Cronache dal grande vuoto, tra referendum e armocromia

Articolo di Alberto Maccagno

Il grande vuoto si sta mangiando tutto e a dircelo non è il risultato di un referendum che, a ben vedere, nasceva col preciso intento di morire, volutamente lacunoso e mal narrato.

A raccontare il disastro umano che stiamo affrontando sono gli atteggiamenti del popolo, i comportamenti delle masse. Di fronte a ogni cataclisma, il dibattito pubblico si divide in tifoserie, alla ricerca della posizione più spendibile e che vesta meglio il nostro ego (nell’epoca dell’armocromia forse è naturale) e così l’Ucraina, la Palestina, Los Angeles che brucia, il femminismo, l’ambiente e altre battaglie, meglio se facilmente monetizzabili, diventano appendici del nostro avatar: un complesso sistema di emoji, note e Instagram Stories che racconti ai nostri follower chi siamo e da che parte del tavolo virtuale vogliamo sedere. Tutto questo, come sempre, a discapito della complessità.

Ed è qui che arriva il mondo reale con lo schiaffo in faccia del nero nichilismo che permea le vie della coscienza collettiva. Una perdita di valore e stimolo che ci fa pensare a quanto, in fondo, sia meglio supportare le manifestazioni da lontano, applaudire timidamente mentre gli altri combattono le nostre lotte e vedere la partecipazione al voto calare ai minimi storici, nel disinteresse pronosticabile di una classe dirigente inadeguata e in quello ben più grave di una nazione stanca e disinteressata che si lascia morire. Ci si sottrae al dibattito pensando sia meglio rifugiarsi nelle sette di pensiero, crogiolandosi nella ragione che rifiuta la verifica.

Questo discorso collettivo parte inevitabilmente da una condizione individuale, un ballo a due in cui l’uomo, privatosi più o meno coscientemente del gusto del bello, del sacro fuoco del vivere, si trova a non ricercare nemmeno più quel gesto naturale di cui cantava Giorgio Gaber, preferendo allo slancio un trascinarsi svogliato tra i nodi di una società pazza, nella speranza ultima che un raggio di sole torni a brillare per un moto spontaneo di ribellione.

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