“In un paese che non esiste più”, un film per capire di più il nostro recente passato

Articolo di Gordiano Lupi

RaiPlay, piattaforma gratuita di buon cinema, propone in Prima Visione un interessante film tedesco che fa capire come si viveva in un paese che (per fortuna) non esiste più, sepolto dalla storia, quella Germania Est che ha fatto vittime e costruito steccati tra i suoi stessi cittadini. Siamo a Berlino Est, pochi mesi prima della caduta del muro, primavera del 1989, la giovane Suzie, avida lettrice, sogna di iscriversi all’Università e di diventare scrittrice, ma deve fare i conti con la Stasi (polizia politica comunista) che la sorprende con una copia di 1984 di Orwell; quindi, la fa espellere dalla scuola e la destina ai servizi sociali in fabbrica. Svanito il sogno di studiare, la ragazza, orfana di madre, che vive con il padre e la sorellina, incontra per caso un fotografo chiamato Coyote, che pubblica un suo scatto su un giornale di moda e le apre le porte verso una nuova carriera. Non tutto è facile, però, anche in quel mondo patinato la Stasi sorveglia e controlla, cerca confidenze, prova a incastrare persone sospette e cerca di isolare gli antisociali. L’amore tra Suzie e il bel fotografo viene interrotto dalla fuga di quest’ultimo e da una soffiata contro un coreografo gay – un reato nella Germania comunista – che aveva avuto il coraggio di esibirsi indossando un abito da sposa davanti al gotha comunista. Suzie deve chiedersi, alla fine di tutto, quale prezzo è disposta a pagare per avere in cambio la libertà, ma tradire gli amici non è cosa per lei, anche se la Stasi vuole proprio quello: mettere i cittadini gli uni contro gli altri.

Il regista sceneggia molto bene una storia comune per i ragazzi di Berlino Est, descrivendo una società comunista sul viale del tramonto e il desiderio di ribellione di chi è costretto a vivere oltre la cortina di ferro. Arrivano le riviste dalla Germania Ovest (Stern), i sogni si materializzano, la voglia di cambiamento e di normalità diventano regole di vita. Suzie, dopo aver lottato per modificare il quotidiano, riesce a capire il senso profondo di quel che diceva sua madre: soltanto quando sogni sei veramente libera. Fotografia anticata, scenografie curate con ambientazione d’epoca (1989) perfetta, montaggio troppo compassato – da cinema d’autore – al punto che qualche taglio ben dosato avrebbe reso il film più scorrevole e rapido. Bravi gli attori, bella e ispirata la protagonista Marlene Burow. La confezione è televisiva, purtroppo, ma il soggetto e la sceneggiatura restano interessanti e ben sviluppati. Un film da vedere, per capire qualcosa di più del nostro recente passato.

Regia: Aelrun Goette. Soggetto: Aelrun Goette. Sceneggiatura: Lou Wildemann, Mandy Szokol. Fotografia: Benedict Neuenfels. Montaggio: Bianca Dienemann-Mehlitz, Julia Karg. Durata: 100’. Paese di Produzione: Germania, 2021. Genere: Drammatico. Lingua Originale: Tedesco. Titolo Originale: In einem Land, das es nicht mehr gibt. Interpreti: Marlene Burow (Suze), Claudia Michelsen (dr. Elsa Wilbrodt), Peter Schneider (Klaus Schulz), David Schütter (Coyote), Sabin Tambrea (Rudi), Jӧrdis Triebel (Gisela), Hans Klima (Horst Sindermann), Sven-Eric Bechtolf, Bernd Hӧlscher, Hannah Ehrlichmann, Felix Kruttke (Tom), Berit Künnecke, Anna-Katharina Muck (Marion), Thomas Stecher (Steffen Polenz), Meikel Engelmann (Scwager), Lucia Peraza Rios (Heidi), Zoé Hӧche (Kerstin), Gabriele Vӧlsch (Christiane), Tino Ranacher.

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