Buon compleanno Repubblica. La Resistenza, il 2 Giugno e la Costituzione

Articolo di Salvatore Distefano

Oggi, 2 giugno 2023, la Repubblica democratica e antifascista compie 77 anni. Purtroppo, da qualche tempo la sua esistenza di <<…Repubblica democratica, fondata sul lavoro […]>> è messa seriamente a rischio: il più forte partito di governo è FdI (Fratelli d’Italia), che è l’erede del MSI (Movimento Sociale Italiano), che era la diretta emanazione della RSI (Repubblica Sociale Italiana) voluta da Hitler e asservita ai nazisti nella feroce lotta ai partigiani e agli alleati, cioè a coloro che hanno liberato l’Italia conquistando la Repubblica democratica e antifascista e la Costituzione. Quindi: chi stava con la barbarie nazista e contrastava la pace, la democrazia, la libertà, l’uguaglianza è ora al potere mostrando apertamente di volersi vendicare e stravolgere gli assetti, peraltro non solidissimi, istituzionali, politici, sociali e culturali dell’Italia. Ma in questi anni molti, anche coloro i quali a parole si professavano democratici, hanno fortemente indebolito la Repubblica democratica e antifascista con misure e scelte politiche sempre più simili a quelle conservatrici dei nemici della democrazia.

E allora dai: presidenzialismo e/o premierato, autonomia differenziata, flat tax, ritorno alla scuola di classe, distruzione dello <<stato sociale>>, controllo politico della magistratura, “sostituzione etnica”, militarismo ed esaltazione della guerra, finto patriottismo, demagogia profusa a piene mani e altro ancora per cui si può utilizzare la categoria di “fascistizzazione”, sono il <<pacchetto di mischia>> che deve sfondare e piegare qualsiasi resistenza che abbia sembianze democratiche, riportando le lancette della storia a uno dei periodi più bui della nostra storia. In pratica: da Giorgio a Giorgia. Non per caso, le forze retrive sanno bene che lo stravolgimento degli assetti costituzionali passa dalla modifica in senso peggiorativo della Costituzione e al tempo stesso dalla affermazione nella società italiana di disvalori, di pulsioni, di revisionismi vecchi e nuovi, forieri di politiche di scontro, di arroganza e di violenza.

Ecco perché la difesa della Repubblica democratica e antifascista nata dalla Resistenza è diventato nel corso degli anni un tratto essenziale dell’azione politica e culturale democratica perché con essa è nata una nuova Italia dopo la vergogna del fascismo. E l’antifascismo, al di là dei riferimenti ideali dei partiti, è stato il fenomeno politico e culturale più importante nell’Italia del secondo dopoguerra.

La Repubblica democratica e antifascista avviò una trasformazione progressiva delle basi economiche e sociali, nella quale finalmente il mondo del lavoro potesse avere un ruolo centrale, superando così la politica antioperaia del ventennio fascista, ma anche il conservatorismo prefascista che aveva escluso dalla vita del Paese le grandi masse popolari. E anche se tutto ciò non è stato pienamente realizzato, nessuno che abbia sinceri sentimenti democratici può seriamente pensare che i limiti e le difficoltà che l’Italia ha sofferto in questi decenni possano essere sanati smantellando la Costituzione e le istituzioni democratiche.

La Resistenza è stata un momento alto della storia italiana perché ha visto il protagonismo dell’intero popolo italiano che, umiliato dal ventennio fascista e dalla Seconda guerra mondiale, seppe trovare la forza materiale e morale per riscattarsi e risorgere. Le formazioni partigiane testimoniavano, non a parole, la critica che il popolo italiano aveva sviluppato negli anni della feroce dittatura; e con la loro forza organizzativa, con i loro ideali, con il loro sacrificio dimostravano l’esistenza di un’altra Italia. La Resistenza, pertanto, si richiamò al Risorgimento per l’alto valore politico e morale, ma seppe andare oltre lo stesso Risorgimento vista la partecipazione di massa, gli interessi sociali che mise in campo, gli ideali del lavoro, della tutela dei diritti individuali e collettivi, della solidarietà, della pace, della libertà di pensiero e d’espressione, dell’autonomia della scienza e della cultura, dell’uguaglianza e della giustizia sociale.

Gli ideali dell’antifascismo e della Resistenza, trasfusi in gran parte nella Costituzione della Repubblica, hanno concorso alla formazione di una coscienza civile che ha costituito il più saldo cemento dell’identità e dell’unità nazionale.

Ancora: la Resistenza rappresentò una novità senza precedenti nel rapporto masse−istituzioni e preparò la rinascita – o per alcuni la nascita – dei partiti di massa che hanno avuto un ruolo essenziale nella vita politica del Paese, anche se negli ultimi anni quei partiti sono praticamente scomparsi perché sostituiti dai cosiddetti partiti “leggeri”, sempre più lontani dai problemi delle grandi masse popolari. In quel torno di tempo si venne a creare tra le forze organizzate, gli uomini, le donne e i giovani di

diverso orientamento una dialettica tesa al confronto, che in qualche occasione assunse toni aspri, di posizioni politico−ideali molto diverse, ma che trovarono il modo di dialogare. Le grandi correnti politico−culturali che avevano segnato la storia italiana, quella cattolica, quella marxista, quella liberale, trovarono la sintesi alta tra le diverse ispirazioni e orientamenti, dando alla Repubblica democratica e antifascista basi fondanti moderne e democratiche, e consentendo di avviare un processo di trasformazione sociale capace di superare la società classista ed elitaria del passato. Forze con matrici ideologiche e storiche lontane, in grado però di avvicinarsi, di dialogare, di traguardare l’immediato e il particolare, riuscendo a produrre risultati di dimensione epocale: la Repubblica, l’Assemblea costituente, la Costituzione.

Dopo la vittoria nel referendum istituzionale del 2 giugno, l’Assemblea Costituente che operò nei 18 mesi successivi elaborò la nuova Carta Costituzionale avendo come base un sistema di democrazia parlamentare caratterizzato dalla difficile modificabilità della Carta Costituzionale e da un preciso sistema di controlli e bilanciamenti tra i diversi organi dello stato per impedire che in futuro si potesse instaurare un regime autoritario o qualsivoglia forma di accentramento del potere. E a questo riguardo, vorrei sottolineare il ruolo delle donne, delle madri della nostra Repubblica democratica e antifascista; donne che hanno combattuto contro il fascismo ed hanno partecipato, con posizioni diverse ma in modo unitario, per dare alla nostra Carta Costituzionale dei principi fondamentali (pensiamo all’articolo 11 <<L’Italia ripudia la guerra […]>> che è diventato <<L’Italia partecipa alle guerre […], soprattutto alla Terza guerra mondiale a pezzetti e non si ferma neanche di fronte a un possibile conflitto atomico, che potrebbe portare all’estinzione dell’intera umanità>>), che ne fanno una delle più belle del mondo. Alle ventuno donne che fecero parte dell’Assemblea Costituente, cinque di loro parteciparono alla Commissione dei Settantacinque presieduta da Meucci Ruini, deve andare il nostro riconoscimento e la nostra gratitudine, che dovranno essere esplicitati con intitolazione di luoghi delle città, di scuole, di spazi culturali e di aggregazione sociale, di sedi istituzionali.

Insieme alla democrazia politica c’era un preciso impegno a realizzare anche quella economica e tanti articoli hanno una visione sociale, che ha permesso, pur con aspre battaglie, al mondo del lavoro di progredire e di avere un’esistenza degna di essere vissuta.

Ebbene una Costituzione così avanzata e democratica ha suscitato da qualche anno la reazione scomposta e inconsulta delle forze che la osteggiano perché vorrebbero tornare all’Italia dei privilegi, del censo, dei lavoratori ridotti a umili servitori; da forze che non vedono l’ora di rompere l’unità del Paese per tornare alla fine dell’universalismo e della pari dignità, alla cancellazione dei diritti collettivi, alla soppressione dei contratti nazionali. Tutto ciò condito con elementi di razzismo, di intolleranza, di oscurantismo, a volte di puro integralismo.

In conclusione, mi piace citare le bellissime parole che uno dei padri costituenti, Piero Calamandrei, usava nel suo libro “ Uomini e città della Resistenza”: “ Gli uomini della Resistenza volevano costruire un mondo giusto, dove tutti gli uomini vivano del proprio lavoro, dove ogni uomo conti veramente per uno, dove ogni cittadino sia libero di esprimere la propria opinione dalla sua tribuna…per questo i martiri ci chiedono di essere degni di loro, considerando la loro fine un punto di partenza che doveva segnare ai superstiti il cammino verso l’avvenire”.

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