Marco Tomaselli e Carlo Alberto Orecchia, montaggio di Michele Castelli, regia accorta di Zippel, che realizza un lavoro certosino composto da immagini d’epoca, interviste e spezzoni di cinema del passato. Sergio Leone, scomparso a soli sessant’anni, è un Maestro del cinema western, anche se definirlo così è riduttivo, diciamo Maestro di cinema tout-court, ché C’era una volta in America è il suo ultimo lavoro e parla di proibizionismo nordamericano. Francesco Zippel, proprio come fece su carta Noël Simsolo, compone, intervista dopo intervista, la biografia filmica di Sergio Leone, con molti commenti, note critiche e curiosità relative al suo cinema. Il film racconta l’infanzia di Leone, tratteggia le figure dei genitori nel mondo del cinema, quindi si focalizza sui pochi film della sua breve vita: Il colosso di Rodi, Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più, Il buono, il brutto, il cattivo, C’era una volta il West, Giù la testa e C’era una volta in America. Leone avrebbe potuto fare molto di più se non ci avesse lasciato così presto, di sicuro non come produttore ma ancora impegnato dietro la macchina da presa, ché la produzione non lo soddisfaceva troppo, non era capace di realizzare opere che non lo coinvolgevano. Purtroppo la critica finiva per attribuire a lui persino i film che produceva, come nel caso de Il mio nome è nessuno di Tonino Valerii, dove Leone gira qualche scena per motivi di necessità. Il regista romano è stato il primo a sfatare la leggenda che Henry Fonda pretendeva di essere diretto soltanto da lui, ché il grande attore hollywoodiano era un vero signore e non faceva mai scene isteriche sul set. Il film ci documenta la scelta del misconosciuto Clint Eastwood come interprete di film epocali, un attore che non fumava neppure e aveva solo due espressioni: con il cappello e senza, nel quale il regista aveva visto soltanto un blocco di marmo da modellare. Leone trasferisce con bravura nell’attore tutta l’indolenza del carattere romano unita alla capacità reattiva che dimostra nelle scene d’azione. Sergio Leone muore d’infarto a soli sessant’anni, dopo aver visto in TV (ironia del destino!) Non voglio morire di Robert Wise, non fa in tempo a concludere il progetto I novecento giorni di Leningrado, del quale il regista parla nella parte finale del film. Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America è un film prezioso che ci consegna l’interpretazione autentica del regista, il ricordo dei collaboratori, il parere di grandi registi nordamericani sulla sua opera e il commento di Morricone sulle colonne sonore che, unite a sceneggiature perfette, diventavano un blocco unico di musica e parole. Un film da vedere senza mezzi termini, per capire il cinema.

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