Il 25 aprile è la festa della liberazione dal nazifascismo

Articolo di Salvatore Distefano

Il 25 aprile è una data fondamentale della storia d’Italia. È la festa della Liberazione, conquistata nel 1945 con la Resistenza antifascista contro l’occupazione nazifascista del nostro Paese.

La Resistenza era cominciata nell’estate del 1943, subito dopo la caduta del fascismo (25 luglio 1943), dopo lunghi anni di opposizione delle forze e degli individui che sacrificarono la loro vita per sconfiggere la tirannide fascista e in seguito, nel corso del Secondo conflitto mondiale, allo sbarco anglo-americano in Sicilia (10 luglio 1943). Sarebbe superfluo sottolinearne l’importanza, in quanto le battaglie che vanno col nome di 25 aprile segnano il punto culminante della guerra di Liberazione nazionale, ma proprio il dibattito che ha preceduto questa data ci spinge ad una seria riflessione.

La Seconda Guerra Mondiale creò due schieramenti contrapposti: quello nazifascista, – incarnato principalmente da Germania, Italia, Giappone – e quello antifascista, – impersonato da Gran Bretagna, Unione Sovietica, Stati Uniti e forze partigiane di liberazione nazionale; subito dopo lo scoppio del conflitto, la Germania nazista aveva rapidamente occupato quasi tutta l’Europa. All’inizio del 1944 l’Europa hitleriana era in via di disgregazione, e in essa aveva preso corpo quel fenomeno politico-militare che prese il nome di Resistenza.

Con questa parola deve intendersi il movimento di ribellione all’occupazione hitleriana che si propose la lotta, prima silenziosa e poi armata, contro un nemico che occupava e sfruttava il territorio nazionale dei singoli Paesi. La caratteristica incivile, disumana, belluina, dell’ideologia nazista, che avanzava al seguito delle divisioni germaniche e che imperversava con i suoi metodi brutali nei territori occupati, conferì alla Resistenza un particolare valore politico-ideologico-morale, oltre che patriottico, che resta un patrimonio irrinunciabile per tutti i popoli europei: la lotta contro gli occupanti fu anche rivolta contro il <<nuovo ordine>> che il nazismo intendeva instaurare. Non per caso, in Italia con la <<svolta di Salerno>>, marzo 1944, fu creato uno schieramento ampio, il più largo possibile, che andava dai comunisti ai monarchici, passando da azionisti, socialisti, cattolici, liberali, repubblicani e altri raggruppamenti, che si pose l’obiettivo prioritario di cacciare gli occupanti e i loro servi, i fantocci repubblichini della RSI (Repubblica Sociale Italiana), e di affrontare dopo la fine della guerra la questione istituzionale e definire l’assetto politico dell’Italia.

Per noi, quindi, la Resistenza europea assume un carattere e un significato unitario, pur nella diversità delle sue concrete manifestazioni nei singoli Paesi. E il fatto che il comune denominatore dei movimenti di Resistenza europei sia stato costituito dal patriottismo e dall’antinazismo non deve far credere che gli ideali della Resistenza si limitassero alla riconquista dell’indipendenza nazionale e al rigetto dell’ordine nazista. Una importante componente della Resistenza fu l’aspirazione a un più democratico e moderno sistema politico, che valorizzasse l’apporto dato dal movimento operaio alla sconfitta storica del nazifascismo.

Nella primavera del 1945 gli Alleati superarono l’Appennino e penetrarono nella pianura Padana, riprendendo l’offensiva e aumentarono in qualità e quantità i rifornimenti ai partigiani, pur nell’ambito di rapporti caratterizzati da una vivace dialettica.

Il 25 aprile fu proclamata l’insurrezione generale e le città del Nord furono teatro di aspri scontri con i nazifascisti, che alla fine dovettero arrendersi. Genova e Milano insorsero e si liberarono il 25 aprile, Bologna si era liberata il 21 aprile, Torino fu liberata tra il 26 e il 29 aprile. Pertanto, queste grandi città furono liberate dai partigiani prima dell’arrivo delle truppe alleate.

Il 28 aprile Mussolini, in fuga verso la Svizzera, fu riconosciuto, catturato e fucilato da una formazione di partigiani garibaldini nei pressi del lago di Como. Il giorno dopo i comandi della Wehrmacht in Italia firmarono la resa.

Sembrò che la potenza militare nazifascista fosse stata travolta di colpo; in realtà, non mancò questo aspetto di rapida precipitazione, questo clima di “generoso ardimento popolare” che accomunò la Resistenza al primo Risorgimento, anche se occorre comunque sottolineare la lunga preparazione e la direzione politica lungimirante fatta non solo di slancio nato dal cuore ma di visione razionale e di grande organizzazione.

Cominciò subito la transizione verso la “Repubblica democratica fondata sul lavoro”, nella quale “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Già con il primo articolo si declinava concretamente l’antifascismo, affermando la Repubblica al posto della monarchia, il fondamento rappresentato dal lavoro, la sovranità popolare contro la dittatura terroristica del fascismo, sostenuta dal capitalismo finanziario più aggressivo.

Dunque, la Costituzione fu scritta nella fase Costituente, dopo il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, elaborata “dai padri e dalle madri della Costituzione antifascista” (all’Assemblea Costituente erano state elette ventuno donne, cinque delle quali fecero parte della Commissione dei 75) che hanno saputo esitare una Carta di grandissimo spessore, dove si trovano trasfusi i valori e gli ideali della Resistenza antifascista, dando ad essa una bellissima armonia (kallìsten armonìan, Eraclito).

Per il referendum del 2 giugno votarono l’89,1% degli aventi diritto e questa volta c’erano le donne, a cui il fascismo, nonostante le declamazioni demagogiche del programma del 1919, aveva negato nel ventennio qualsiasi diritto.

La scelta innovativa che uscì dalle urne, pur prevalendo di stretta misura (54,3% contro il 45,7%), contribuì a sciogliere pacificamente un nodo che aveva pesato non poco in tutte le crisi di regime dello stato unitario.

La Costituzione è stata scritta e approvata sulla base del principio pacifista e antifascista, fissato nell’articolo 11 che sancisce il ripudio della guerra non solo <<come strumento di offesa alla libertà di altri popoli>>, ma anche <<come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali>>.

Si tratta di una norma netta e precisa, che vieta non solo la guerra <<ingiusta>>, bensì qualsiasi guerra, indipendentemente dal torto o dalla ragione nella controversia, giuridica o politica, che ne è all’origine, confidando che l’ordinamento internazionale, fondato su principi democratici e di giustizia, possa mettere in atto efficaci strumenti per la composizione delle controversie senza ricorrere alla guerra. L’unica guerra ammessa dalla nostra Costituzione è, dunque, quella di legittima difesa in caso di attacco armato contro il nostro Paese (articolo 52 della Carta).

Il principio generale del ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, espressamente sancito dalla prima parte dell’art. 11, costituisce quindi un limite invalicabile, che fissa la portata degli obblighi internazionali genericamente previsti dalla seconda parte del medesimo articolo.

Il <<ripudio della guerra>>, del bellicismo tipico del fascismo e delle sue guerre coloniali, costituisce un principio fondamentale della Costituzione antifascista, dotato di immediata efficacia vincolante nei confronti delle scelte di politica estera del governo e dello stesso Parlamento. Esso non è quindi modificabile o derogabile né da parte di maggioranze parlamentari, né a favore di organismi sovranazionali.

Per concludere, vogliamo ricordare a chi continua a riproporre, in modo mascherato e qualche volta palese, schemi fascistoidi e fascistizzanti, che il filo unitario che sottende tutta la Costituzione italiana è l’antifascismo. Basti pensare agli articoli che trattano di uguaglianza, libertà di pensiero, cultura e scuola, giustizia e diritti, fisco e solidarietà, unità e autonomia e via dicendo.

Viva il 25 aprile e Viva “Ora e sempre Resistenza”, grazie alla quale noi italiani abbiamo riscoperto, come affermava, Piero Calamandrei<<[…] la dignità dell’uomo, e la universale indivisibilità di essa: questa scoperta della indivisibilità della libertà e della pace, per cui la lotta di un popolo per la sua liberazione è insieme lotta per la liberazione di tutti i popoli dalla schiavitù del denaro e del terrore, questo sentimento della uguaglianza morale di ogni creatura umana, qualunque sia la sua nazione o la sua religione o il colore della sua pelle, questo è l’apporto più prezioso e più fecondo di cui ci ha arricchito la Resistenza>>.

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