Cinquanta anni fa, nella notte fra il 1° e il 2 novembre 1975, veniva massacrato ed ucciso, all’idroscalo di Ostia, Pier Paolo Pasolini. «Lo scrittore è stato massacrato a colpi di bastone […] a circa duecento metri dal mare. La prima a scorgere il cadavere è la signora Maria Teresa Lollobrigida. Ma non capisce subito. È scesa per scaricare i pacchi dalla macchina del marito. Sono le 6.30 e la luce è incerta» (cfr. Ulderico Munzi, «Pasolini assassinato a Ostia», Il Corriere della Sera, 3 novembre 1975).
Pier Paolo Pasolini è «stato l’unico poeta civile italiano venuto dopo Foscolo» (Alberto Moravia), uno dei più grandi del Novecento. Pasolini è un poeta, un esteta, uno scrittore, un critico e giornalista impegnato, un regista, un uomo ideologicamente straniero in «quell’Italia tutta presa dallo sviluppo industriale degli anni Sessanta rozza, ipocrita e moralista» (Sandro Onofri).
Il suo omicidio rimane avvolto nel mistero, tra i tanti “misteri d’Italia”. Cinquant’anni di dubbi tra responsabilità condivise e false dichiarazioni.

