Il Linguaggio, per un’Ermeneutica dell’Arte

Articolo di Bartolomeo Di Giovanni

Ciò che si legge, all’inizio di questo documento, è un commento arrivato da lontano, ma l’arte , non avendo confini, arriva ovunque, Kenoby Dema, poliedrico artista, docente, e autore anche di traduzioni, leggendo la recensione del prof. Armando Giardinetto, docente di materie letterarie, al libro

“Yasepha tra le colonne del tempio” ha voluto scrivere, ovvero donare la propria testimonianza di ciò che gli è arrivato attraverso il sentimento, si è soffermato sul nome della collana che si occupa della pubblicazione di raccolte poetiche “Gli Ippocampi”…

Convergenze e Confluenze sono i modi attraverso le quali è possibile utilizzare quando tra le culture si aboliscono distanze e distinzioni etniche. Dirigersi insieme verso l’eucaristia dell’arte è un dono quasi mai apprezzato anche tra artisti, anzi è proprio in quei “salotti” dove il Bon-Ton, espresso con il massimo artifizio, rende tutto visibilmente oscenico e quindi la “cultura” decelera lasciando che l’occhio privo di critica, corra su asfalti inconsitenti.

Confluire verso la stessa foce è il percorso utile alla unione con il mare del Sapere, che, per l’uomo, non è un arrivo definitivo, ma l’inizio del viaggio, della esplorazione, la poesia è Convergenza con l’arte cromatica e confluenza con il linguaggio non verbale. DIRE significa anche, nel mondo delle arti, saper tradurre il linguaggio interiore a espressione tangibile, ed il messaggio che viene recepito deve levigare tutte le strutture che si sovrappongono tra il singolo e la totalità, il singolo che ha coscienza delle possibili strade della evoluzione, anzitutto deve scomporre l’espressione, e riunificare il legittimo senso nel linguaggio e nella linguisticità, questa ultima è intesa dalla Ermeneutica filosofica e quindi da Gadamer, come l’intenzione precipua del messaggio, infatti senza intonazione non sappiamo come si attua il sentimento linguistico della espressione stessa.

Heidegger afferma che:

“Il linguaggio è la casa dell’essere. Nella sua dimora abita l’uomo. I pensatori e i poeti sono i custodi di questa dimora. Il loro vegliare è il portare a compimento la manifestatività dell’essere; essi, infatti, mediante il loro dire, la conducono al linguaggio e nel linguaggio la custodiscono”

La filosofia e l’arte poetica sono i custodi della manifestazione linguistica intrisa di sentimenti e di percezioni, L’ Essere in quanto tale è già manifesto, ma l’uomo ha necessità di codificarlo attraverso le parole, attraverso i segni, attraverso le azioni, senza linguaggio non si potrebbe accedere alla comprensione del senso della evoluzione. Comunicare è la base del Dialogo, due soggetti inter-agiscono per mezzo del linguaggio, e , sembrerebbe assurdo, ma anche chi ascolta Comunica. Già Kant, e poi Gadamer, avevano inteso l’ascolto come atto valutativo dell’emittente, si parla di Educazione all’ Ascolto (tematica già discussa in altre sedi”) ovvero riuscire a manifestare l’interesse e l’intensità di chi ascolta che darà, successivamente, la propria opinione di quanto ricevuto ed elaborato. Chi ascolta asserisce: “Io entro in risonanza con te attraverso la facoltà dell’ascolto”… L’Intercomunicazione “Io-Tu” istituisce il Dare e Avere come elementi inscindibili dall’essere stesso. L’uomo è il destinatario, colui che accoglie e ascolta il messaggio simbolico della emozione. Il linguaggio, hedieggerianamente parlando, è compiuto da chi ha costruito il Senso dentro al vocabolo. E ancora Gadamer:

“…ci sono anche altri fenomeni che intervengono nella comunicazione, come l’enfasi, l’intensità, la forza o la debolezza del tono, il lieve dubitare o esitare. Sono cose che non sono segnalate nella lingua e che nessun alfabeto può mediare. A tal fine occorre la difficile arte dello scrivere.”

Scrivere, ardua Arte, è riuscire a trasmettere l’intensità della parola dell’ oggetto in questione, meno complesso è il dialogo perché attraverso l’ascolto recepiamo il corpus del messaggio,

(esempio: encomio, rimprovero, dissenso, etc) ciò che si scrive è interpretabile da chi legge, in questo caso entra in gioco la volontà di voler essere in comunione con quel determinato documento, che non ha prerogative se non di riuscire a valicare la soglia della logica ed entrare in uno stato contemplativo verso la parola stessa. Non a caso chi scrive anticipa al testo il pre-testo, in modo da fornire una panoramica di ciò che segue.

Se, come sembra, il linguaggio è nel dialogo, e se vero il dialogo implica una reciprocità, allora dovremo sottendere il concetto di dialogo al concetto fondamentale di cooperazione. Esso indica che la reciprocità sta nella comunanza della partecipazione e compartecipazione. La cooperazione non ha luogo solo tra l’uno e l’altro, tra l’espressione e la replica, tra la domanda e la risposta, bensì nell’universale costituzione linguistica della vita umana.

Cooperare significa anche crescere, significa andare oltre gli schemi rigidi della logica, aldilà da congetture stabilite per convenzione, il Segno fondamentale è la reciprocità DIALOGO-ASCOLTO; nella imperante dittatura del

IO DICO-TU ASCOLTI, viene a mancare il potere della coscienza del linguaggio che esige dall’uomo la ricerca del valore dell’alterità, non come quell’ ALTRO da Se’ ma parimenti a Se’. Tutte le esperienze sono necessari anche a chi non le vive, ma le osserva nell’altro, e nessuno è autorizzato all’aspra critica di un atteggiamento verso la società, il compito del singolo deve essere anello della stessa catena comunicativa. Bisogna incontrarsi nel linguaggio ed ottenere il risultato della sintesi dialettica.

Il compito dell’arte è proprio questo, porsi sullo stesso piano del fruitore perché questi è il motivo di esperienza di chi produce, ogni opera è un simbolo e come tale va discusso su tutto ciò che riesce a comunicare, il messaggio di Kenobi Dema, nato in Nigeria, è chiaro, è universale, conferma quanto ha sostenuto Gadamer, (Educarsi all’Ascolto).

il prof. Kenobi, dichiara di essersi svincolato dai confini geografici, egli dice: abito nel mondo, sono un turista del mondo, l’arte è la mia casa. L’arte, in questo caso, ha realizzato sé stessa, il linguaggio si è autotrasvalutato in dinamica dell’ Essere. L’Arte deve FARSI, l’Essere deve divenire PRATICA DI VITA, Esercitazione alla COM-UNICAZIONE, non è per niente valido un bagaglio di libri se, metaforicamente, non vengono mangiate le pagine, leggere può tradursi nella illusione di conoscere, quanto può valere aver appresso il significato di un tomo di cinquecento pagine se viene meno la capacità elaborativa?

Ecco l’ Ippocampo, la zona limbica, luogo più santo della santità stessa, perché la PAROLA si intreccia al capolavoro intuitivo, sì il capolavoro è l’intuizione del significato quale propedeutica della pratica. Per elevare lo spirito non è utile abolire la corporeità, anzi questa è la stazione da dove parte il treno dell’avventura dell’arte, immaginiamo di essere in un vagone e dal finestrino guardiamo il panorama, potremmo descriverlo con le parole più belle, ma se non abbiamo, almeno una volta, sperimentato il mare che osserviamo, le montagne da cui vengono formate le gallerie etc, allora rimane una osservazione fine a sé stessa. La fase contemplativa inizia quando abbiamo toccato il corpo del panorama e poi risaliamo sul vagone per continuare ad osservare e immaginare ogni tipo di scenario.

Cari amici non dovete credere che l’arte sia semplice o difficile, è l’attuazione del fenomeno che ritorna alla coscienza pieno del significato della materia e della magnificenza dello spirito. Bisogna citare, a tal uopo, La Fenomenologia dello Spirito di Hegel che è lo studio del processo in cui lo spirito si manifesta e si attua in modo concreto, passando dalla sensazione alla suprema esperienza conoscitiva. E ancora Gadamer (Estetica Hegeliana):

L’arte è capace di rispecchiare le diverse concezioni o visioni del mondo offrendoci di esse una immagine visiva, intuitiva, perciò la storia della vita spirituale conserva la sua attualità, paradossalmente, proprio nella storia dell’arte, ricettacolo delle visioni del mondo, paradossalmente perché l’arte è quella maestra del passato che fa rivivere ogni cosa come se fosse attuale. […] l’Estetica Hegeliana ci ha dato la passibilità di riconoscere noi stessi.

Arte, Religione, e Filosofia sono convergenti nella dialettica dello spirito assoluto,

l’arte coglie ciò che “ E’ “ attraverso i sensi, che sono il ponte tra i sensi stessi e l’anima, attraverso i sensi si coglie l’assoluto, La Poesia è il momento massimo della espressione dell’ Arte, perché già si avvia, similmente alla filosofia, a concettualizzare, ecco la poesia che in questo salto concettuale si avvicina alla filosofia.

Quali domande sono necessarie per comprendere se stiamo, effettivamente producendo arte?

La base importante è donare al mondo ciò che è stato creato considerandolo NON PROPRIO ma della vita,

è cosa grave quando, chi opera nel mondo delle arti, pensa che sia proprietario dell’opera, se cosi fosse non sarebbe arte perché questa ha bisogno dei fruitori, della confluenza tra Artista-produttore e Artista-fruitore.,

Dobbiamo, prima di guardare all’arte, imparare a conoscere cosa è l’ Arte, da dove e come scaturisce, e vedere altresì il dono che si riceve attraverso ogni rappresentazione, sia essa pittura, scultura, poesia, narrativa.

Spero che questa breve e riassuntiva descrizione possa essere la solita chiave utile al lettore, per accedere e accrescere quel qualcosa in più che siamo chiamati a perseguire, chissà che questo argomento non sia altro che l’incipit di una altro argomento, cioè analizzare passo passo i filosofi che si sono occupati della interpretazione delle arti quali guide di riferimento per la propria vita.

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