Intervista al sociologo prof. Francesco Pira, vincitore del Premio Ucsi 2022/2023

Articolo di Merelinda Staita

La narrazione della guerra, secondo l’esperto di comunicazione siciliano, va analizzata per comprendere il confine tra finzione e verità.

Dopo un 2022 ricco di grandi successi e traguardi, per il professor Francesco Pira, è arrivato anche il Premio Ucsi 2022/2023 “per l’eccellente contributo dedicato alla formazione dei giornalisti”. Un riconoscimento importantissimo e meritatissimo per un uomo che dà il suo enorme contributo al mondo del giornalismo e soprattutto alla società, veicolando messaggi ricchi di valori fondamentali.

A consegnare il premio, al termine di un seminario di formazione organizzato dall’Ucsi (Unione Cattolica della Stampa Italiana) e dall’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, sul tema Guerra e Disinformazione, presso l’Aula Magna del Rettorato dell’Ateneo peloritano, il presidente della sezione Messina dell’Ucsi, Laura Simoncini. Presenti il segretario nazionale, Salvatore Di Salvo (tesoriere dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia), il presidente regionale Ucsi, Domenico Interdonato, il consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Santino Franchina, e il segretario della sezione Messina dell’Associazione Siciliana della Stampa, Sergio Magazzù. Al professore Pira sono state rivolte parole meravigliose per la sua attività di formazione svolta per i giornalisti sia a livello nazionale che regionale.

Avvenire lo ha definito uno dei maggiori esperti italiani sul fenomeno Fake News. Studioso e autore di ricerche sul rapporto tra bambini, adolescenti e adulti e nuove tecnologie.

Il professor Francesco Pira, siciliano 57 anni, sociologo, è professore associato di sociologia dei processi culturali e comunicativi. Insegna giornalismo web e comunicazione strategica, teorie e tecniche del linguaggio giornalistico e comunicazione istituzionale presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Messina, dove è Direttore del Master in “Esperto in Comunicazione Digitale per PA e Impresa”.Il Rettore professor Salvatore Cuzzocrea lo ha nominato nel 2020 Delegato alla Comunicazione dell’Ateneo peloritano.

Intensa la sua attività di ricerca e didattica anche all’estero. Dopo una docenza Erasmus in Armenia all’Università di Yerevan è stato Visiting Professor “Marie Curie” presso il Center for Social Science, Tiblisi (Georgia), nell’ambito del Progetto SHADOW (MSCA-RISE call H2020-MSCA-RISE-2017). Molto presto, tornerà in Armenia per portare avanti il suo lavoro di ricerca.

Ha intrapreso una battaglia personale contro il bullismo, il cyberbullismo, il sexting, le fake news e la violenza sulle donne. Su questi temi ha svolto ricerche e tenuto seminari in Italia e all’Estero per studenti, docenti e genitori. Nel giugno 2020 è stato nominato Presidente dell’Osservatorio Nazionale sulle Fake News di Confassociazioni.

È componente del Comitato Promotore e componente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Comunicazione Digitale di PA Social e Istituto Piepoli. Saggista è autore di numerosi articoli e pubblicazioni scientifiche.

Ha partecipato a tantissimi webinar e a tantissime conferenze nazionali e internazionali, dove ha presentato i dati della sua ultima ricerca contenuta all’interno del suo ultimo saggio “Figli delle App”, edito da Franco Angeli Editore – Collana di Sociologia.

In queste ultime settimane, sta partecipando a diversi incontri dedicati alla lotta contro il bullismo e il cyberbullismo.

Ho voluto intervistare il professore Pira sull’ analisi scientifica che ha condotto su quelle che sono le cosiddette “Bugie di guerra” e sulle differenze tra propaganda e disinformazione nel conflitto russo-ucraino.

Professore, lo scrittore George Orwell definiva l’importanza della verità con queste parole: “In tempi di menzogna universale, dire la verità è un atto rivoluzionario”. Oggi queste parole hanno un peso soprattutto se pensiamo agli effetti della disinformazione. Cosa sta accadendo?

«Il professor Han, filosofo e docente sudcoreano, ci aiuta a definire questo momento storico, attraverso una chiara spiegazione: “È il capitalismo dei like che dichiara bruscamente la positività della nostra esistenza e anche delle nostre volontà, che sono guidate dall’illusione di volere e desiderare, mentre in alternativa non si dà alcuna negatività ma, semmai, una non esistenza”. Un concetto che ci mostra un sistema che appare sempre più costruito sulla polarizzazione delle opinioni, che a sua volta trae forza dal concetto di confirmation bias, per cui l’attenzione degli individui si concentra solo sui fatti che sono in linea con le proprie convinzioni, escludendo di conseguenza tutte le posizioni contrarie e alternative al proprio sistema di valori. È evidente che il radicamento di queste pratiche nello sviluppo dei flussi informativi e comunicativi, tende a distorcere profondamente i meccanismi di costruzione dell’opinione pubblica e della conoscenza, in particolare con riferimento a temi controversi come le migrazioni e la tutela dell’infanzia. L’opinione pubblica viene manipolata e si è sviluppato il potere del controllo mentale che avviene attraverso la virtualità ci accarezza benevolmente e ci suggerisce ciò che ritiene conveniente. In un’epoca in cui la pervasività dei media coinvolge ogni sfera dell’agire individuale, assistiamo alla trasformazione dei meccanismi sociali di scambio e condivisione delle informazioni, sempre più basati sul concetto di omofilia: le architetture delle piattaforme online favoriscono gli scambi comunicativi tra persone che la pensano allo stesso modo e con le quali non si genera dissonanza cognitiva, ma che anzi risultano più interessanti grazie alla somiglianza sociale».

In diverse occasioni ha affrontato il tema delle “Bugie di guerra” e della disinformazione russa dall’Unione Sovietica all’Ucraina. Dove si trova il confine tra le tante verità e le tante menzogne?

«Il conflitto russo-ucraino ci offre quasi quotidianamente una grande quantità di fake news. A cercare di chiarire quello che sta accadendo ci hanno pensato Francesco Bigazzi, Dario Fertilio e Luigi Sergio Germani che nel loro volume: “Bugie di guerra”, la disinformazione russa dall’Unione Sovietica all’Ucraina spiegano, partendo dalla storia e arrivando all’attualità, i segreti del sistema di disinformazione e della propaganda russa in Italia, in Ucraina e nel mondo, con documenti e dovizia di particolari. Una propaganda che ha coinvolto la Russia e l’Ucraina in modi e in tempi diversi. Il libro è diviso in tre parti: “Dezinformacija. La strategia del Cremlino dall’epoca sovietica alla Russia di Putin” di Luigi Sergio Germani, “La guerra fredda e l’ingerenza russa in Italia” di Francesco Bigazzi e “Le tecniche moderne: cyber disinformazione e giornalismo collettivo” di Dario Fertilio. Il volume inizia il suo racconto già dalla sua copertina, che raffigura la ragazzina-simbolo della guerra in Ucraina, immortalata dal padre fotografo il 22 febbraio 2022 – cioè due giorni prima dell’inizio della guerra – con il lecca lecca e il fucile in mano, in attesa dell’invasore russo come fosse una vedetta. “L’autore del manifesto si chiama Oleksii Kyrychenko, ed è il padre della bambina che ha scattato e poi pubblicato sul suo profilo Facebook la foto-simbolo della guerra e dei suoi orrori – afferma l’editore Luciano Tirinnanzi nella premessa del libro – perché abbiamo scelto quell’immagine cosi forte ed evocativa? Non solo per rendere ancora più attuale il contenuto di questo libro, ma anche perché la storia di quella foto resterà a lungo come un caso-scuola della comunicazione visiva e, al tempo stesso, della propaganda politica in tempo di guerra. Che poi è l’oggetto ultimo di questo saggio”. L’immagine è un esempio degli effetti della disinformazione. Quando si utilizza lo strumento della provocazione per attirare l’attenzione su un tema controverso la logica dell’algoritmo strumentalizza e distorce. È questo è quanto accaduto alla foto raffigurante la bambina ucraina, seduta nella finestra di un rudere, intenta a presidiare un’area con in braccio un fucile gustandosi un lecca lecca. Tra i suoi capelli si notano le trecce giallo blu, i colori dell’Ucraina, ed è diventata un simbolo della resistenza contro l’invasione russa di Vladimir Putin. Si tratta di una vera e propria “soldatessa” o si tratta di una messinscena? In molti hanno raccontato la vera storia della foto, ma non tutti la conoscono. La foto simbolo è stata riportata sui social e da diversi media, ma non tutti hanno raccontato con chiarezza la sua vera storia. L’autore, il padre della bambina, ha poi spiegato che la foto è una messinscena e non risulta, dunque, che questa bambina sia stata realmente armata per difendere l’Ucraina».

Quali sono le diverse strategie di comunicazione adottate dal presidente russo, Vladimir Putin, e dal presidente ucraino, Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj?

«In questa guerra si è capito subito che c’erano diverse strategie di comunicazione. La più evidente è quella di Putin che fin dall’inizio ha cercato di dire la sua attraverso forme di censura e ha diffuso nel mercato dell’ informazione mondiale delle fake news, diventate armi di disinformazione. Ha deciso di sanzionare i giornalisti che non si allineano al regime e non si tratta solo dei giornalisti stranieri, che hanno abbandonato la Russia perché non possono raccontare quello che vogliono, ma anche degli stessi giornalisti russi. Ha fatto arrestare le persone che manifestano e ha chiuso i social network, aspetto importantissimo. Le fake news che si stanno usando in questa guerra possano riuscire a colpire lo stesso obiettivo che è quello di confondere le persone. Non dimentichiamoci che chi parteggia per un fronte o per l’altro decide di raccontare la propria verità sicuramente alterata da quella che sociologicamente chiamiamo il “pregiudizio di conferma”. Una sorta di miopia dell’informazione: la nostra decisione è praticamente già presa in partenza perciò, cercando informazioni su un determinato argomento, tenderemo a privilegiare i dati e le informazioni a sostegno di ciò in cui crediamo, finendo per renderci ciechi di fronte a quelle. Interviene anche il cosiddetto “ragionamento regolato”. La nostra mente e capacità di ragionare sono influenzate da quelle che sono le nostre conoscenze e convinzioni preesistenti. Tutti sappiamo perfettamente quanto le fake news possano realmente fare vincere un certo tipo di propaganda e sappiamo quanto le fake news internamente possono essere gestite. Quindi fake news da una parte e mis-information dall’altra, intesa quest’ultima come l’uso strumentale e manipolatorio delle informazioni per definire una specifica narrazione e visione del mondo. Persone che condividono notizie che possono essere false consapevolmente o inconsapevolmente e questa è stata la comunicazione della Russia. La comunicazione del Presidente ucraino, Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj, ha subito una trasformazione. Infatti, da comico è divenuto Presidente di uno Stato, dimostrando un forte spirito patriottico. Zelens’kyj è il primo Presidente della storia a comunicare dal fronte di guerra tramite le dirette social. E proprio attraverso i social network ha lanciato una sfida. Ha chiesto a tutti i suoi cittadini di documentare quello che sta avvenendo per dar vita al giornalismo partecipativo, attraverso i loro smartphone e postando le immagini in rete. I modi di comunicare sono assai diversi, ma a non cambiare è l’assoluta disumanizzazione che stiamo osservando giorno per giorno».

Qual è il ruolo dei media in questo conflitto?

«Il primo tsunami sui flussi di comunicazione è la televisione. Infatti, come sostiene il sociologo Manuel Castells: “L’impatto sociale della televisione funziona in modo binario: essere o non essere. Una volta che il messaggio è in televisione, può essere cambiato, trasformato, persino sovvertito”. I media, infatti, essendo il tessuto simbolico della nostra vita, tendono a influenzare la coscienza e il comportamento nello stesso modo in cui l’esperienza reale influenza i sogni, fornendo la materia prima attraverso cui il cervello umano funziona. I media sono diventati lo strumento cardine per dare origine a un contesto in cui l’ideologia ha la meglio sulla realtà, perché la verità conta poco o nulla. Allora noi cosa possiamo fare? Dobbiamo essere in grado di documentarci, di leggere e comprendere le fonti. La conoscenza e la formazione sono le armi migliori contro le bufale del web».

Il prezzo da pagare in termini di vite umane è troppo alto e sembra che nessuno voglia porre fine ai tanti orrori a cui stiamo assistendo…

«La guerra semina odio e malvagità, non importa se si tratta di invasori o invasi. Tante sono le fake news che circolano per far trionfare un certo tipo di propaganda, ma la verità è che ogni vittima diventa un trofeo da mostrare ed è questo che ci spaventa. Donne, bambini e uomini sono solo numeri e cifre a cui non viene data alcuna considerazione».

Professore, qual è la posizione dei giovani di fronte a questo dramma umanitario?

«I ragazzi respingono il concetto di guerra, non accettano quello che sta accadendo e non capiscono le ragioni di questo conflitto. È stato molto importante per me consegnare ai miei studenti la testimonianza di un uomo di cultura e di scienza che ha deciso di venire in Italia non soltanto per uno scambio accademico, ma per divulgare quello che sta accadendo nella sua terra. Ho avuto il piacere di conoscere Maksym Stopin, Visiting Professor presso l’ateneo di Messina. Il professore di Mariupol, titolare della cattedra di filologia inglese presso l’Università Statale di Mariupol, ha iniziato la sua lezione con una domanda letta in un canale di informazione: “Perché non dovreste interrompere la guerra?”. E ha aggiunto: “Cosa dovremmo fare? Rinunciare alla nostra libertà? Essere schiavi? Per cosa?”. Dopo questi interrogativi, che hanno scosso le coscienze dei presenti, ha continuato il suo racconto dicendoci che nel Febbraio 2022 Mariupol è stata distrutta e ha aggiunto: “La situazione è terribile. Centinaia di migliaia di persone, vivono senza luce, gas e acqua, e la cosa più triste, senza mezzi di comunicazione indipendenti. Ognuno ha le proprie ragioni per rimanere lì. Per alcuni però, restare non è una scelta, ma l’unica possibilità: l’unico modo di scappare sarebbe arrivare in Europa passando per la Russia, che ha già chiuso metà dei collegamenti” Giusto il tempo delle presentazioni e ha iniziato il suo speech, diventato presto un ricco ed emozionante scambio tra docenti e studenti. I miei studenti ucraini hanno condiviso in aula le loro esperienze e le loro paure. Mi creda è impossibile descrivere a parole il loro dolore».

Questa idea di una guerra nucleare imminente, e il pensiero che ognuno di noi possa essere in qualche modo coinvolto, ha allarmato particolarmente preadolescenti e adolescenti. Quali sono le sensazioni che le hanno raccontato?

«Ho partecipato a tanti incontri nelle scuole in presenza oppure online e ho avuto la percezione di una forma di smarrimento molto forte. I nostri giovani hanno vissuto i disagi della pandemia e adesso vivono con l’angoscia che qualcuno possa schiacciare un pulsante e ucciderci tutti. Ci sono tanti bimbi che chiedono se da grandi saranno costretti ad arruolarsi o a partire per andare a difendere i confini italiani. Domande che ci sembrano lontane anni luce da quell’idea di pace che avevamo, perché nessuno di noi è nato e cresciuto con l’idea della guerra. Bisogna anche sottolineare un dato importante ossia che la guerra tra Russia ed Ucraina viene definita “vera” al contrario delle guerre che ci sembrano più lontane e che magari possono essere discriminate, perché sono guerre di persone con un altro credo religioso o con un colore della pelle diverso dal nostro. Noi adulti abbiamo il dovere di rassicurare i piccoli e dobbiamo essere capaci di promuovere la forza della solidarietà e dell’amore per gli altri».

Ringrazio il professore Pira per questa splendida e ricca intervista, perché è riuscito a trasmetterci un messaggio importante che è quello di costruire un percorso di comunicazione e di ascolto per dare vita ad un nuovo concetto di cittadinanza attiva e per ritrovare quell’ ”Umanità” che sembra ormai perduta

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